Capitolo XVII

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Erano già trascorsi cinque mesi da quando io e Thomas c'eravamo conosciuti. Non avrei mai immaginato che sarei tornata ad amare ancora qualcuno, ne tantomeno che sarei stata amata a mia volta.

Ero stata più volte sul punto di raccontare a Thomas del mio "ritrovamento archeologico" e delle mie visioni ma, ogni volta che provavo a farlo Thomas tornava sempre nervoso o troppo stanco dagli scavi. Tornava perché otto giorni prima il mio Thomas era partito per tornare in America dai suoi genitori, per festeggiare il Natale e per prepararli alla mia presenza nella vita di loro figlio.

Thomas mi aveva avvertito che per i suoi genitori non sarebbe stato semplice per loro accettare una donna, vedova, straniera e sconosciuta; loro che avevano programmato in maniera dettagliata la vita di loro figlio.

Lui sarebbe tornato presto, passate le feste sarebbe stato dinuovo qui. L'unica cosa che spezzava la nostalgia di Thomas era la fotografia di noi due al suo accampamento, non facevo che guardarla come per sentirlo più vicino. Momentaneamente la mia vita procedeva come sempre solo che, adesso avevo nuovamente una ragione per andare avanti, avevo ritrovato la speranza di un futuro sereno, di una famiglia mia. Non sarei più stata più sola, ci sarebbe stato Thomas al mio fianco.

Avevo finito con il tenere per me il mio piccolo segreto, il mio libro, il calice e le visioni che ancora non riuscivo a spiegare ma che, da quando Thomas era via non stavo più avendo.

A volte pensavo che, infondo, forse era destino che a trovare questo libro fossi stata io, apparteneva alla Nasheeta dell'antico Egitto, o come la chiamavo io, la prima Nasheeta. Stara stata una mia antenata probabilmente, o forse io ero una sua reincarnazione? Che razza di stupidaggini.

In ogni caso avevo trovato centinaia di ricette per unguenti medici e ne avevo cominciato a provare diversi e funzionavano. C'erano anche rituali di magia per diversi scopi:

trovare l'amore, fioritura delle piante, maledizioni ed altre migliaia di diavolerie; il calice serviva per alcuni di questi rituali. Ne avevo letti un paio e ammetto dire che erano parecchio inquietanti.

C'era una nota a pie di pagina che mi rimase impressa, era scritto di utilizzare la magia con molta attenzione perché questa potrebbe ritorcersi contro. Chiaramente si trattava solo vecchie superstizioni.

In mezzo a tutte quelle stupidaggini relative a rituali magici d'amore, maledizioni e incantesimi vari, nel libro avevo trovato anche sfoghi della prima Nasheeta, erano le parole di una donna innamorata e tradita, il dolore di una persona che per amore aveva rinunciato a tutto, anche a se stessa, ed in cambio aveva ricevuto soltanto bugie.

Quel libro non era soltanto un archivio contenente ricette mediche e cerimoniali magici, era stato anche il confidente di una donna ferita, una donna che migliaia di anni prima di me aveva amato credendo di essere amata.

La prima Nasheeta era una sacerdotessa del tempio di Amon, il dio del sole, le sacerdotesse si consacravano ad una vita di castità e di adorazione del Dio Amon.

A quel tempo l'Egitto viveva un periodo di contrasti, la regina Cleopatra combatteva insieme a Giulio Cesare per il dominio su Alessandria e tutto il paese era in subbuglio, persino Tebe.

Per proteggere le città dalle rivolte e dai saccheggiatori gli eserciti vennero mandati un pò ovunque.

Anche il tempio della Prima Nasheeta fu interessato da questo tipo di protezione ed un bel giorno arrivarono degli uomini, dei soldati.

Erano tutti molto cordiali e rispettosi, nessuno importunava le sacerdotesse, nessuno tranne un giovane, un soldato che non smetteva di cercare la prima Nasheeta di ammirarla, e lusingarla con gli occhi e con le parole.

La Maledizione di DavenwoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora