XV Capitolo

14 1 0
                                    


«Nasheeta, svegliati! Nasheeta, come ti senti?» Thomas mi chiamava, la sua voce era spaventata.

Cominciai a vedere dapprima sfuocato e poi chiaramente il soffitto della cripta.

«Cosa è successo?» Domandai confusa e ancora sdraiata per terra

«Ti sei accasciata a terra ed hai cominciato ad urlare. Tenevi le mani premute sullo stomaco. Ti sei sentita poco bene.»

In un attimo realizzai cosa fosse successo, avevo sognato anzi no, avevo avuto una visione!

«Si, ora ricordo. Ho avuto un capogiro e delle fitte allo stomaco talmente forti da farmi perdere i sensi. Ho bisogno di un goccio d'acqua Thomas, andresti a prendermela?»

«Certo! Torno subito!» Mi rispose galante come sempre.

Thomas si voltò e corse fuori, ero sola ed anche se Thomas stava correndo avrei avuto almeno cinque minuti a disposizione, avrebbero dovuto bastarmi.

Lentamente mi sollevai e mi avvicinai all'altare in pietra, mi abbassai e trovai una fessura tra le pietre del pavimento, vi infilai la mano e scovai un'insenatura, spinsi indice e medio all'interno di questa e tirai con forza verso di me, come se lo avessi fatto già altre 100 volte.

La lastra di pietra, come spinta da una molla, scattò nella mia direzione. Con decisione sollevai la piastra e la spostai a lato della buca che lasciai scoperta; mi sporsi quel tanto che bastava per guardar dentro, c'era un calice di metallo, ottone credo, qualcosa avvolta il un panno di tessuto impolverato e sotto scorsi una specie di bara in legno, una bara piccolissima lunga nemmeno un metro.

Tirai tutto fuori, spostai la stoffa e come sapevo già, trovai un libro;

Mi guardai intorno cercando il modo per portar fuori gli oggetti che avevo trovato senza farli vedere ad altri; volevo con calma guardare quella roba, volevo farlo senza che Thomas lo sapesse, dovevo assolutamente capire le mie visioni.

Ma certo! La borsa da lavoro... la aprii, c'era abbastanza spazio, infilai dentro il libro avvolto nel suo panno e il calice, dopo di che la richiusi saldamente; aprii il microscopico sarcofago e dentro trovai un panno in lino macchiato di sangue secco, feci un respiro profondo e lo aprii, davanti ai miei occhi c'era solo un piccolissimo scheletro, non sarei stata io a metter fine al riposo di un povero neonato.

Richiusi il corpo dentro il sarcofago e lo rimisi li dov'era stato fino a qualche istante prima.

Sentii dei passi avvicinarsi, riposizionai la lastra e la spinsi verso il basso, lo stesso meccanismo di prima riportò la pietra al suo posto ed io mi sedetti per terra vicino a dove qualche istante prima ero svenuta.

«Hai decisamente un colorito migliore rispetto a poco fa!» Esclamò sollevato Thomas porgendomi un vasetto in terracotta contenente dell'acqua.

«Si, va molto meglio. Vorrei uscire però, respirare aria fresca!»

«Riesci a camminare?»

«Riesco» gli sorrisi e allungai il braccio verso di lui che mi aiutò ad alzarmi, con uno slancio mi attirò a se e mi baciò con passione

«Mi hai fatto spaventare, che ti è successo?» Mi chiese onestamente preoccupato;

«Credo sia stato un calo di zuccheri, non ho fatto colazione stamane e se non erro si sta avvicinando il periodo di noi donne quindi, penso di essere solo indisposta non è niente di che, vorrei solo andare a casa.» Mentii sapendo che qualunque spiegazione io avessi dato Thomas l'avrebbe ritenuta valida.

Intanto Thomas prese la mia borsa e ci incamminammo verso l'uscita.

«Ok, allora vuoi andare a casa a riposare?»

«Se puoi farmi portare sarebbe perfetto, non so quanto tu abbia da fare e non voglio intralciarti»

«Io sono il capo, ricordi? Non ti lascio andare da sola» mi sorrise dolcemente.

Usciti da quel buco Thomas urlò qualcosa ad un giovane, questo si precipitò dal lato opposto al nostro e dopo qualche momento arrivò a bordo di una jeep.

Il tragitto dalla sede degli scavi a casa mia sembrava infinito. Thomas era molto apprensivo e non faceva che chiedermi continuamente se la velocità fosse troppo sostenuta, se mi girasse la testa e così via.

Nel frattempo eravamo finalmente arrivati:

«Ti Giuro Thomas, sto Bene adesso. Mangio qualcosa e prometto di stendermi»

«Sei sicura? Passiamo dall'ambulatorio? Magari il medico ti può dare qualcosa, ti controlla i battiti del cuore; insomma quelle cosa che fate voi medici per sincerarvi che i pazienti stiano bene» ribatté insistendo.

«Hai detto bene, noi medici!» Continuai sarcastica «Non so se te lo ricordi Mr C.T.A. Daven, sono un medico anche io!» Conclusi indicandomi sul petto con il dito indice e lo sguardo scocciato.

«È vero, perdonami! È che ho avuto così paura quando ti sei accasciata per terra ed ho sentito le tue urla di dolore» fece una pausa «Ho creduto di vederti morire.» il suo sguardo era a metà tra triste e preoccupato, provai a spezzare la tensione che si era venuta a creare:

«Credo ci vorrà un altro pò di tempo prima che tu riesca a liberarti di me Mr. C.T.A. Daven! Adesso prometto che vado a riposarmi ma, tu promettimi che torni più tardi a trovarmi.»

Sorrisi cercando di tranquillizzare il suo stato d'animo.

«Allora abbiamo un accordo?» sorrise

«Abbiamo un accordo!»

Lo baciai sulle labbra e rientrai in casa chiudendomi la porta alle spalle prima che lui potesse dire altro, dopo pochi istanti sentii il rumore della jeep che si metteva in moto e ripartiva. 

La Maledizione di DavenwoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora