Capitolo XVIII

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Ero in quella fase del sonno in cui stai dormendo ma tutti i tuoi sensi sono già svegli. Erano i brividi di freddo causati dalle coperte che erano scivolate lasciandomi scoperta ad avermi svegliata.

Sentivo il peso delle coperte che penzolavano da un lato e stavano per finire in terra; provai ad afferrare le lenzuola ma scivolavano ancora più in basso, mi sforzai di allungare le dita, troppo pigra per alzarmi, e riuscì ad agguantare un lembo della coperta che provai a tirare verso di me, pensai che probabilmente si erano attorcigliate le lenzuola alle coperte quindi tirai più forte ma, uno strattone dal lato opposto mi strappò letteralmente tutto dalle mani.

Rimasi con le dita aperte senza nulla in mano, assolutamente terrorizzata, ed in quell'istante realizzai di non essere sola dentro la stanza.

Sentii un respiro pesante provenire da sotto il letto, avevo paura, una paura terribile; il respiro si avvicinava alle mie spalle, chiusi gli occhi, e decisi che non li avrei riaperti, sicuramente stavo sognando e poco dopo mi sarei svegliata.

Provai a non aver paura ma non ci riuscii, d'altronde era un incubo e gli incubi si chiamano così perché spaventano la gente.

Sentivo il fiato gelido sul mio collo e tremavo di paura mentre una voce mi sussurrava all'orecchio:

«Sta lontana da lui!»

La curiosità di vedere chi fosse a pronunciare queste parole era forte ma la paura lo era di più per cui, decisi di rimanere rannicchiata con gli occhi chiusi illudendomi di essere più al sicuro così.

Mi domandai se fosse o no un sogno e se lo era, per quale cavolo di motivo non mi svegliavo ancora?

Il rumore di quel respiro era sempre li dietro di me, un pò più lontano sicuramente visto che non sentivo più il fiato sul collo, si allontanava molto lentamente.

Non avrei saputo dire se la voce fosse di un uomo oppure se appartenesse ad una donna ma, sono certa che il tono fosse quello di un avvertimento.

Allo stesso modo, non ero in grado di quantificare il tempo in cui rimasi in posizione fetale ma, mi risvegliai la mattina seguente ancora raggomitolata, infreddolita, scoperta e ancora spaventata a causa di quell'incubo tremendo.

Ci ripensai, ripensai a quella voce inquietante ed un brivido percorse la mia schiena.

Decisi di alzarmi e scendere di sotto, sicuramente mettermi a lavoro mi avrebbe aiutato a scordarmi di quel sogno così terribilmente spaventoso e reale.

Ero davanti l'armadio e presi al volo un jeans ed una felpa, andai in bagno e cercai di prepararmi il più velocemente possibile. Avevo una strana sensazione, un senso di oppressione al petto e l'unica cosa che desideravo fare era uscire fuori da questa stanza.

Ero già vestita e piegata sul lavandino per lavare i denti, mi sollevai e riflessa nello specchio vidi Angelique Daven, poco dietro alle mie spalle. Con lo sguardo isterico urlò con forza: «Sta lontana da lui! Vattene!»

Urlò così forte che i miei timpani sembrarono esplodere.

Istintivamente chiusi gli occhi e tappai le orecchie con le mani.

Avevo il respiro affannato, riaprii gli occhi ed Angelique Daven era sparita.

Tremavo ancora quando squillò il mio cellulare, era Josy:

«Pronto?»

«Ehi Susan, hanno chiamato i trasportatori dei mobili che aspettavamo. Sono alle porte della città, arriveranno tra circa venti minuti.»

La Maledizione di DavenwoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora