6: Hiccup

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Appena arrivo in fondo al corridoio, apro l'armadietto vuoto e sorrido nel vedere l'ennesimo biglietto sul fondo impolverato.

Lo afferro, ormai come di routine, poi chiudo la porticina in metallo e mi avvio verso la mensa.

Leggerò la sua risposta ovviamente oggi pomeriggio, perché con la fortuna che mi ritrovo qualcuno potrebbe prendermelo, o potrei perderlo, o peggio ancora: potrebbe leggerlo Gambedipesce o papà.

Non vedo l'ora di essere a casa, quindi: le sue risposte semplici e spontanee mi fanno sorridere come un ebete, a dir la verità, ma che mi importa? A me basta essere felice, e sono felice a parlare con lei.

Le sue parole mi rendono felice... lei mi rende felice.

-

Le lezioni passano in fretta, e non appena la campanella suona segnando la fine delle lezioni anche per oggi, tiro un sospiro di sollievo e mi alzo dal mio banco.

Vado verso l'aula di storia al primo piano, lì mi aspetta mio padre per tornare a casa e sinceramente non vedo l'ora di buttarmi sotto la doccia per due ore.

Mentre attraverso il corridoio per arrivare alla porta, la vedo uscire dalla classe con il suo migliore amico. Aveva dei libri stretti tra le mani e stava ridendo forse per qualche battuta. Ah, quel sorriso...

Ad un certo punto, però, volta la testa in mia direzione e il mio sorriso scema di colpo.
Cazzo... deve aver percepito che la stessi fissando. Anche un cieco si sarebbe accorto della pesantezza del mio sguardo.

Resto imbambolato come un idiota e giuro di avere le gote rosse, tuttavia non riesco a fare altro; lei torna a sorridermi come a farmi capire di non preoccuparmi,. anche se sicuramente non stava pensando a quello. Poi si porta una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, leggermente imbarazzata dalla situazione, e infine va via.

La sua compagna Testa Bruta ride nel vedere la mia espressione e io non faccio altro che arrossire ancora di più, e alla svelta entro nella classe di mio padre.

È ancora impegnato a mettere in ordine le sue cose, così poggio lo zaino su uno dei banchi e lo aiuto a raccogliere varie schede.

"Com'è andata oggi, Hic?" Mi chiede con la sua voce calda e cupa, e anche visibilmente stanca.
"Tutto bene, nessuna novità particolare" gli porgo una pila di fogli "e a te?"

"Giornata stancante e piena di interrogazioni, siamo nel periodo" sbuffa e si porta due dita al ponte del naso con fare avvilito.

"Mh... pare che non siano andate molto bene..."
"Ti giuro, potrei mettere il massimo dei voti a tutti e premiare la fantasia" mi dice ironicamente e si infila la giacca "ma insegno storia, non antologia."

La sua battuta mi fa leggermente ridere, nonostante poi cominci a sentire un po' di amaro in bocca. Astrid? Lei come sarà andata? Spero bene, ma non posso certo chiederglielo.

Mentre continuiamo a parlare della nostra giornata ci avviamo all'auto, e una volta a casa mi dice che sarebbe andato a fare la spesa e che avrebbe acquistato qualcosa per cena.

Ne approfitto per chiudermi in camera e leggere il biglietto di Astrid: ho aspettato questo momento davvero con ansia per tutto il tempo. Ormai in realtà sono giorni che vado avanti così, ma di solito lo leggo appena torno a casa mentre aspetto che papà prepari il pranzo.

Caro Emerald,

Giuro, solo al primo rigo ho già i brividi.

La tua teoria è davvero sensazionale, il modo in cui parti da un concetto così semplice per esprimere qualcosa di così profondo è veramente eccezionale.

Certo che puoi parlarmi della tua giornata, come io spero di poterti parlare della mia. Sai, è stato davvero dolce da parte tua chiedermi il "permesso".

Sorrido istintivamente nel leggere queste ultime righe: ci tengo tanto a parlare di tutto e di più con lei, sperando che un giorno potremo parlare dal vivo.

Giorno o notte? Non saprei. Stando al tuo gioco, il giorno rappresenterebbe in parte l'avventura, l'esuberanza, il bisogno di vedere il mondo aiutati dalla luce del sole. Viaggiare, scoprire, sapere.

"La notte è consigliera", si dice, e forse è così. È un momento di pausa, quello che sai essere solo per te stesso, rappresenta quel momento nella tua vita in cui ti fermi da qualsiasi cosa tu stia facendo e ci rifletti sopra.

Ecco forse io preferisco il giorno, preferisco non pensare troppo per paura di poter cambiare idea, per paura di ritrovarmi persa e schiava dei miei stessi pensieri. Andare avanti fino allo stremo delle forze per poi voltarsi e vedere quanta strada si è fatti, più che pensare prima di fare ogni passo.

Come mi aspettavo: impulsiva, solare... Astrid. Semplicemente lei, così sincera, trasparente e genuina. Così... wow... non trovo parole per poterla descrivere, eppure l'idea di passare la notte a struggermi per cercarle mi mette un'allegria indescrivibile.

Mi alzo dalla scrivania e afferro una scatola posta in alto, sull'armadio, poi la metto sulla superficie in legno e apro il coperchio. Ripiego accuratamente il biglietto e lo metto accanto agli altri, poi prendo un quaderno posto sotto di essi.

Su questo quaderno scrivo... tutto. Tutti i miei pensieri e segreti, tante idee e teorie che non posso esporre a nessuno perché mi prenderebbero per pazzo.

Tutti... tranne lei. Ma lei non è tutti. Lei è l'unica.

Disegno una piccola stellina verde sul bordo in alto a destra prima di iniziare, poi lancio un occhio al mio zaino nero sul quale c'è appunto disegnata una stella verde. Rido tra me e me e mi ritrovo a pensare se mai si accorgerà di questo dettaglio.

Sinceramente non penso. È un tipo molto attivo e "spumeggiante", possiamo dire che sono io quello osservatore.

Del resto, lei è il mio sole e io la sua luna.
Solo insieme creiamo il giorno e la notte, un'alternanza precisa in un'armonia perfetta.

Bᴜɴᴄʜᴇs ᴏғ Qᴜᴇsᴛɪᴏɴs  ||Hiccstrid||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora