6. Kiss me

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Juliet piluccò svogliatamente un pezzo di salmone e poi lanciò un'occhiata a suo padre che, tutto impettito, chiacchierava con lord Byron Trenworth. Fece una smorfia. Lord Palmer assumeva sempre la sua migliore espressione di fasullo interesse quando intratteneva conversazioni con altre persone, mentre con lei si comportava com'era in realtà: attento, scrupoloso, intransigente. Il cibo le si fermò in gola e faticò a mandarlo giù. Delle decine di persone presenti a tavola lei era l'unica che non stesse godendo appieno la serata. Aveva deciso di accettare l'invito alla festa in maschera sperando che avrebbe potuto incontrare di nuovo il duca di Morgan, ma era impossibile riconoscere il suo viso data la presenza quantomeno ingombrante delle maschere. Nemmeno per cenare erano state tolte. Ingoiò con fatica. Se non lo avesse rivisto quella sera, decise, avrebbe dovuto toglierselo dalla testa.

«Tra poco inizieranno le danze» le annunciò piano sua madre, con un sorriso a dir poco malizioso. «Cerca di ballare con quanti più gentiluomini ti sarà possibile, Juliet.»

«Sì, madre» sospirò lei. Naturalmente non avrebbe fatto nulla di tutto ciò, ma in quel modo Lady Amanda non avrebbe continuato a redarguirla. L'unica persona con cui desiderava danzare era Christopher Morgan, colui che aveva organizzato il ballo, ma individuarlo tra la gremita folla di gente mascherata sarebbe stata un'impresa più che ardua. Strinse la forchetta tra le dita con tale intensità che le nocche le divennero bianche. E quando la cena volse al termine e il valletto annunciò l'inizio delle danze, Juliet fu ben lieta di alzarsi dalla sedia per poter riprendere a respirare. Dall'ombra della sua maschera –adornata di sfavillanti ghirigori dorati e argentati– cercò con gli occhi la figura del duca, tentando di ricordare la fisionomia del suo corpo. Le sembrò di notare un uomo molto alto, ben vestito e un ciuffo di capelli annodati dietro al collo che potesse assomigliare a lui, ma poi il tipo si girò e Juliet si accorse che il colore dei suoi occhi non era verde, ma nero. Chinando il capo, cercò altrove senza farsi notare, ma presto, cullata dalla melodia dei violini e degli archi, smise di cercare e venne invitata a danzare da un gentiluomo che si presentò come Lord Valentine Bennett.

«Non era mia intenzione interrompere la magia della maschera, milady, ma purtroppo sono abituato a presentarmi quando incontro una fanciulla di tale bellezza» le disse, prendendole la mano e sfiorandone il dorso con le labbra sottili. «E voi siete?»

Juliet abbozzò un sorriso, stemperando la mente dal suo complimento palesemente fasullo. «Oh, al contrario vostro, milord, io preferisco mantenere la magia della maschera e quindi dovrete accontentarvi di conoscermi solo... danzando.»

Gli occhi grigio azzurro dell'uomo furono attraversati da un bagliore che gli illuminò l'intero volto. «Molto bene.»

Quando la sua mano le circondò la schiena e la attrasse verso di sé, Juliet si lasciò guidare all'interno della pista, continuando a cercare con lo sguardo il duca di Morgan che, però, sembrava essere svanito nel nulla. «State cercando qualcuno, milady?» le chiese Lord Bennett, facendola volteggiare. «Qualcuno di importante?»

«È solo che non riesco a trovare mia madre, e volevo... »

All'improvviso si ritrovò a sbattere contro una parete di solidi muscoli che le fecero perdere il filo del discorso. Con il respiro mozzo, Juliet sollevò il capo e avvertì un tuffo al cuore.

Negli occhi verdi dello sconosciuto parve divampare un fuoco che sarebbe potuto essere paragonato a quello dell'inferno stesso. La mano di Lord Bennett era ancora premuta contro la sua schiena, ma lei non ne percepiva più il tocco. Tutto quello a cui prestava attenzione era il volto mascherato dell'uomo che la sovrastava imponente e che le stava rivolgendo ora un tenue sorriso di riguardo.
«Milady?» la chiamò Lord Bennett, strattonandola piano.
«Mi spiace informarvi, Lord Bennett, che la signorina aveva promesso a me questa danza.» Il tono dell'uomo che le stava davanti parve a Juliet un po' troppo sfrontato, ma comunque gentile. Come miele su cui fosse stato versato del sale. Non riusciva a smettere di guardarlo, attratta dal bagliore dei suoi occhi che le avevano resa arida la gola, e forse non voleva smettere di fissarlo; era sicura che si trattasse di lui. Lo intuiva dal fatto che il suo cuore aveva raddoppiato i battiti, e inoltre il ricordo del verde accecante del suo sguardo non poteva non essere un indizio.

«È vero, milady?» le domandò Lord Bennett, leggermente infastidito. «Avevate già promesso questa danza a un altro gentiluomo?»

Juliet ritrovò la voce quando l'altro lanciò un'occhiata al suo interlocutore. «È così, milord.»

«Non vi fidate della mia parola, Lord Bennett?» replicò l'uomo in tono di sfida.

«Io... ecco, pensavo solo che la signorina potesse terminare la danza insieme a me e poi... »

«La signorina e io abbiamo una questione in sospeso molto, molto importante su cui discutere.» Il tono dell'uomo non ammetteva repliche e fece correre un brivido di piacere lungo la schiena di Juliet.

Lord Bennett allontanò repentinamente la mano dalla schiena della ragazza, sollevando il mento e poi chinando il capo. «Vogliate perdonarmi, milord, milady.» Detto questo, si ritirò e la musica parve diventare più alta, tanto da sovrastare qualunque altro suono, qualunque altra voce. Ma per Juliet esisteva solo la voce di Christopher Morgan, una voce che avrebbe riconosciuto tra mille altre e che non poteva essere celata da alcuna maschera.

«Danzate con me, milady. Vi prego.» Quella volta, a differenza di poco prima, quando la mano scurita dal sole del duca le si premette contro la schiena avvertì il fiato mancarle per qualche istante. I loro occhi si incrociarono ancora, contornati dalle maschere che non sapevano nascondere l'identità l'uno dell'altra. «Siete molto graziosa» osservò lui, guidandola con movimenti agili ed esperti attraverso la sala gremita di gente, coccolati dalla musica dolce dei violini. Juliet arrossì e il duca si accorse che di rosso porpora si era tinta anche la pelle al di sopra dei seni, che erano stretti nel corsetto color indaco. Percepì una contrazione ai lombi, ma tentò di mascherarla con un sorriso. «Anche voi, milord.» Lei non riuscì a impedirsi di dirglielo. Christopher Morgan era davvero bello nel suo completo scuro, con i capelli raccolti dietro la nuca e gli occhi magnetici che non la lasciavano nemmeno per un momento. «Mi ritenete grazioso? In che modo, se non conoscete il mio volto?»

Juliet allora si rese conto che lui non aveva capito chi aveva davanti, né, nel caso contrario, rammentava chi lei fosse. Forse il duca l'aveva dimenticata nell'attimo esatto in cui se n'era andata dalla festa qualche giorno prima, cosa che sarebbe stata ben più plausibile. Un'ondata di malinconia l'avvolse. «Credo di avervi visto da qualche parte, milord» sussurrò, e le parve che la sua mano la stringesse più forte. In quel punto, sotto le sue dita, Juliet si sentiva andare a fuoco, ma era decisa a non farglielo notare. I suoi occhi la fissavano con dedizione, con profondo interesse. «Mi trovate bello?»

Lei avvampò. «Sì, milord.»

«Mi trovate attraente?» La strinse un po' più vicino a sé; il suo respiro caldo le sfiorò la fronte. Lei si allontanò bruscamente, scosse la testa e corse verso uno dei corridoi principali che separavano la sala dalle altre stanze.

Arrivata nei pressi di quella che doveva essere la biblioteca, cercò di ritrovare il fiato e deglutì nervosamente. Come aveva potuto essere tanto impertinente? Sapeva perfettamente di essere attraente e aveva solo voluto metterla alla prova. Lei era stata tanto stupida da cadere nella sua trappola. All'improvviso due dita affusolate le si posarono sotto il mento e la costrinsero gentilmente a voltare la testa. «Anche io vi trovo attraente, sapete?» La sua voce era una vera droga, pensò lei mentre tentava di ritrovare la ragione. Di nuovo, le mancò il fiato e involontariamente sollevò gli occhi su di lui.

«Ditemi il vostro nome, vi prego.»

«Mi chiamo Juliet, milord.» Sembrò quasi disperata quando sputò fuori in un sussurro quelle parole e si maledisse perché era di nuovo caduta preda del suo sguardo magnetico. «Juliet Palmer.»

L'uomo le carezzò dolcemente la pelle sotto al mento, gustando sulle labbra il suono di quel nome, desiderando ricordarlo in eterno. «Juliet Palmer.»

Sembrò che trascorressero infiniti minuti di silenzio prima che la sua mano le circondasse la nuca e la attirasse gentilmente verso il suo viso. «Bene, Juliet Palmer. Adesso baciatemi, perché non credo di poter resistere oltre senza assaporare le vostre labbra.»

- IN REVISIONE - Loving Juliet.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora