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Le gambe le dolevano. Era stata una brutta notte, come ogni volta. Senza Nome e la Regina volevano camminare per un altro poco ancora dato che, nonostante l'aria si stesse già schiarendo, il sole non era ancora spuntato. Senza Nome aveva rimediato un graffio su uno zigomo nella corsa notturna che macchiava la sua guancia. La Regina non sapeva quanto ancora avrebbe retto, nel passare ogni notte con l'ansia della morte. Il suo vestito era ormai stracciato e le dispiaceva pensare che forse avrebbe dovuto buttarlo. Ci teneva, del resto. Lo aveva sempre avuto con sé, anche da prima dei Pensieri Spezzati. Era parte di lei.

In più, puzzava. Odiava sentirsi così sporca. Si era lavata un paio di volte mani e viso con l'acqua della borraccia di Senza Nome, ma non aveva potuto fare di più. Non le piaceva la sensazione di essere lurida e coperta di graffi.

Le giornate passate nel cercare di riposare vedevano le due giovani sdraiate sul tappeto di foglie, talvolta abbracciate, talvolta distanti. La Regina dormiva troppo poco, passando tanto, tantissimo tempo con gli occhi chiusi, sperando che il sonno la cogliesse. Il non fare nulla portava troppi pensieri, pensieri che le facevano male. I due prolungamenti della corona della Regina che si allungavano sulla sua pelle, premendo sul collo, si stavano lentamente protendendo verso il basso, portando con sé un po' di fastidio nel tirare il collo troppo indietro o troppo avanti.

Quella era una delle cose che la preoccupava di più, e l'unica di cui non aveva parlato a Senza Nome. Prima di tutto, perché al momento non sembrava essere una vera minaccia e, secondariamente, perché non voleva infastidire Senza Nome con qualcosa di talmente inutile. Insomma, in fondo era stupido. Era solo la sua corona che, come al solito, cresceva.

Rispetto ai mostri incontrati nelle spaventose e interminabili notti, che avevano causato infiniti dolori alle gambe e diverse riaperture delle ferite sulle sue ginocchia, i problemi della sua corona non erano nulla.

L'unica cosa buona era il clima ancora abbastanza caldo, e il cielo limpido. Le nuvole erano sempre poche e non coprivano quasi mai il sole.

Iniziava a chiedersi quanto tempo ci sarebbe voluto per raggiungere la città dei Silvani, Mynelia.

Le capitò di sentire un rumore, nella notte ormai chiara. Un fruscio quasi impercettibile, che le fece tendere i muscoli. Oramai ogni suono poteva essere una minaccia. Si voltò, notando di striscio la sagoma di qualcosa che si muoveva, senza riuscire ad afferrarne la figura completa.

Senza Nome stessa tese l'orecchio, all'erta. Si fermarono entrambe, cercando di capire che cosa, esattamente, le stesse venendo incontro. Sembrava che le creature attorno a loro fossero ben più di una sola, i rumori venivano da varie parti, passi leggeri, ma volutamente non abbastanza da essere impossibili da udire.

- Non sento nessuno strano odore - sussurrò Senza Nome - Il vento non mi porta niente.

La Regina non voleva dover correre di nuovo. Sapeva che non avrebbe resistito. Era appena corsa via da un vecchio Ryhego, che nonostante la lentezza che le aveva consentito di spiazzare, non l'aveva decisamente lasciata riposata.

Il rumore aumentò d'intensità, qualcosa si trovava subito oltre la curva del sentiero, coperto dagli alberi. Qualcosa si muoveva, la Regina era in grado di scorgere qualcosa nel chiarore che precede l'alba, ma non sapeva dire esattamente che cosa.

Forse sarebbero dovute scappare. Forse era il caso di usare il proprio coltello, per quanto non ne avesse mai fatto uso in quei giorni. Si era limitata a correre come la preda che sentiva di essere.

Poi, un urlo in una lingua sconosciuta. Una figura sbucò dalle ombre, e Senza Nome si tese in avanti, come se fosse stata pronta ad assalire chiunque avesse di fronte.

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