XI Capitolo

37 4 4
                                    


Sentii dei passi arrivare dal corridoio, doveva essere quella tonta di Faiza l'infermiera, volevo vedere cosa avesse perso stavolta.

«Vieni per favore, un paziente deve togliere dei punti, dice che tu li hai messi e tu devi toglierli. Si rifiuta di farsi toccare da me!»

Ero sicura che si trattasse di lei : «Non potevi dire che non sono qui? Sto catalogando i farmaci che sono arrivati stamattina»

« Oh si, ho provato farlo, ma dice che aspetterà qui fuori»

« D'accordo, arrivo subito. »

Ci mancava solo il paziente capriccioso, anche se comunque non aveva tutti i torti, io non mi sarei neppure fatta sfiorare da Faiza.

Entrai nella tenda/ambulatorio dove ad attendermi seduto con le spalle verso la porta sul lettino delle visite c'era il mio paziente, presi la cartella clinica sulla scrivania e lessi ad alta voce in inglese : « Mr. C.T.A. Daven ferità da taglio sulla caviglia destra, lunghezza circa due cm, punti di sutura n°23, rimozione tra giorni dieci.

Qui è datato 03 Luglio 1905, oggi ne abbiamo 17, si è dimenticato di avere i punti alla caviglia o cosa Mr. C.T.A. Daven? »

Intanto l'uomo con dagli occhi verde smeraldo si era voltato a guardarmi, e con il suo sorriso beffardo mi rispose :

«No dottoressa, è che volevo farmi desiderare un pò. Avrei aspettato qualche altro giorno ma cominciano a tirare i punti.»

«Bene, venga qui!» Risposi fingendo di non aver sentito le stupidaggini che aveva detto.

Quell'uomo mi indisponeva e mi intrigava allo stesso tempo.

Mentre toglievo i punti cominciò a parlarmi con la scusa di doversi distrarre:

«Sa, abbiamo fatto delle scoperte, in una tomba abbiamo trovato un papiro con una poesia, e poi un altro papiro appartenuto ad una sacerdotessa che si chiamava, emmm un nome molto inusuale , non so se lo pronuncio correttamente...Nasheeta mi pare.»

Nel momento in cui pronunciò quel nome, il mio nome, ebbi come una visione, una sorta di flashback: una donna uguale a me, con vesti antiche una tunica dritta in lino chiara con delle bordure marroni sulla parte dello scollo, ai piedi dei sandali molto spartani di corda e cuoio, si trovava davanti un tavolo in pietra, qualcosa che somigliava ad un altare; aveva tra le mani un fagotto sporco di sangue, un neonato, le sentii pronunciare qualcosa...

«Dottoressa! Dottoressa, tutto bene?»

Il paziente mi strattonò e mi sentii come se mi fossi svegliata di scatto.

«Mi perdoni, non mi era mai successo credo»

«Ha detto qualcosa, bisbigliava "divino Seth" e qualcos'altro che non sono riuscito a capire»

«Dice sul serio?»

«Si, fissava nel vuoto e mi stringeva la caviglia, come se fosse in trance»

«Mi dispiace, non so cosa mi sia successo, probabilmente solo un po di stanchezza. Finisco di rimuovere i punti e la libero subito.»

Cercai di sbrigarmi, ma la mia mente tornava a quella visione, quella donna, quell'altra me... mi aveva lasciata uno sgomento inumano dentro.

Avevo finito di togliere i punti e stavo compilando un modulo, Mr Daven, che dopo il mio "estraneamento temporaneo" non aveva più fiatato, mi rivolse nuovamente la parola:

«Temo che riceverò un no come risposta dottoressa, ma se non glielo chiedo adesso sarò costretto a ferirmi di nuovo per rivederla, e l'idea di farmi male volontariamente non è allettante. Le andrebbe di pranzare o cenare, o anche solo di prendere un caffè insieme un giorno di questa settimana?»

La Maledizione di DavenwoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora