Quella notte, dopo cena, Christopher chiuse bene a chiave la porta della loro camera nella locanda. Avevano mangiato uccelli arrostiti sul fuoco e una gran quantità di pane, burro e qualche spezia che lui non era riuscito a identificare. E poi, il vino. Si era reso conto che anche Juliet aveva apprezzato la bevanda, mandandone giù forse troppo per la sua giovane età, ed era diventata più morbida, più... vulnerabile. Perfino il suo sguardo era cambiato, e da serio era diventato languido, quasi offuscato. Era l'effetto del vino, aveva pensato Christopher. Doveva esserlo.
Però, quando si era reso conto che quel maledetto vino l'aveva portata all'estasi, si era deciso a mandarla a dormire. Adesso, chiusa la porta a chiave, lui scese le scale e si diresse nella saletta dove avevano consumato la cena sperando che l'oste o sua moglie fossero ancora in piedi.
Per sua sfortuna, i corridoi e le stanze erano completamente immerse nella penombra. L'oste aveva lasciato accesa solo qualche candela, le cui fioche luci gettavano un chiarore quasi effimero all'interno della locanda. Non avrebbe nemmeno potuto chiedere un'altra stanza. Cielo, come aveva potuto pensare di dormire nello stesso letto con Juliet consapevole del proprio desiderio verso di lei? Era stato uno stupido. Un vero stupido.
Dopo cena l'aveva accompagnata in camera senza nemmeno lasciarle il tempo di parlare, e poi, quando era stato certo che si fosse addormentata, era tornato lì e aveva chiuso la porta.
Era rimasto contro l'imposta ad ascoltare il suono del respiro di Juliet mentre dormiva, unito a quello del proprio cuore che lo aveva terribilmente mandato in bestia. Aveva i battiti accelerati, il sangue che gli galoppava nelle vene, perché il pensiero di lei lì, stesa dentro quel letto e sola, era una tentazione che lui non era più sicuro di saper tenere a bada.
Quando capì che anche l'oste e sua moglie si erano addormentati e quando all'interno della locanda non ci fu più alcun rumore, se non quello delle braci che lentamente stavano morendo, Christopher fu costretto a rendersi conto che sarebbe dovuto rientrare in camera.
I suoi pensieri peccaminosi non si erano schiariti, tutt'altro. Ma aveva bisogno di riposare perché l'indomani sarebbero dovuti partire presto.
Con un lungo sospiro, infilò la chiave nella toppa e riaprì la porta.
La stanza era illuminata dall'unica candela che si trovava sopra a un tavolino, perciò non la vide subito. Poi, la sagoma nel letto si mosse un po'.
Cercando di non far rumore, Christopher chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò al letto. La luce della candela gettava un chiarore sulla sua pelle di porcellana, evidenziando gli zigomi. Juliet aveva i capelli sparsi sul cuscino e gli occhi chiusi, respirava tranquillamente. Lui comprese che doveva essere davvero stanca.
Era così piccola, così bella. Tanto da fargli sanguinare il cervello. Non fu sufficiente sapere che stava dormendo per smorzare il ruggito dentro di lui, perché guardarla dormire risvegliò quell'istinto che aveva cercato di reprimere per un tempo che ormai sembrava inquantificabile.
Non resistette all'impulso e le sfiorò una guancia con il pollice. La sua pelle era così morbida, così vellutata...
—Dio mio, Juliet....
E bastò quel mormorio per fare in modo che lei aprisse gli occhi. Maledicendosi, Christopher si allontanò dal letto deciso ad andarsene di nuovo, ma la voce di Juliet lo lasciò impalato al pavimento.
—Christopher?— mugolò ancora avvolta dai postumi del sonno. —Che cosa fate?
Si stropicciò un occhio con la mano, sollevandosi a sedere. —Dove state andando?
Lui non si voltò per guardarla. Sapeva che, se lo avesse fatto, sarebbe stato perduto.
—Lontano da voi— le rispose continuando a darle le spalle.Sentì perfettamente le coperte che venivano spostate, i passi dei piedi nudi contro il pavimento di legno e poi la presenza di Juliet alle sue spalle, il respiro rauco della ragazza. —Per quale motivo?
Era un sussurro che conteneva delusione, e a lui si spezzò il cuore. Ma come poteva restare insieme a lei, metterla al corrente di quanto la sua vicinanza lo stesse uccidendo, di quanto non ci fu fosse più alcuna traccia di razionalità in lui a causa sua?
— Christopher, voltatevi. Voltatevi e guardatemi.
Lottando contro ogni sua volontà, Christopher si girò. Lei indossava solo la sottoveste e le calze, e sotto il tessuto sottile si intravedevano i capezzoli leggermente appuntiti. Un grido disperato gli sfuggì dalle labbra.
—Juliet, ti supplico, lasciami andare via.Juliet, ancora confusa dal sonno, si accigliò. —Che cosa c'è che non va in me, Christopher?
La sua voce gli fece male. Come poteva pensare che in lei ci fosse realmente qualcosa che non andava? Come poteva?
—Perché non riesci a guardarmi per quella che sono, Christopher? Perché non mi vuoi?
Lo stava sfidando, non c'era altra risposta per quelle sue domande insensate. La afferrò per le spalle e la sospinse verso il letto, guardandola intensamente, gli occhi di lei che sfolgoravano per il fuoco insito in ogni parte di Juliet Palmer.
—Sei la cosa che io voglio di più a questo mondo, Juliet— ansimò, la voce arrochita dal desiderio. —Sei arrivata così, senza che io potessi prevederlo, senza che potessi fermarti, sei arrivata e hai sconvolto tutto. E io ti voglio, ti voglio così tanto che mi sto uccidendo per costringermi a starti lontano. Ti voglio così tanto, Juliet...
Lei rimase in silenzio per molto, molto tempo. Christopher temette di averla spaventata, che si sarebbe tirata indietro o lo avrebbe schiaffeggiato come quella sera al ballo, e invece qualcosa, nel suo sguardo, cambiò.
—Allora prendimi— gli disse sottovoce. —Prendimi, Christopher. Adesso.
—Non posso, maledizione!— sbottò lui, il cuore che gli stava per esplodere nel petto. —Non posso e non voglio rovinarti, non riesci a capirlo?
—Mi chiuderò in un convento— disse lei all'improvviso. —Mia madre è morta, mio padre probabilmente è disperso e non lo rivedrò mai più. Mia sorella si è sposata e ha una famiglia. Io sono sola, Christopher. Sola. Il matrimonio non sarà il mio destino, perché nessuno vorrà mai una come me. Perciò prendimi e rendimi tua, almeno una volta, prima che la mia vita diventi più orribile di quanto già non sia.
Interdetto, Christopher la scrutò a lungo. Gli stava davvero chiedendo di sottrarle la verginità?
—Juliet, ascoltami— disse prendendole il viso tra le mani. —Devi smetterla di sminuirti, devi smetterla di credere che nessuno ti sposerà mai, devi smetterla, ti prego.—Non sono gli altri, il problema— replicò Juliet, seria. —Sono io. Sono io che non voglio né mai vorrò qualcun altro all'infuori di te.
Quella rivelazione lo spiazzò. Forse, pensò, lei non si rendeva conto di cosa quelle parole significassero. Ricordò il primo periodo dopo la loro conoscenza, quando aveva confessato a sua cugina Susan che si sarebbe preso Juliet Palmer in un modo o nell'altro, ma adesso... adesso era lei che glielo stava chiedendo. Lei che aveva detto di volere lui. Lei che era così dolce, così bella. Lei che, ormai, era tutto per Christopher.
Allora la baciò. La baciò così disperatamente da toglierle il fiato, così a lungo che non seppe quanto tempo rimase con la lingua intrecciata alla sua, e Christopher dimenticò tutte le ragioni per cui non avrebbe dovuto baciarla.
Juliet cedette sotto le sue labbra, cominciò a gemere, a chiedere di più, e qualcosa si spezzò nella mente di Christopher. Tutto ciò che aveva represso nei giorni passati esplose improvvisamente, riversandosi su di lui come una condanna a morte.
Avrebbe voluto divorarla, non abbandonarla mai, stringerla al punto di fondersi con lei. Si staccò dalla sua bocca, il pene ormai duro che premeva contro i pantaloni, poi cominciò a sbottonarseli.
Juliet aveva le gote arrossate, il respiro pesante, gli occhi languidi e luminosi.
—Christopher...— Sussurrò il suo nome a bassa voce, era come una supplica, una supplica disperata.
Allora, lui si sfilò gli stivali e i pantaloni e si tolse la camicia, rimanendo nudo davanti a lei, nudo senza vergogna, conscio solo del fatto che, da quel momento in avanti, le cose sarebbero cambiate per sempre.
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- IN REVISIONE - Loving Juliet.
Lãng mạnWest Sussex, 1837 Juliet Palmer è la semplice figlia di un baronetto di campagna e paventa il giorno in cui dovrà sposarsi, conscia del fatto di non essere all'altezza delle belle fanciulle dell'aristocrazia londinese. Da sempre immersa in libri e...