Capitolo XX

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Dopo dieci giorni di navigazione e altri dieci di viaggio tra treno e carrozza finalmente ero a Davenport. Avevo rischiato tanto ad affrontare quel lungo viaggio ma, fortunatamente tutto era andato per il verso giusto ed io e il mio bambino stavamo bene.

Ancora poco e finalmente sarei dinuovo stata tra le braccia del mio Thomas.

Ero sulla carrozza che mi avrebbe portato a DavenWood e per ingannare il tempo stavo leggendo alcune pagine del libro che avevo trovato in quella cripta; lo avevo portato con me sia il libro che il calice, avevo intenzione di darli a Thomas, lui era lo studioso appassionato di antichità, io solo una curiosa ficcanaso suggestionabile.

Dopo circa mezz'ora di cammino il cocchiere mi domandò curioso:

«Miss, lei è una parente dei conti Daven?»

«Più o meno» risposi io «Come sta il padre del conte?» Chiesi

«Beh, non si vede dalle feste natalizie, ma allora stava piuttosto bene e, per cui...»

«... si sarà ripreso?» lo interruppi, e per risposta ricevetti un'alzata di spalle.

Poco dopo arrivammo davanti un grande cancello in ferro aperto su un lungo viale alberato. Da entrambe le parti del viale c'erano boschi fitti che andavano diradandosi man mano ci si avvicinava alla tenuta e che sembravano fermarsi per far spazio all'ampio sentiero che svettava dritto davanti alla carrozza.

Una volta percorso il viale, circa quindici minuti di tragitto, arrivammo davanti un cortile a forma di mezzaluna, al centro del cortile una grande scalinata scendeva dalla porta principale di un grosso edificio in pietra.

Era un castello con innumerevoli finestre e una stupenda balconata ricoperta di edere.

Sembrava uscito da una favola, ero estasiata e affascinata, non avevo mai visto una struttura del genere. In Egitto non ci sono questo tipo di costruzioni, i nostri avi s'impegnavano più nella costruzione di tombe che in quella delle abitazioni terrene, per cui, quasi nessuna delle strutture abitative è sopravvissuta al passare dei secoli. E in ogni caso non venivano costruiti edifici del genere.

Il cocchiere mi aiutò a scendere e mi avvertì «Signorina, il conte potrebbe non essere in casa. Spesso la mattina va a caccia ma troverà senz'altro la contessa, sua moglie, ed i suoi figli.»

Non riuscivo a credere alle mie orecchie, la contessa sua moglie? I suoi figli?

Ero nel posto sbagliato, non c'era dubbio.

«Mi perdoni, questo è il castello di DavenWood giusto?» Chiesi sperando in un "no" come risposta ma, il cocchiere annuì.

«È il castello del conte Christopher Thomas Albert Daven, è corretto?» Domandai ancora ed il cocchiere annuì un'altra volta.

Sentì la delusione colpirmi dritta al cuore, Thomas mi aveva ingannata, era sposato, aveva dei figli e una famiglia. Si era approfittato di me!

Il mio pensiero corse subito al mio bambino, povero piccolo, destinato ad una vita senza il padre, e solo perché questi era stato troppo egoista per pensare alle conseguenze delle sue azioni.

Ero sul punto di risalire sulla carrozza ed andar via, quando la rabbia salì fino alla mia testa; Thomas non poteva starsene spensierato con la sua famiglia perfetta, nella sua casa perfetta in una vita perfetta.

Non poteva semplicemente fingere che io non sia mai esistita e credere di averla fatta franca,

Lui doveva sapere che aspettava un figlio da me! La sua famiglia doveva saperlo, dovevo assolutamente parlare con sua moglie.

La Maledizione di DavenwoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora