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ERIN

Un ronzio basso mi riscuote come una sferzata di vento freddo sulla pelle. Apro gli occhi e trattengo il fiato.
Come è potuto accadere?
Bradley mi tiene stretta tra le sue braccia. Siamo sdraiati sul divano e quando riesco a sollevare la testa, mi accorgo che è già buio. Non ho la mia tipica reazione. Non mi sento poi così tanto sconvolta. Solo sorpresa di avere fatto avvicinare qualcuno di nuovo a me dopo anni di distanza voluta. Spero solo di non pentirmi.
Da quanto dormiamo?
Mi agito ma non me la sento di svegliarlo perché sembra così sereno e a suo agio. Ha l'espressione di uno che non dorme bene da tempo e mi dispiace riscuoterlo o strapparlo via dal suo sonno per riportarmi a casa. È giunto il momento di salutarsi e dividersi un po'. Ho bisogno di metabolizzare la situazione, di capire se ho fatto bene e se per me ci sarà davvero la possibilità di andare avanti senza più casini, problemi, paura.
Sento dei passi sul pavimento. "Tildo", il grazioso Jack Russel di Bradley, balza sul divano emettendo un verso basso prima di picchiettare con le zampe sulle gambe di Bradley per svegliarlo.
Mi viene da ridere ma fingo di dormire quando quest'ultimo si muove inspirando di scatto. Ha il sonno leggero. Non mi stupisce affatto questo dettaglio.
«Che c'è?», gli chiede con voce impastata dal sonno. Poi come se avesse appena ricordato tutto, trattiene il fiato. Sento il suo cuore dargli la spinta per riprendersi dalla sorpresa e attendo il momento in cui allenterà la presa. Il suo braccio però, rimane intorno alla mia schiena mentre prova a girarsi per mettersi supino.
Proprio mentre ci riesce, sento il mio telefono dentro la borsa vibrare costantemente. Non appena smette, passano solo pochi secondi e poi torna a rimbombare intorno il rumore simile ad un insetto con le ali intrappolato in un barattolo.
Apro gli occhi. I suoi sono già puntati nei miei. Sento la pelle formicolare e riscaldarsi. «È il tuo», mi dice.
Mi sollevo e mi lascia andare mentre corro a rispondere.
Sullo schermo trovo un numero che non conosco. Corrugo la fronte spaventata, aspettandomi il peggio, prima di rispondere insicura e con il cuore che prende a battermi all'impazzata.
«Pronto?»
«Erin... mia bellissima principessa!»
Spalanco gli occhi. Shannon? Perché ha la voce così distorta?
Poso la mano sul petto sentendomi sopraffatta dall'istinto di mettermi a urlare.
«Shan, hai cambiato numero?»
«A quanto pare si. Conosco solo il tuo a memoria. Forse è per questo che mia moglie mi ha lasciato», ride. «Ma non è colpa tua. Sono stato io quello a trascurarla e a trovarla a letto con un altro. Credo sia abitudine ormai. Anche tu stai con un altro», continua a ridere in maniera stupita.
Passo una mano sul viso ignorando la sequenza di parole che mi si impiglia sulla lingua. «Sei ubriaco?»
Bradley si alza di scatto dal divano dando da mangiare al cane e al pesce girando intorno senza meta. So che sta ascoltando, ma non ho niente da nascondere. Per fortuna non sente quelle che ha da dire Shannon. Non so come potrebbe reagire nel sapere che il mio amico ha una sorta di amore nei miei confronti.
«E se anche fosse? Ma... dove sei?»
Mordo il labbro massaggiandomi la fronte. Devo mantenere la calma. «Tu dove sei?»
Ride ancora. «Sono rimasto fuori. Sono seduto sul portico e i vicini mi guardano male. Nessuno dorme in questo cazzo di posto. Perché non mi apri?»
«Perché non sono a casa. Domani sei di turno, Shan», lo rimprovero. «Non dovresti bere quando sai che devi andare a lavorare.»
Non posso fare a meno di guardarmi smarrita intorno. Adesso, che cosa faccio?
I miei occhi corrono lungo la schiena dritta di Bradley. Mi dà le spalle e attualmente non riesco a vedere la sua espressione. Posso solo immaginare la mia: sgomenta.
«Posso sempre prendere un cazzo di giorno del cazzo per passarlo come cazzo voglio!», sbotta. «Torna a casa!»
Tengo per me le risposte acide sentendo il suo tono brusco dettato da qualsiasi cosa lui abbia bevuto. Affrontarlo adesso sarebbe come darsi la zappa sui piedi da soli. «Si, certo che puoi prendere un giorno o una settimana per divertirti. Ma ami troppo il tuo lavoro per assentarti per una sbronza. Tu ami prenderti cura dei pazienti.»
Sbuffa. «Amo anche una persona da anni ma a quanto pare non è in casa. Amo prendermi cura di lei ma a quanto pare non c'è perché scappa da me. Le ricordo troppo il suo ex. Un bastardo che chiama solo quando gli serve qualcosa.»
Arrossisco. «Shan, stai ancora bevendo?»
Ride. «E che cosa dovrei fare? Tu non mi dici dove sei per raggiungerti. Non mi dici più un cazzo di te perché credi che io sia disposto a farglielo sapere. Ti sbagli! Lui non sa più un bel niente da me. Hai smesso di essere sua da quando ti ha fatto del male e ha permesso a quel bastardo di metterti le mani addosso e di tenerti per giorni chiusa in uno scantinato. Ho smesso di parlargli di te perché non merita di sapere che sei davvero... davvero stupenda. Che sei cambiata. Che sei cresciuta. Ma sa che ti ho baciata...»
Guardo di sbieco Bradley mentre il mio cuore sprofonda nello sconforto e le lacrime tentano di raggiungere gli occhi. Lui fa finta di niente, sistema la sua roba dentro il borsone girando per l'appartamento con aria concentrata mettendo ogni cosa in ordine. So che muore dalla voglia di chiedermi cosa sta succedendo.
«Erin... dove sei?»
«Sono con Bradley. Sto tornando a casa, mi aspetti?»
«Dove vuoi che vada? Vivo con te in questi giorni ma tu non vuoi perché hai paura che provi ancora a baciarti. Tranquilla, so trattenermi. Non lo faccio da anni? Non mi comporto sempre bene con te?»
La sua voce è sempre più distorta. Sono preoccupata per lui. Ignoro anche il senso di colpa che provo. «Shan?»
«Si, piccola?»
«Perché hai bevuto?»
Sospira. «Gira tutto quanto. Ma è fottutamente tranquillo. Per la prima volta non sento un cazzo! Nessun senso di colpa per essermi lasciato scappare tutto, nessun rimpianto. Niente! Ci sono solo io e questa costosa bottiglia di vino rosso. Sai cosa mi manca? La mia amica. Mi manchi tu, le tue battute, la tua lingua lunga. Mi mancano i tuoi abbracci, i tuoi sorrisi, le tue sfuriate. Anzi mi mancano anche i miei amici, le cazzate, le risse. Mi manca quel coglione di...»
Mi si stringe il cuore. So cosa sta per dire e lo interrompo. «Sto tornando a casa, ok?»
«Non devi stare con coso?»
Scuoto la testa. Che idiota!
«Tu rimani seduto sul portico. Arrivo subito!»
Riaggancio prima che possa anche solo parlare di nuovo riferendosi a qualcuno e rovinare tutto. È già successo. Con la mente ritorno al giorno del suo matrimonio. Ero anch'io nel suo stato, un bicchiere di troppo e il giorno dopo mi sono sentita distrutta oltre che in imbarazzo e sporca dentro. Così tanto che avrei voluto parlare con sua moglie ma alla fine, seguendo ogni consiglio, ho solo affrontato lui e la nostra amicizia si è raffreddata per un po' di tempo. Dovevamo allontanarci o sarebbe andato tutto a puttane un'altra volta.
Shannon deve sentirsi solo. Si è allontanato dalla famiglia. Ha perso sua madre ad un anno dal suo matrimonio e so con quanta costanza lui la accudiva. Poi sua moglie lo ha tradito e prima ancora ha perso la sua casa, i suoi amici, il suo amico. Il pensiero mi fa irrigidire.
«Che succede?»
Mi ritrovo rigida come la corteccia di un tronco vecchio, senza fiato, la pelle che scotta nonostante sia coperta dai brividi. La voce di Bradley mi riporta nel suo appartamento allontanandomi da quel giorno.
«Shannon, è rimasto fuori di casa ed è ubriaco. Sta dando fastidio ai vicini.»
I suoi occhi scattano su di me, immediati, spietati. «Non hai preso bene la notizia. Quindi.... deduco tu sia preoccupata per lui. Vuoi tornare a casa?»
«Devo. Ha già chiamato quattro volte e continuerà se non mi vedrà arrivare. Farà anche qualcosa di imbarazzante se non lo fermo o commetterà una cazzata. Lo conosco.»
Annuisce come se sapesse di cosa parlo. «Ok, andiamo!»
Bradley sin dal primo istante in cui l'ha visto in ospedale, sembra avere inquadrato Shannon. Non so quello che pensa davvero di lui, so solo che mi dispiace, non deve essere facile dovere accettare una persona solo per non perdere la possibilità di conoscermi. Ma Shannon fa e farà sempre parte della mia famiglia, della mia vita. Devo prendermene cura perché sta soffrendo, lo sento. Sento che è così. Le sue parole...
Bradley mi raggiunge posando il palmo sulla mia schiena. Mi volto di scatto finendogli addosso. Faccio un passo indietro faticando a contenere l'agitazione.
Vedo nei suoi occhi uno strano cipiglio che mi spinge a pensare, a farmi certe paranoie. «Hai cambiato umore. Non voglio che sia un problema per te. Sarei dovuta tornare a casa ore fa. Non per lui, ovviamente. Ma il fatto che abbia chiamato e che sia ubriaco, cambia le cose. Devo assolutamente raggiungerlo.»
Continua ad avere una strana espressione ma non replica. Ciò che dice mi lascia solo di stucco.
«Ti riaccompagno», guardandosi intorno, controlla di avere chiuso le finestre, lascia da mangiare al suo cane che ci accompagna all'entrata, poi mi conduce fuori senza dire niente. Chiuso in uno strano mutismo che mi fa tremare le vene e temere di avere rovinato tutto.
Non capisco la sua reazione. Un attimo prima andava tutto bene mentre adesso sembriamo due completi estranei. Non lo sopporto.
«Che ti succede?», chiedo in auto.
Stringe la presa sul volante fino a farsi sbiancare le nocche. E la mascella e così serrata da sentire lo scricchiolio dei denti quando sfregano. Accelera. «Non mi succede niente, Erin.»
Si ferma poi ad un semaforo attendendo il verde. «Proprio niente», sibila stringendo il pugno sul volante controllando bene la strada.
Mi volto. «Brad!»
«Che c'è?», alza il tono. I suoi occhi sono pieni di rabbia.
Notando il mio sussulto sospira. «Mi dispiace. È solo che ho notato come hai reagito non appena hai risposto al telefono e dentro la mia testa sono passati troppi pensieri. Uno peggiore dell'altro. E so che sarà sempre così.»
«Per questo hai reagito male? Credi che non avrei avuto la stessa reazione per te?»
Passa la mano sulla fronte martoriandosi il labbro. In questo momento vorrei tanto baciarlo.
«Già. Che idiota!»
Apro il finestrino lasciando entrare l'aria fresca della sera. Guardo dietro, il borsone che ha caricato in auto. Non faccio domande. Forse è abitudine la sua, mi dico. Tengo a freno l'ansia che rischia di divorarmi ad ogni km percorso degli otto previsti e mi domando come reagirà Shannon non appena mi vedrà arrivare con lui. Che cosa penserà o cosa dirà. In cuor mio spero tenga a freno la lingua. So quanto possa essere pericoloso.
La sera del suo matrimonio, dopo i brindisi, ha litigato di brutto con uno dei suoi amici solo perché aveva osato nominare nel suo discorso, davanti a me, una persona, quella persona. È stato quel dettaglio e le parole della testimone a farmi crollare.
A quel punto era così ubriaco che non ha neanche pensato di avere mollato un pugno ad una persona per difendere il mio onore. Me, la sua testimone, mica la moglie, sbigottita e troppo fuori per rendersi conto del torto subito. Shannon ha dato spettacolo di sé davanti a tutti quella sera. Nessuno però si è preso la briga di fermarlo. Era come se tutti se lo aspettassero. Quando poi mi ha visto scappare in quel bagno in preda al panico e in cerca di un angolo tranquillo in cui calmarmi, se ne è fregato di tutto e mi è corso dietro chiudendosi la porta alle spalle girando persino la chiave.
«Erin?»
Sento gli occhi bruciare. Riemergo lentamente dalla nebbia boccheggiando.
Non si dà niente per scontato nella vita. I ricordi fanno parte di ciò che siamo. Non puoi cancellarli o correggerli come se fossero uno scarabocchio. Non puoi accantonarli. Puoi solo conviverci.
Non si dimentica. Si impara e si supera.
Mi volto e Bradley mi fa cenno di scendere indicando qualcuno davanti a noi.
Se ne sta fermo davanti il cancello con lo sguardo furioso.
Batto le palpebre riprendendomi del tutto. Non è il momento di perdersi, neanche di essere fragili.
Deglutisco e provo ad aprire la portiera. Questa si richiude. «Non è pericoloso?»
Shannon se ne sta appoggiato al cancello aperto a braccia conserte, guarda male l'auto. Dubito possa vederci ma il suo sguardo fa paura. Non mi è difficile leggervi il messaggio che si cela dietro quei lineamenti duri.
«No, non lo è. Ha solo bisogno di una strigliata e di una dormita.»
Notando Bradley pieno di dubbi e parecchio rigido, prendo una decisione. Devo renderlo anch'io partecipe della mia vita. Anche se questo comporterà delle conseguenze.
«Perché non entri? Potrebbe essermi utile la tua forza, non so se riuscirò a reggerlo fino a casa se dovesse svenire.»
Assottiglia gli occhi continuando a guardare fuori dall'auto. «Si, forse un aiuto in più ti sarà utile.»
Esce sbattendo lo sportello prima che io possa anche solo aggiungere altro. Shannon sembra riacquistare lucidità ma barcolla e sta sorridendo in quel modo inquietante. So bene cosa significa.
Svelta, agitata e affatto pronta ad una qualsiasi delle sue battute da ubriaco, esco dall'auto e superando Bradley, vado contro Shannon, lo affronto.
«Sei impazzito? Ubriacarti in un giorno settimanale e stare qui sul portico a dare spettacolo, sul serio?»
Mi sfiora una guancia e scaccio la sua mano arrabbiata. Appare stupito. Non mi sono comportata mai così con lui. Neanche quando avrei dovuto.
Guardo il portico. Le tre bottiglie di vino, due vuote, una ancora in parte piena. Lo supero furiosa andando ad aprire la porta, tenendola spalancata per farlo entrare in casa evitandogli una pessima figura.
Lui barcolla visibilmente. Bradley non lo aiuta, si mantiene alle sue spalle mentre supera il portico. Prima di entrare, guardando la bottiglia, l'afferra con agilità facendo il suo ingresso in casa con un sorrisetto vittorioso.
Mi sta sfidando. Non perde mai occasione. Che stronzo!
«Non fare la guastafeste», esclama lasciandosi cadere sul divano, bevendo avidamente.
Non ci vedo più dalla rabbia. Gli strappo la bottiglia dalle mani picchiandola sul tavolo basso. «Che diavolo ti succede, Shan?», alzo il tono con le mani sui fianchi.
Mi guarda con occhi appannati poi alzandosi posa la mano a coppa sulla mia guancia. «Ho rovinato la tua serata? Sai, non mi dispiace affatto.»
Strappo la sua mano dal mio viso. «No, infatti so che non ti dispiace. Sei un vero egoista. Per la cronaca: mi sono addormentata. Ero sfinita. Adesso ti metti a letto, senza lamentele e la smetti di comportarti come un idiota!»
Mi sorride come un bambino. «Ok, piccola. Come vuoi!»
Alzo gli occhi al cielo spostandomi dal divano e lo spingo in camera, quella degli ospiti per assicurarmi che non si muova da qui dentro.
Si siede sul bordo del letto guardandosi intorno. I suoi indumenti. La camicia azzurra ha delle pieghe e piccole chiazze di vino che non se ne andranno facilmente.
Arriccia il naso. «Non dormo vestito», mi fa notare con un sorrisetto beffardo. «Mi spogli?»
Crede di farmi imbarazzare?
Apro bottone dopo bottone concentrandomi su quello che sto facendo fino a sfilargli la camicia di dosso. La sua pelle è caldissima, profuma di bagnoschiuma, talco, nicotina e lievemente di vino. Un odore che mi fa ripiombare a quella notte, allo scatto che abbiamo avuto entrambi l'uno verso l'altra dopo esserci guardati per istanti apparentemente lunghi. Mi ricordo di avergli sbottonato un po' la camicia allargandogli la cravatta e lui di avermi sollevato il vestito che aveva uno spacco abbastanza vertiginoso sfiorandomi la coscia. Mi rimbombano nelle orecchie i nostri respiri spezzati, le nostre bocche in movimento. Le sue parole sussurrate...
Sta succedendo di nuovo. Ma io sono sobria. Ci guardiamo negli occhi e pensiamo la stessa cosa.
Il labbro superiore gli si solleva e la sua mano mi sfiora una guancia.
Mi concentro per non perdere lucidità. Per non riprovare quel senso di colpa che ancora oggi mi fa sentire male dentro, sporca, una persona orribile. «Alzati, sbottona e togli da solo i pantaloni. Quello sai ancora farlo, spero.»
Lui sta guardando verso la porta non prestandomi attenzione. «Il tuo amico si unisce a noi o continua a guardare mentre mi spogli permettendoti di toccarmi?», ride. «Per la cronaca mi sta anche piacendo e puoi anche vedere quanto.»
Avvampo quando seguo quello che sta indicando. Ovvero il cavallo dei suoi pantaloni.
Bradley trattiene a stento ogni istinto omicida. Mi sento in colpa. Che diavolo sto facendo?
Mi tiro indietro da Shannon e per poco non casco a terra. Ricomponendomi, mi avvicino immediatamente a Bradley.
«Mi dispiace», sussurro spingendolo fuori dalla stanza. «Non era così che volevo concludere la nostra serata.»
«Devi per forza toccarlo o spogliarlo?»
Faccio una smorfia. No, non devo. «Deve mettersi a letto e dorme in boxer», replico andando a prendere una bottiglia d'acqua e una bacinella per il vomito dalla cucina.
Prima di riuscire ad entrare in camera Bradley mi ferma posando una mano sul mio braccio.
L'aria si riempie di tensione. Densa, palpabile mi piomba addosso togliendomi il respiro.
«Ti prego, non farmi assistere ad una cosa del genere. Dimmi che cosa posso fare nel frattempo. Dammi un'altra opzione per non immaginare te che spogli un altro.»
«Non vedo "Ness" da nessuna parte. Puoi trovarlo?»
Annuisce sparendo in fretta dal soggiorno. Prendo un lungo respiro entrando in camera. Shannon mi sorride perfido standosene seduto sul bordo del letto, in attesa. Ha sentito tutto?
Poso la bottiglia sul comodino accanto al bicchiere di vetro e alla lampada. Noto anche un libro ma non ho tempo di leggere il titolo. Lascio la bacinella sul pavimento accanto al letto perché tra poco so che getterà via i rimasugli del suo dolore.
Prende la mia mano e aprendo il palmo lo fa scivolare lungo il suo petto osservando ogni singolo movimento con concentrazione. Quando solleva il viso, i suoi occhi scuri, sono rossi e decisi.
Lo guardo male. «Non puoi davvero chiedermelo!»
«Non ti sto chiedendo di fare ses...»
Tappo la sua bocca. «Sta, zitto!»
Gli sbottono i jeans. Lui fissa ogni mio movimento famelico prima di alzarsi e toglierli. «Ecco», sbotta guardandomi male. «Era facile. Era quello che dovevi fare anche in quel bagno. Continuare a spogliarmi e io avrei dovuto non smettere di tenerti stretta e di sussurrarti all'orecchio. Ci saremmo tolti il pensiero. Invece continuiamo a sentirci in colpa.»
Lo spingo con rabbia e cade seduto sul letto. «Adesso stenditi e bevi l'acqua che ti ho portato o mi toglierò un altro pensiero: quello di ucciderti.»
Fa come dico con un sorrisetto. «Tanto sai che ho ragione.»
No, non ha ragione. Ancora una volta sarei stata l'amante. L'altra ragazza.
Si mette comodo, la schiena appoggiata alla testiera bianca imbottita del letto. Tiro la coperta sulle sue gambe evitando di fissargli i tatuaggi che ha su tutto il corpo. Di recente ne ha aggiunto qualcuno, ma non oso nella maniera più assoluta posare in quei disegni neri i miei occhi. Non ci riesco. Perché mi sta facendo tutto questo?
La sua mano si posa ancora sulla mia guancia spostandosi sulla nuca dandomi una brutta scossa che si propaga lungo la spina dorsale facendomi sussultare.
«Sei arrabbiata con me?»
Adesso appare più in sé. Ha smesso di giocare. Ha capito di avermi fatto male con le sue battute, con i gesti.
Nego. Mentire è più facile adesso. Sono furiosa con lui. «No, bevi.»
Gli passo la bottiglia e fa come dico, beve piano. «A me sembra di sì. Ti ho rovinato la serata con il tuo amico?»
«Adesso non ha importanza. Devi riposarti e riprenderti perché domani devi andare a lavoro.»
Scuote la testa. «No, no...», il suo viso diventa bianco. Gli avvicino la bacinella abbastanza capiente dove vomita.
«Ti ho detto che ho preso un giorno», continua a buttare giù l'alcol ingerito. «Ho avvisato tuo padre. Ho scritto: per motivi personali ho bisogno di assentarmi. Oppure ho scritto sono da tua figlia e sono ubriaco, domani non sarò a lavoro?»
Arriccio il naso tenendogli la fronte quando ha un conato. Massaggio la sua schiena e lui mi fa cenno che va meglio appoggiandosi alla testiera con il viso rivolto verso il tetto.
Tiro fuori dal cassetto delle mentine e prima recupero per lui lo spazzolino con un po' di dentifricio sopra.
«Ho fatto un casino.»
Corrugo la fronte. «Non mi hai disturbata. Mi sono solo addormentata sul divano di Bradley. Ero stanca. È stata una giornata pesante dal punto di vista emotivo.»
«Eri a casa sua?»
Annuisco. «Si, ci stiamo conoscendo e ha voluto mostrarmi il suo ambiente, la sua vita. Senti, so che non lo accetti del tutto ma... lui mi fa sentire bene. È sincero e mi piace davvero. Quando sto con lui dimentico di tutto il resto.»
Fa una smorfia bevendo l'acqua dopo avere lavato i denti ed essersi messo in bocca una mentina.
«Vado a prendere un'altra bottiglia d'acqua, magari più grande. Ti porto anche del succo e un po' di cioccolata.»
Mi ferma. «Mi dispiace, Erin.»
«Pensa a riprenderti. A questo pensiamo domani quando ti picchierò fino a farti maledire il giorno in cui sei nato.»
Ci guardiamo per uno, due secondi poi sorride chiudendo gli occhi, inspirando lentamente ed io mi alzo uscendo dalla stanza con il cuore trafitto da aghi di pino.
In cucina, trovo Bradley che sta coccolando "Ness". Vedere il mio gatto a suo agio tra le sue braccia, mi fa ripensare a quello che ho provato quando mi ha avvolta e tenuta stretta a sé facendomi sentire protetta.
Sorrido di nascosto. «Dove era?»
«Nella tua stanza, sotto il letto. Come sta?», indica la camera in cui si trova Shannon.
«Ubriaco?»
Storce il labbro. «Il volume di quel vino supera il test dell'etilometro.»
Guardo il cesto dell'immondizia. «Moltiplicato per tre direi che dovrebbe essere da riunioni settimanali agli alcolisti anonimi.»
Lascia andare "Ness". Apre la bocca ma Shannon mi chiama. Recupero la bottiglia d'acqua e scusandomi con lui raggiungo il ragazzo ubriaco.
«Non andare via», mugugna ad occhi chiusi quando mi siedo sul letto accanto alle sue gambe coperte dal lenzuolo. «Sono anni che scappi.»
«Non credo sia il momento di parlare di me.»
Non è d'accordo. «E quando pensi di darmi una spiegazione allora?»
Guarda verso la porta. «Lui non lo sa ancora che sei scappata senza salutare? Non sa che ci siamo rivisti qualche volta fino al giorno del mio matrimonio?»
Bradley se ne sta a braccia conserte. La mascella serrata e gli occhi fissi su Shannon. «Erin me ne ha parlato.»
Perché sta mentendo?
Shannon soffia dal naso. «Come no...», lo mette alla prova.
«Mi ha detto che vi siete baciati», replica Bradley.
Shannon guarda me come se lo avessi tradito poi lui in cagnesco. «E ti ha anche detto che poi non si è più fatta viva?»
«Ha fatto bene. Come fai a baciare la tua amica il giorno del tuo matrimonio?»
Shannon lo fulmina con lo sguardo ma la domanda è legittima. Come fai? Come? Come ho fatto io?
«Tu non eri lì, quindi sta zitto! Non sai un cazzo di come stava male, di quanto soffriva. Non sai che io...»
«Ma sono qui adesso e non ti permetterò di trascinarla ovunque tu voglia portarla. Soprattutto non ti permetterò di rivangare il passato per farla sentire sbagliata o in colpa. Erin è una donna forte e intelligente da capire da sola quello che vuole. Il fatto che ti tenga ancora come un amico dovrebbe già significare qualcosa per te.»
Shannon solleva l'angolo del labbro. «Intendi accamparti anche tu qui, vero?»
«Si, proprio così! Col cazzo che ti lascio solo con lei. Conosco quelli come te e non portano niente di buono. Se sei ancora qui dentro è perché Erin te lo permette quindi non dimenticare il tuo ruolo e per una volta, comportati da adulto!»
Apro e richiudo la bocca sentendomi tra due fuochi. I due ovviamente non hanno intenzione di smettere di farsi la guerra fino a quando uno non ferirà l'altro.
«Tu... hai paura che possa...»
Guardo male Shannon e smette di parlare.
«No, lascialo parlare. Lascialo concludere. In fondo stava per dirmi che forse ho paura che lui possa portarti via da me», sbotta Bradley. «Mi sembra ovvio. Almeno io ho le palle di ammetterlo. Tu che cosa hai fatto in tutti questi anni di amicizia?», detto ciò si allontana dalla stanza borbottando un "che bastardo!".
Mollo un pugno sulla spalla a Shannon. «Ahia!»
«Mettiti a dormire!», ordino arrabbiata.
Sistema il piumone e mettendosi comodo sotto la coperta, senza fiatare abbassa le palpebre. Chiudo la porta dopo avere spento la luce e cerco Bradley.
In casa non c'è, così esco fuori. Se ne sta seduto sul portico. Le spalle tese, la mascella serrata. Mi siedo accanto a lui. Prendo la sua mano portandola in grembo.
«Dire che mi dispiace e che mi sento in colpa penso sia riduttivo. Avrei dovuto avvisarti riguardo il temperamento di Shannon e al fatto che tende a stuzzicare troppo le persone.»
Fissa un punto indefinito del giardino. «Mi confondi», sussurra.
Il mio cuore non desiste. Prendo un lungo respiro concentrandomi.
Non puoi fare un passo avanti senza prima avere perso l'equilibrio.
Per questa ragione devi prendere coraggio e lanciarti. Saltare. E se cadi, devi trovare la forza di rialzarti. Anche se fa paura.
«Prima, quando Shannon ha iniziato a parlare del giorno del suo matrimonio, pensavo e mi aspettavo di stare male. Sai, dopo che me ne sono andata da quel posto non sono riuscita a smettere di sentirmi sbagliata, in colpa per quello che avevo fatto e provato. Pensavo di averlo rovinato e di essermi rovinata. Sai cosa si pensa delle ragazze che se ne stanno in bagno o da qualche parte con gli uomini sposati. Avere baciato una persona mentre ero ubriaca pensando a tutt'altro che alle conseguenze mi fa sentire tuttora una stupida. Ma prima, ho aspettato di ricevere quella mazzata. Quella che sento sempre quando ci penso. Non è mai arrivata. Sai perché?»
Finalmente mi guarda. «Perché?»
«Perché stavo pensando al tuo bacio e non è lontanamente paragonabile a quello che ho dato a lui. Quello che ho provato con te, non è paragonabile a quello che ho provato quella sera.»
Morde il labbro rimanendo interdetto. «Non ti seguo.»
«In realtà neanch'io. Ma è stato il tuo bacio a lasciarmi addosso quella voglia di riprendere da dove abbiamo lasciato tutto in sospeso.»
Mi avvicino al suo viso. Lui non si muove. «Sei... ti senti in grado di andare avanti?»
Sono pronta? Essere pronta non è la stessa cosa di mettersi in gioco. Lasciare quello che mi ha segnato indietro, facendo finta di niente, non sarà mai facile. Lo so bene. Ma so che non ho più provato niente di così forte per qualcuno prima del suo bacio spontaneo, dolce.
«Posso essere sincera? Negli ultimi otto anni non sono andata avanti. Mi sono bloccata. Ma ero convinta di essere riuscita a vivere, di avere percorso la mia strada e avere raggiunto qualche obbiettivo, seppur con qualche sacrificio. Ma non sono andata avanti. Mi sbagliavo.»
«Quindi che cosa mi stai dicendo?»
I suoi occhi hanno una luce diversa. Sono offuscati e tristi.
«Ti sto dicendo che sono davvero andata avanti dopo avere baciato te. Quando le nostre labbra si sono toccate... ho sentito il mondo muoversi intorno per la prima volta dopo anni.»
Inspiro lentamente appoggiando la testa sulla sua spalla. Stringo forte la sua mano. «Non te ne andare», sussurro. Mi espongo e me ne frego delle conseguenze, della paura, e del domani. Voglio vivermi tutto, voglio farlo adesso. Perché il presente è ora, è qui, davanti ai miei occhi.
Staccandosi si alza rimanendo sull'ultimo gradino del portico. Mi sollevo anch'io ritrovandomi sul primo gradino e davanti al suo viso. Siamo alla stessa altezza. Un respiro a dividerci. Un battito a scuoterci. Un brivido ad attraversarci come un filo ingarbugliato che va ad annodarsi intorno ai nostri cuori avvicinandoli.
Abbassa gli occhi sulle mie labbra. «Quindi mi vuoi ma non sai come tenermi?»
«"È brava ma non si applica", me lo dicevano sempre.»
Abbozza nascondendo il sorriso standosene con le mani dentro le tasche dei jeans. «Ok, adesso entra in casa e va a dormire.»
«Non resti?»
Alza le spalle. «Ho bisogno di una passeggiata, da solo, per pensare.»
Mordo le guance accettando a malincuore il suo volere. «Va bene.»
Gira sui tacchi. «Notte, Erin.»
Il mio cuore perde un battito. Dovrei fare qualcosa ma so di dovermi fidare e lasciarlo smaltire qualsiasi pensiero lui abbia raccolto.
«Notte, Bradley.»
Lo guardo mentre entra in auto e si allontana. Rimango seduta sul portico per qualche minuto, sussultando quando un'auto passa. Aspettando chissà che cosa. Intuendo che non tornerà, entro abbattuta in casa.
Bevo un po' d'acqua per calmarmi e prima di andare a dormire, controllo che Shannon stia dormendo.
Se ne sta sotto la coperta, abbracciato al cuscino. Russa rumorosamente. Domani avrà un brutto risveglio. Oltre al mal di testa. Chiudo piano la porta entrando in camera mia.
Qui mi spoglio rimanendo in intimo e mi infilo sotto le coperte attendendo il momento in cui "Ness" si intrufolerà nel letto solleticandomi la pelle. Arriva puntuale e grazie al suo calore, alla confortevole sensazione che mi provoca, chiudo gli occhi. Ma non riuscirò a dormire. Sarà una lunga notte per me, lo so.
Dopo quello che a me sembra un tempo lungo, sento il ronzio del telefono. Scatto a metà busto afferrandolo dal comodino in cui l'ho lasciato aspettando impaziente un messaggio, qualcosa da parte sua.
Porto la cornetta all'orecchio.
«Apri la porta», riaggancia.
Scosto la coperta infilandomi una vestaglia con i fiori e più in fretta che posso, con l'emozione stretta nel petto, vado alla porta dove lo trovo con il braccio appoggiato allo stipite e l'altro dietro la schiena mentre dalla spalla pende il borsone. Dalla mano lascia scivolare qualcosa. Un oggetto oscilla e quando alzo gli occhi, noto un portachiavi.
Sorrido sfiorandolo ma lo allontana sporgendo il viso, protendendo le labbra.
Mi avvicino complice e alzandomi sulle punte, le mani sulle sue spalle, le sfioro con le mie. «Come hai fatto?»
«Il proprietario è un amico. Scusa il ritardo.»
Non riesco a smettere di sorridere tenendo in mano il piccolo oggetto portandolo al petto. «Hai guidato per portarmi questo?»
Solleva il borsone e girando il braccio mi fa notare che nascondeva anche un cartone della pizza. «Non abbiamo cenato», spiega.
Gli getto le braccia al collo. «Non montarti la testa ma sei fantastico!»
Sorride. «Mi fai entrare o vuoi continuare a mostrare queste gambe nude a tutto il vicinato? Prima ho individuato il tuo vicino, sbirciava dalla siepe facendo finta di badare al suo cane», indica alle spalle.
Mordo il labbro per non ridere e prendendo il cartone e la sua mano lo porto direttamente nella mia stanza.
Chiudo la porta, metto in ordine i cuscini e una coperta morbida sul tappeto, improvvisando un picnic.
«Non ti dispiace se mi spoglio, vero?»
Nego aprendo il cartone della pizza. Lascio sprigionare nell'aria il profumo del sugo, della mozzarella, del basilico. A gambe incrociate, lo guardo come se avessi davanti l'attore di un film, azzannando il primo pezzo di pizza.
Bradley sfila la maglietta mostrando i suoi pettorali, addominali e muscoli sodi, proprio come avevo immaginato che fossero la prima volta. Dio, quelle vene in evidenza sugli avambracci poi...
Mi alzo in fretta passando la lingua sulle labbra. «Lascia fare a me. Rendiamolo meno perverso», lo punzecchio.
Prova a fermarmi ma apro i bottoni dei pantaloni e lui mi avvicina. Affonda la mano sulla mia nuca attirandomi a sé. Ci guardiamo negli occhi. Il suo respiro è appena cambiato mentre il mio è quasi del tutto inesistente. Abbasso la cerniera e chiude gli occhi premendo la fronte sulla mia, geme.
«Erin...»
«Ti sto ringraziando per il portachiavi di Nemo, la pizza e... per essere tornato», sussurro toccando la sua pelle liscia partendo dalla V perfetta.
Freme. La sua mano stringe sul mio fianco prima di posarsi sul fondoschiena e poi sulla natica.
Ansimo e mi bacia. Poi mi morde il collo lasciandomi un segno. Si sposta sotto l'orecchio facendomi mugolare e si riappropria della mia bocca.
Mi stacco travolta tornando a gambe incrociate sul tappeto, tra i cuscini mentre lui toglie i pantaloni accaldato e mi raggiunge.
Quando si siede accanto, nessuno dei due prende parola. Ci scambiamo qualche pezzo di pizza e quando abbiamo finito, gli offro una parte del letto per non farlo dormire sul divano.
«Sei sicura?»
«Un passo alla volta, giusto?»
Si sdraia dal suo lato guardandomi ancora in quel modo. So cosa sto per fare. Sto per mettere alla prova me stessa e forse anche lui.
Slaccio la vestaglia. Trattiene il fiato e pure io mentre la lascio sulla poltrona infilandomi sotto le coperte, dandogli le spalle. «Notte, Bradley.»
Il letto si muove. Le luci si spengono. Sento il suo respiro all'orecchio. «Notte, sensuale maestrina.»
Afferro le sue braccia avvolgendole sul mio petto con un sorriso e chiudendo gli occhi mi rilasso per dormire.

🖤

Come crepe sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora