- Capitolo 13 - Sentirsi impotenti.

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- Capitolo 13 -

Sentirsi impotenti.

***

Era passata una settimana da quando Clarke era stata nel suo ufficio e lei aveva scoperto la verità, da quel giorno aveva iniziato ad evitare chiunque, persino Anya. Non voleva parlare con nessuno, aveva bisogno di pensare e di digerire la mole di informazioni che le erano state date dalla sua ex. Per anni aveva vissuto con la convinzione che la donna avesse smesso di amarla, l'aveva accusata per il dolore che le aveva causato ed aveva cercato di relegarla nell'angolo più nascosto della sua mente. Si era convinta che fosse lei quella sbagliata, che era stato a causa sua se Clarke si era allontanata fino a decidere di lasciarla e andarsene via, il più lontano possibile da lei. Adesso, invece, veniva a sapere che ogni suo pensiero, o supposizione, era completamente sbagliato. Clarke se ne era andata, è vero, ma lo aveva fatto perché era convinta di salvarla da un futuro che – secondo la donna – non meritava. L'aveva esclusa dalla sua vita e si era fatta carico di quel grosso problema da sola, tutto questo per evitare che la sua stupida agenzia ne risentisse. Per quanto cercasse di convincersi che le azioni della donna fossero dettate dall'amore che nutriva per lei, Lexa non riusciva a perdonarla. Lei meritava di sapere la verità fin dall'inizio, aveva il diritto di scegliere da sola cosa farne della propria vita e Clarke l'aveva privata di tale scelta, agendo d'impulso e chiudendola fuori dalla sua vita.

Non voleva vedere nessuno perché sapeva che avrebbero iniziato a riempirla di inutili parole e consigli non richiesti, voleva evitare di sentirsi dire cosa fare e come comportarsi in quella situazione. Spettava a lei decidere adesso che era a conoscenza di ogni cosa e, fino a quando non l'avesse fatto, avrebbe continuato ad evitare qualsiasi persona, parente o non, e si sarebbe rinchiusa nel suo ufficio, sommersa da fascicoli, e-mail e contratti da firmare, alternati ad allenamenti in palestra e incontri di arti marziali con Gustus. L'uomo era l'unico ad aver compreso il suo stato d'animo, evitando così di riempirla di domande scomode o parole inutili. Quando la vedeva entrare all'interno della palestra, l'unica cosa che faceva, era rivolgerle un cenno del capo, a mo di saluto, il resto del tempo lo passavano avvolti dal silenzio che veniva interrotto solo da alcuni gemiti e sbuffi causati dallo sforzo del loro allenamento. Quello era il momento della giornata che attendeva con più ansia, solo in quel modo riusciva a sfogarsi e ad eliminare qualsiasi pensiero dal suo cervello. Durante le sessioni di allenamento riusciva a svuotare la mente, concentrandosi solo sul mettere KO il suo avversario.

Osservando l'orologio che aveva al polso si rese conto che si erano fatte le 18:00, era arrivato il momento di abbandonare l'ufficio e di raggiungere Gustus. Iniziò a riordinare tutte le sue cose sul ripiano della scrivania, facendo attenzione a suddividere i fascicoli che doveva ancora controllare da quelli già visionati e corretti. Sapeva che la sua assistente personale sarebbe passata a ritirarli non appena avesse lasciato la struttura, in modo da farli avere ad Anya il giorno seguente. Quello era l'unico modo che aveva per evitare di incontrare la sua amica ed avrebbe continuato ad utilizzarlo, almeno fino a quando la donna glielo avrebbe concesso. Era ovvio che Anya le stesse concedendo del tempo da sola perché voleva e non perché lei fosse un asso nell'evitare le persone, la sua amica non era una stupida e aveva compreso il suo stato d'animo senza che lei le dicesse niente, ma Lexa sapeva che quel tempo stava per finire. Anya era una persona molto paziente, più della maggior parte delle persone, ma era pur sempre un essere umano e, come tale, anche la sua pazienza aveva un limite. Presto si sarebbe fatta viva, ne era certa, era solo questione di tempo e si sarebbe ritrovata faccia a faccia con la sua migliore amica.

***

L'incontro con Lexa l'aveva segnata nel profondo, da quando aveva abbandonato il suo ufficio, una settimana prima, Clarke non era riuscita più a fare altro se non dipingere la sua ex su qualsiasi tipo di superficie. La sua mostra si stava trasformando in un turbinio di colori freddi, disegnava gli occhi della donna e le sfumature delle sue iridi in ogni dipinto, dal più astratto a quello più espressivo. Aveva unito vari generi, seguendo la corrente delle sue emozioni, dipingeva senza alcuna logica, guidata dall'istinto. Era passata dai semplici dipinti raffiguranti paesaggi ai ritratti, dai ritratti a macchie di colori ispirate agli occhi di Lexa, per poi passare all'espressionismo puro. Aveva raffigurato anche alcune parti del corpo della donna, il viso nascosto dai capelli mossi ed un velo a coprire parte della sua nudità, alcuni di quei quadri trasudavano talmente tanta passione da sembrare quasi fuoriuscire dalla tela e prendere vita, l'ispirazione che le aveva dato incontrare Lexa era stata fatale. Mancava poco più di una settimana all'inaugurazione della mostra e lei stava per terminare l'ultimo dipinto, non riusciva a crederci, fino ad una settimana prima era convinta che non sarebbe mai riuscita a portare a termine nemmeno la metà di tutto quel lavoro in così poco tempo e invece, adesso, si ritrovava a dover ammettere il contrario e tutto questo era merito di una sola persona, Lexa.

Always & Forever - Clexa&RanyaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora