3

604 99 64
                                    

La Regina era seduta sul suo trono. Era di vetro come il suo intero castello. A differenza delle pareti e dei pavimenti, però, era scuro e nero, in parte avvolto da rovi. E attraverso la cristallina trasparenza della sua casa la giovane riusciva a guardare oltre.

Guardava oltre le pareti che aveva creato, oltre la Barriera. E vedeva i colori accesi che rifinivano gli abiti di Senza Nome. C'erano alberi in lontananza, ricchi di foglie arancioni, verdi e gialle. La foresta sembrava davvero grande, oltre il suo piccolo regno. La ragazza si chiedeva cosa ci fosse al di là, se lo chiedeva da quando Senza Nome era andava via, portando con sé solo un profondo silenzio. Un silenzio che aveva un che di assordante, di esasperante, non più pacifico come quello di un tempo.

La Regina era turbata, molto turbata. Qualcosa non sembrava andare, in quei giorni. Sempre più spesso si chiedeva cosa ci fosse oltre, cosa ci fosse al di là della Barriera. E si diceva che se questa esisteva era per un motivo.

Ma magari anche il passaggio non era lì per caso.

La ragazza sospirò. Da giorni non faceva che pensare a quello. Senza Nome era davvero capitata lì senza motivo? Era davvero solo una casualità il fatto che lei fosse stata la prima a trovare un passaggio? Oppure in qualche modo la Barriera l'aveva lasciata passare?

Forse il suo subconscio aveva percepito la sua presenza e aveva lasciato che lei entrasse. Ma allora perché lei? Perché proprio Senza Nome?

La Regina ci pensò a lungo. Pensò alla sua voce, che per qualche ora aveva scaldato l'aria fredda di quella terra tranquilla che piano piano stava iniziando a sembrarle triste.

Raramente si alzava un alito di vento. Le foglie quasi non frusciavano, l'acqua si muoveva appena. C'era qualcosa di minaccioso in quel silenzio.

Notte e giorno, la ragazza era schiacciata dal peso della nuova sensazione che si stava facendo strada nel suo petto. Non le piaceva affatto. Era come essere stretta da mani gelide, che risucchiavano le sue energie e lasciavano che le impronte degli incubi della notte le restassero addosso anche di giorno.

Si aggirava nelle stanze di vetro e cantava, ma la sua voce si spegneva subito. Parlava da sola, parlava con le statue, ma non era come Senza Nome. Non era come parlare con qualcuno di vero. La sua voce si perdeva nel silenzio, ne veniva assorbita.

Creò tante nuove statue. Alcune avevano catene, altre un piccolo dente triangolare che spuntava da sotto il labbro superiore, e altre ancora erano in tutto e per tutto come Senza Nome. Ma non potevano risponderle.

La guardavano, le sorridevano, ma erano sempre ferme. Sembravano amichevoli, ma non avrebbero mai sostituito qualcosa di vivo. Non avrebbero mai avuto il calore di Senza Nome, il colore bruno dei suoi occhi, i suoi capelli scompigliati che sembravano così morbidi a vedersi.

Iniziò a desiderare la sua compagnia. Voleva parlarle ancora, o aiutarla a dipingere, o anche solo sentirla respirare. Perché se la sentiva respirare, voleva dire che c'era qualcuno.

Ma nessuno respirava, oltre a lei.

Imparò così a conoscere la solitudine.

Lo stare in acqua divenne frustrante, anche se non sapeva dire perché.

Se ne sarebbe dovuta andare?

No, non poteva. Solo l'idea la terrorizzava. Sapeva che i suoi poteri avevano effetto solo all'interno della Barriera, dato che aveva tentato di fare qualche esperimento a riguardo. Nel suo regno lei controllava ogni cosa, ogni centimetro, e se avesse voluto avrebbe potuto cambiare il paesaggio di quel luogo interamente e in breve tempo, anche se con una certa fatica.

Il ConfineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora