Photos [Satori x Readee]

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Dedicata a sushikawa

"Non esistono foto belle o foto brutte. Solo foto prese da vicino o da lontano."

Gli scatti si ripetevano uguali a distanza di pochi secondi, seguiti dal fascio di luce che si presentava grazie all'attivazione del flash, andando a creare un armonia ritmica tra uno scatto e l'altro; la macchina fotografica era ormai quasi scarica e, facendo molta attenzione a non farla cadere, una bambina di sei o sette anni stava fotografando il paesaggio attorno a sé, stringendo l'apparecchio tra le manine paffute. Si trovava in un parco giochi, dove il padre stava scattando delle fotografie quando, con la batteria dello strumento ormai quasi scarica la figlia chiese di poter provare. Aveva inquadrato degli alberi, le nuvole, ed infine un gruppo di bambini leggermente più grandi che stavano per i fatti loro, lasciando un solo bambino in disparte. Aveva i capelli cremisi con un taglio particolare, il modo più adatto per definirlo era 'a fungo' e se ne stava seduto in terra. Nonostante questo si poteva notare che era alto e mingherlino e la bambina gli scattò una foto trovandolo interessante; gli sguardi si incrociarono e, come due calamite, rimasero agganciati, osservandosi per dei secondi interminabili. Stava cominciando a camminare verso di lui quando il padre la fermò, dicendole che era ora di andare a casa, si riprese la macchina fotografica e prese per mano la bambina, trascinandola alla macchina, mentre lei guardava ancora indietro, cercando il ragazzino. Quando tornarono a casa ed il padre collegò la macchina fotografica al computer, iniziando a scaricarne le varie foto. Diede un occhiata anche a quelle della figlia, rimanendo a dir poco sorpreso dell'ultima. Era accuratissima: la luce era perfetta, era messa a fuoco nei punti giusti e lasciata sfocata in altri, rendendola decisamente bella, in più il soggetto era formidabile. I capelli rossi spiccavano nella foto e gli occhi rendevano tutte le emozioni del ragazzo palpabili. L'uomo ammirò la foto ancora a lungo, chiamando poi la figlia. "Tesoro l'hai scattata tu?" Le domandò, mostrandole la foto. "Si! Bello vero? Non è che me la stampi?" Il padre annuì e le stampò la foto, incorniciandola ed appendendola nella sua cameretta, chiedendosi se con quel "bello vero?" intendesse la foto o il bambino.
Nonostante il trascorrere del tempo quella foto rimase appesa lì. La stanza cambiò completamente: le pareti erano state ritinteggiate, passando dal rosa confetto al (colore); i mobili erano stati sostituiti, come le tende ed anche la porta: l'unica cosa rimasta uguale nel tempo era un piccolo chiodo sul quale era appesa la foto del 'bambino del parco'. La scrivania era piena di foto e sulla mensola c'erano vari modelli di macchine fotografiche, dalle macchine digitali alle polaroid, ma nonostante questo quella foto rimaneva la sua preferita. Si alzò presto quella mattina, si lavò, vestì, pettinò i capelli, prese la borsa e ci infilò una macchina fotografica, poi salutò il padre e si incamminò verso il liceo Shiratorizawa per il suo primo giorno in quella nuova scuola. La gonna scozzese vola le sfiorava le ginocchia e camminando le procurava un leggero solletico. Il maglioncino grigio le calzava a pennello, tanto quanto la giacca bianca. Strinse a sé la borsa della scuola, anch'essa viola e bianca, ed entrò nel cortile; appena entrata venne letteralmente circondata dai senpai, che le chiedevano di iscriversi ad ogni tipo di club, persino quello di pallavolo dove era sempre stata una pippa. L'unico modulo di iscrizione che prese fu quello al club di fotografia poi, con immensa fatica, riuscì ad entrare nella scuola, addentrandosi nei corridoi della Shiratorizawa.
Tutto le era nuovo, e la maggior parte di queste novità era degna di una fotografia, dalle tazze di caffè al bar alla vista dalle finestre. (Nome) era entrata in quella scuola attraverso le vie tradizionali, ovvero completando brillantemente il test di ammissione il che stava a significare che era un'ottima studentessa. Le lezioni infatti passarono in fretta per lei e presto arrivò il momento di lasciar spazio alle attività pomeridiane. Passò ovviamente al club di fotografia, dove le diedero un unico compito: girovagare per la scuola, trovare un buon soggetto e scattare una fotografia. Così uscì dalla stanza, seguita dai pochi altri membri del club e si aggirò silenziosamente nella scuola. Entrò in varie porte, sorprendendo al lavoro il club di ricamo, di pittura creativa, di coro e di violino, scattando foto ad ognuno di essi. Uscì nel cortile con la macchina fotografica stretta nelle mani e si incuriosì sentendo i rumori provenienti da una delle tante palestre. Senza lasciarsi intimidire entrò nell'edificio, ritrovandosi nel bel mezzo di una partita di allenamento di pallavolo. Stava già pensando di andarsene quando poi cambiò idea, decidendo di dare una chance anche al club di pallavolo. Senza farsi notare andò dall'allenatore, un uomo abbastanza vecchio, con due grosse e folte sopracciglia nere. Chiese di poter fare delle foto e quello iniziò a vantarsi di come la sua squadra fosse forte per le ottime caratteristiche fisiche dei componenti, lei lo ascoltò paziente, fino a quando non le diede un foglio con su scritti i nomi dei componenti e la mandò sugli spalti. Salì di poco, volendo essere il più vicina possibile al campo ma al contempo avere una buona posizione in relazione all'altezza. Cominciò a scattare foto ai vari componenti tra uno sbadiglio e l'altro, non prestandoci molta attenzione. Quando fu davvero troppo stanca per continuare ripose macchina fotografica e foglio nella borsa, ringraziò il sensei e cominciò a camminare verso casa. Arrivò in una decina di minuti, notando che non era molto tardi, finì i compiti alla svelta e cenò con una confezione di ramen in scatola, andando poi a dormire impostando la sveglia un'ora prima del necessario. La mattina si svegliò con largo anticipo, si preparò alla svelta e poi si mise seduta alla scrivania, collegando la macchina fotografica al portatile e guardò le fotografie scattate il giorno prima. Le consultava tutte nel minimo dettaglio e nessun particolare sfuggiva al suo occhio attento ed allenato da anni di esperienza. Passò, dopo una decina di minuti a scartare le foto per delle piccole imperfezioni, a guardare le foto che aveva scattato al club di pallavolo. Non si era accorta di quanto fossero venute bene. Una rappresentava un ragazzo robusto dai capelli castani che, nonostante fosse solo al secondo anno era già capitano ed asso della squadra: Ushijima Wakatoshi. Altre ritraevano i vari membri mentre compievano varie azioni, chi riceveva la palla, chi l'alzava e chi ancora la schiacciava. Scorrendo le foto si soffermò su una in particolare. Un ragazzo mingherlino, alto e dai capelli cremisi che murava una schiacciata. Le iridi rosse e minute luminose, le dita fasciate e la stessa espressione. Guardò la foto attentamente, cercando di ricordare dove lo avesse già visto, poi capì: il bambino del parco. Prese il quadro tra le mani e li confrontò. Certo aveva cambiato taglio di capelli ma era pur sempre lui, riconoscibile come pochi. Rimase piacevolmente sorpresa della cosa e sviluppò la foto, facendo poi anche un'altra copia di quella scattata anni ed anni prima, le infilò nella borsa insieme alla macchina fotografica e prese la chiavetta con tutte le altre foto. Salutò il padre, prese una mela ed uscì di casa. Durante il tragitto, mentre sgranocchiava la mela, pensava a cosa avrebbe potuto dirgli. Sarebbe sembrata strana nella maggior parte delle opzioni, così decise solo di andare e rischiare. Ringraziò mentalmente il coach per averle dato quel foglio dato che c'era scritto anche l'anno e la classe di ogni membro del club, così si diresse nella sua classe senza scrupoli, sperando di trovarlo lì. Entrò nella classe parecchi minuti prima del suono della campanella e si sorprese nel vedere quella ormai familiare testa cremisi spiccare nel mezzo dell'aula. Era seduto ad un banco da solo, stava leggendo un manga mentre mangiava del gelato al cioccolato. Sembrava la solitudine gli piacesse e pareva indisturbato persino dalle urla dei compagni che si divertivano nel cortile. La (c/c) si avvicinò ed il rosso si accorse di lei solo quando si sedette difronte a lui. Inizialmente parve sorpreso, poi confuso. Si gli leggeva in faccia il fatto che stesse cercando di capire dove aveva già visto quella ragazza ed a (nome) non sfuggì la cosa, il che la tranquillizzò leggermente. "Satori-senpai, giusto?" Salutò, porgendogli la mano. Lui la strinse riluttante, dando un altro morso al suo gelato. "Senti so che può sembrare strano ma- cominciò a cercare nella borsa, tirando fuori la vecchia foto -sei tu giusto?" Il ragazzo prese la foto tra le mani e la guardò per un paio di minuti, poi capì. "Sei tu!" Esclamò, agitando la foto. "Sei la bambina del parco! Quella che mi ha scattato la fotografia!" Continuò. "Già, l'unica e sola (nome)" disse lei, mettendolo a conoscenza del suo nome. "Ti ho cercata per mesi in quel parchetto!" Aggiunse, ritrovandosi poi ad arrossire leggermente. La (c/c) sorrise dolcemente. "Anche io sarei voluta venire, ma ero lì solo per un lavoro di mio padre..." disse, cercando di scusarsi. "Senti che ne dici se uno di questi giorni usciamo?" Chiese lui d'impulso, senza pensarci troppo su. La ragazza accettò volentieri. "Domani alle quattro?" Domandò ancora il rosso. "Andata!" Confermò lei, venendo poi interrotta dal suono della prima campanella. "Devo andare!" Disse poi e corse via. Per il resto della giornata sentì le farfalle nello stomaco, e non riuscì a stare attenta alle lezioni. Aspettò con ansia la fine di quest'ultime, per poi fermarsi al club. Portò la foto che aveva scattato a Satori, e poi guardò con entusiasmo le foto degli altri ragazzi. Anche le ore dedicate al doposcuola finirono in fretta e se ne tornò a casa. Stette del tempo al computer, guardandosi 'Moulin Rouge!' sotto le coperte. La mattina dopo andò a scuola a piedi, ragionando sul fatto che non avevano deciso dove incontrarsi e decise che in linea di massima poteva farsi viva lei nella sua classe. Al contrario, entrando nella sua di classe e sedendosi al suo banco, prima dell'inizio delle lezioni, sfogliando le fotografie sul cellulare, arrivò Satori che si posizionò dritto davanti a lei, osservandola. "Hey, ciao Tendō" lo salutò, non appena si accorse della sua presenza. Lui ricambiò il saluto con un cenno della mano. "Allora per oggi? Pensavo che potevamo trovarci alla gelateria che è qui vicino" disse, indicando con il pollice alla sua destra. "Certo!" Disse lei, "alle quattro?" Proseguì. "Alle quattro." Confermò lui, poi le rivolse un altro cenno e se ne andò, lasciandola da sola a sorridere inspiegabilmente. Durante le lezioni la sua mente era ricca di pensieri riguardanti il rosso. Stava pensando a cosa doveva mettersi, anche se poi si rese conto che tanto avrebbe comunque indossato la divisa; iniziò a pensare quali argomenti poteva proporre e mille altre cose di questo genere. Così facendo passò l'ora di matematica, di scienze, di giapponese, passò la pausa pranzo e le altre ore di lezione, fino a quando suonò la campanella delle quattro che determinava la fine della scuola. Mise in fretta le cose nella borsa, fece uno strappo al club per avvisare che non poteva venire e corse fuori, dritta alla gelateria. Tendō era già lì e quando arrivò la salutò allegramente, facendole ordinare un gelato e pagando per entrambi. Uscirono dal negozio e senza molti scrupoli la prese per mano, gustandosi il suo gelato al cioccolato mentre ammirava le strade coperte di fiori di ciliegio, rendendosi cono che era iniziato il periodo del Sakura. Nonostante fosse rimasta inizialmente sorpresa ed un po' imbarazzata dal gesto del rosso lo trovava estremamente piacevole, nonostante continuasse a sentire le farfalle nello stomaco. "Allora... fai ancora fotografie giusto?" Iniziò lui lasciandole la mano. "Già, tu invece giochi a pallavolo, giusto?"
Certo che gioca a pallavolo scema! Lo hai visto e gli hai pure scattato delle foto! Si disse, facendosi un face palm mentale. Lui annuì. "Dovresti venire alle mie partite qualche volta" disse senza pensarci troppo su. (Nome) notò come lui sembrasse perfettamente a suo agio mentre parlava, al contrario di lei che era agitatissima. Anche lei annuì, cercando di sembrare il più disinvolta possibile ma fallì inciampando su un sasso e rischiando di cadere. Camminarono a lungo, trovandosi poi in un parco, quello stesso parco dove si erano incrociati per caso e dove le loro vite si erano intrecciate. Entrambi sorrisero malinconici, mentre camminavano nel parchetto ormai abbandonato. Le altalene si erano arrugginite leggermente e tutto era imbrattato di scritte fatte con le bombolette spray. "Vieni un attimo" disse lei, prendendolo per mano e trascinandolo fino ai piedi della grossa quercia che era ancora in piedi. Lo fece sedere a terra e si allontanò, tirando fuori la macchina fotografica dalla borsa. Scattò una foto pressoché è identica a quella fatta anni prima, i loro sguardi si incrociarono di nuovo. Rimasero a fissarsi per interminabili secondi. Poi lei cominciò a camminare verso di lui, senza nessuno a fermarla. Si inginocchiò davanti a lui e sorrise, poi il rosso si tirò su e, senza aspettare troppo la baciò.

𝐇𝐚𝐢𝐤𝐲𝐮𝐮 𝐱 𝐑𝐞𝐚𝐝𝐞𝐫Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora