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BRADLEY

Le persone non sanno prendersi la responsabilità dei propri sentimenti.
Erin non accetta che quello che le è successo avrà per sempre ripercussioni sul presente, sul futuro. La ostacolerà nelle sue giornate, in ogni sua scelta. E se non riesce ad accettarlo, non sarà mai in grado di perdonare se stessa per essere stata tanto ingenua, per essersi fatta prendere tanto in giro da una persona senza cuore, spregevole. Un bastardo privo di umanità, di giudizio.
Sono così furioso con me stesso perché non sono riuscito a farla ragionare, non sono riuscito a farla parlare, a farle buttare fuori tutto quello che trattiene dentro da anni. Non sono stato in grado di fermarla, di farle capire che nonostante tutto ci sto provando anch'io a rimanere a galla insieme a lei, nel suo mondo complicato e contorto. Ma non è bastato. Io non basto.
Al posto del cuore mi ritrovo un buco. Perché lei è riuscita a strapparmelo a mani nude dal petto senza la minima esitazione. E non riesco a capire se questo mi fa stare meglio o peggio. So solo che mi sento arrabbiato, per averle permesso di avvicinarsi così tanto a me, alla mia vita. Vederla andare via in quel modo, incapace di darmi una spiegazione, è stato come essere pugnalati alle spalle.
E so il motivo che la spinge ad avere paura dell'amore. Ha ragione! Anch'io ho una paura matta di questo sentimento. L'amore fa male, ti si attacca dentro come una malattia. All'inizio rende tutto meraviglioso, unico, poi di colpo ogni singola cosa cambia. Perché l'amore ti cambia. L'amore è in grado di portarti via tutto quello che ti fa sentire completo, felice e ti lascia rabbia, tristezza, delusione, amarezza. Sentimenti che non avresti mai pensato di riuscire a provare nei confronti di qualcuno che prima vedevi con occhi diversi.
Entro in ospedale più che furioso, cercando di togliermi dalla testa le parole della ragazza con la quale ho appena litigato perché non ho saputo resistere alla tentazione di dirle quello che penso quando si ritrae, quando si allontana da me. Sono stati dei giorni spensierati e sapevo che prima o poi qualcosa avrebbe rotto ogni equilibrio. Mi aspettavo che prima o poi uno dei due sarebbe in qualche modo crollato e avrebbe trascinato l'altro a fondo.
Erin ha bisogno di amore. Ha bisogno di una persona che non le dica che è sbagliata ma le faccia capire che è importante. Ha bisogno di dimostrazioni. Ha bisogno di sentirsi a suo agio. Ha bisogno di lasciare andare ogni traccia di dolore e tristezza che continua a portare dentro.
In fondo, so che la sua reazione è stata spontanea, preferisce implodere anziché prendersela con qualcuno. Adesso che mi rendo conto del casino che ho fatto, non posso credere di averle urlato così tanto e nel bel mezzo del parcheggio pieno di persone che ci guardavano come se fossimo due pazzi. Dubito che lei abbia notato che qualcuno ci osservava, presa com'era a trovare una risposta per non lasciarmi vincere, per non ammettere che ho ragione. Ma, ho visto anche i suoi occhi farsi distanti e poi di colpo riempirsi di tristezza quando gli ho urlato in faccia la verità, quella che le farà sempre male e la farà soffrire perché non è pronta. Non potrà mai andare avanti se prima non si libera dal peso del passato che continua a farla cadere a fondo.
Non mi sento in colpa per avere detto quello che penso. Forse i toni si sono inaspriti un po', però Erin ha bisogno di imparare che non può continuare a fare finta di niente, non può scappare per sempre, non se prova davvero qualcosa per me. Deve decidersi e lanciarsi. Deve prendermi se davvero mi ama.
Raggiungo la ragazza dietro la scrivania. La solita da quando sono venuto per la prima volta in questo ospedale.
Anche lei mi riconosce e con un ampio sorriso, aspetta che la raggiunga. Prende una cartellina tenendola stretta al petto insieme ad una penna poi mi indica il corridoio.
«Buongiorno signor Connor, il dottore la sta aspettando. Mi ha chiesto di avvisarlo quando sarebbe arrivato.»
Annuisco con un verso, non ho voglia di perdermi in chiacchiere inutili e inconsistenti, non sono dell'umore giusto.
Mi dirigo verso l'ambulatorio con la voglia di togliermi di dosso questo fardello che mi impedisce di muovere il braccio facendomi sentire braccato. Spero che sia tutto nella norma dopo avere fatto le analisi e le relative lastre, perché attualmente non so proprio come reagirei ad un'altra pessima notizia.
Ad accogliermi nella stanza, non c'è il solito radiologo dallo sguardo serio, ma Shannon. Mi sorride lasciandomi passare e raggiungo il centro della stanza guardandomi intorno.
«Non mi aspettavo di essere visitato da te», brontolo. «Avevo fatto richiesta per il dottor Larsen.»
Shannon è proprio l'ultima persona che vorrei vedere in questo momento. Averlo a poca distanza mi fa salire la pressione e la temperatura corporea. Mi sento come un ariete di sfondamento in questo preciso istante, capace a tutto, anche di litigare con lui senza una ragione.
Mi sarebbe piaciuto trovarmi lì, in quegli anni, essere di quel posto, conoscere tutti, avere la capacità di fermare tutto quanto sul nascere. Soprattutto affrontare quell'idiota del suo amico, fermare il suo piano avvertendo Shannon e portare poi via Erin, farla stare bene. Invece mi ritrovo a combattere contro i fantasmi del suo passato.
«Oggi il dottor Larsen non poteva essere presente e ho preso io i suoi appuntamenti. Tranquillo, sono autorizzato e specializzato. Ho studiato anche per questo e ancora nessuno si è lamentato. Ho le mani delicate anche se non sembra.»
Lo lascio fare senza ribattere. Voglio solo che mi dica che sta andando tutto bene. Non mi interessano le sue battute o i tentativi di fare amicizia. Io e lui non possiamo essere amici.
I suoi occhi scuri si sollevano dalla spalla ai miei. «Nervoso?», domanda togliendomi il tutore e aiutandomi a fare lo stesso con la camicia. L'unica cosa che riesco ad indossare insieme ad una canottiera.
Sono nervoso? Be', in parte ma non per il motivo che crede.
«Una cosa del genere. Puoi dirmi se le escoriazioni e le bruciature stanno guarendo?»
Controlla meticoloso togliendo le bende. Posa anche le dita sulla cicatrice che ho sulla fronte.
«Si, continua a mettere le pomate e a tenere fasciata la zona per evitare il contatto diretto con sostanze che potrebbero irritarti la pelle. Per quanto riguarda il polso e la spalla, adesso controlliamo come sta andando», dice sfiorandomi il polso.
Il dolore che mi investe non riesco a trattenerlo. Stringo i denti ma dalla mia bocca sfugge lo stesso un lamento. Distolgo lo sguardo concentrandomi su qualcos'altro. Ignorare i suoi tatuaggi che si intravedono sotto il camice è davvero difficile.
Shannon mi fa una lastra facendomi entrare dentro una stanza dandomi vari comandi su cosa fare e come sistemarmi con molta professionalità, più dell'altro dottore, ammetto.
Alla fine, ritorno nella ambulatorio, quello più spazioso degli altri, sedendomi sul bordo del lettino coperto da uno strato di carta usa e getta. L'odore del disinfettante e quasi nauseante.
Shannon controlla le vecchie radiografie comparandole con le nuove appena comparse sullo schermo del computer posto sulla scrivania bianca.
«La buona notizia è che la spalla è in fase di guarigione e tra qualche giorno riuscirai a muovere bene i muscoli e il braccio», inizia appuntando qualcosa su un foglio della cartella che apre inserendo il mio nome e i miei dati.
Mi agito dentro. «E la brutta notizia?»
Si volta a guardarmi senza espressione. «Tenere dentro il dolore che senti senza mostrarlo mi fa ricordare molto Erin. Lei è sempre stata così, trattiene e quando scoppia fa dei grossi danni. La brutta notizia è che se il polso non guarisce dobbiamo operarlo, non so se lo noti ma qui c'è una piccola frattura. Ti toccherà tenere il tutore adatto se proprio non vuoi portare il gesso.»
Questa notizia proprio non ci voleva. «Che cosa dovrei fare? Mi sembra ovvio che non porterò il gesso.»
«Come ti ho appena detto, ti consiglio di mettere il tutore e di non sforzare in alcun modo la mano e le dita. Devi tenerla a riposo, lasciare che si calcifichi l'osso. Sei fortunato ad avere ancora tutti i tendini interi ma ci vorranno sei settimane circa. Dovrai iniziare a fare la terapia per sbloccare bene il braccio ma puoi già piegare il gomito ed è positivo. Hai preso gli antidolorifici prescritti?»
«No, non ne ho avuto bisogno e per il lavoro che faccio non posso prendere determinate sostante o mi sospendono. È già tanto che prendo qualcosa per sedare il mal di testa.»
Shannon corruga la fronte. «Non ne hai avuto bisogno o sei stato distratto da non sentire dolore?», solleva l'angolo del labbro. Adesso fa dello spirito parlando con malizia.
Dove vuole andare a parare?
«Mi stai chiedendo se è andata bene con Erin?», vado dritto al punto.
Chiude la cartella tornando ad occuparsi della mia spalla. Fa una certa pressione aiutandomi a muovere piano il braccio.
«Si, come avete passato questi giorni insieme? Siete riusciti a non scannarvi?»
Ripenso a prima, alla reazione di Erin, ai suoi occhi, alle mie parole dure e incisive sulla sua anima. Mi ritraggo sentendo dolore ma lui continua. «Puoi sopportarlo?», chiede.
Annuisco. «Abbiamo appena litigato se può interessarti. Se ne è andata infuriata», rispondo a denti stretti.
Shannon ha una stranissima reazione: alza la testa di scatto.
La sua espressione non mi piace per niente. «Qualcosa non va?», chiedo, pensando che sia collegata al mio braccio.
«Perché avete litigato?», chiede invece continuando con concentrazione il suo lavoro. Nei suoi occhi adesso c'è qualcosa di diverso. Ho notato un guizzo non appena gli ho detto che abbiamo litigato e non è pura e semplice curiosità la sua.
«Perché non dimenticherà mai il tuo amico. Perché le ho chiesto di rimanere e lei ha preferito scappare, andarsi a rintanare nel suo "nido". La cosa più assurda è che quando gli ho detto che non sarà mai pronta non ha neanche avuto il coraggio di rispondere, perché sa che è vero. Ancora una volta è andata via. Inizio a pensare di dovermi fare da parte una volta e per tutte. Sono solo una crepa nel suo muro di vetro.»
«Ed è quello che vuoi? Farti da parte solo perché state avendo una crisi?»
«No, certo che no. Ma non mi dà mai certezze. Mi ha persino detto che non sa che cosa siamo perché non gliel'ho fatto capire», imito la sua voce. «Dio, è così complicata a volte», scuoto la testa. «Che cosa avrei dovuto fare per farle capire che per me stiamo insieme? Non sono di certo uno che lo dimostra con gesti melensi e plateali. E dubito che lei accetterebbe qualcosa del genere.»
Shannon mi dà un momento le spalle. Lo osservo. Alto, muscoloso e parecchio attento, come un falco. Si muove agilmente nel suo ambiente, senza mai esitare. Oggi però ha qualcosa di diverso. Appare a tratti distratto.
«Quanto era infuriata?», mi chiede con uno strano cipiglio.
So che è molto protettivo nei suoi confronti ma non potrebbe smettere per un secondo di stare dalla sua parte e darmi una risposta?
«Abbastanza da mandarmi a quel paese e sgommare con l'auto fuori dal parcheggio come una pazza», ammetto vergognandomi di averle causato una simile reazione.
Passo la mano sul viso. «Io non so più che diavolo fare. Ieri era tutto perfetto e poi oggi si alza presto e ha lo sguardo altrove. Dovevi vederla mentre mi preparava i pancake, appena mi sono avvicinato si è comportata come il suo gatto. C'è qualcosa che non va e non si tratta di certo del periodo, Erin ha proprio qualcosa che non riesce a tirare fuori, a liberarsene. Io... io non posso lasciarla un momento da sola perché i suoi pensieri si ingarbugliano in un nodo che poi non riesco più a sciogliere.»
Shannon annuisce ascoltandomi quasi con disattenzione. Mi aiuta ad indossare di nuovo i vestiti. «Erin si è lasciata andare per la prima volta con Kay. Sai questo cosa significa? Che aveva affidato tutto il suo amore, tutto il suo cuore e tutta se stessa a lui. Ci credeva davvero, altrimenti non gli avrebbe mai e poi mai permesso di avvicinarsi a lei. E lui per quasi un anno non ha fatto altro che prenderla in giro, usarla e prendersi tutto quello che voleva da lei. Alla fine ha distrutto ogni cosa. Lei ci credeva, Brad. Credeva per la prima volta in qualcosa, credeva nell'amore, e Kay le ha portato via ogni speranza di essere felice, ogni certezza. Se la vedi distante non è perché vuole tenerti lontano da lei, è perché ha paura che tu possa portarle via di nuovo la speranza che le è nata dentro quando ti ha incontrato.»
Shannon riesce a farmi ragionare più di Stan. Ha quel modo pacato e sincero di dire le cose da coinvolgermi e convincermi. Nonostante ciò, non riesco a smettere di immaginarlo insieme a lei in quel bagno. «Ma ciò non toglie che non sia pronta. Non riesce ad aprirsi. Rimane sempre chiusa nel suo mondo e spesso è una gran fatica raggiungerla, coinvolgerla. È parecchio diffidente.»
Annuisce. «Ma quando si lascia andare non ti dimostra quanto ci tiene?»
Rifletto poi confermo. Sto ripensando a quando le ho detto avrei tanto voluto essere il suo gatto e lei si è esposta baciandomi in quel modo così deciso da destabilizzarmi, oltre a farmi eccitare. Penso anche al fatto che subito dopo è tornata alla dura realtà andando nel panico e questo mi destabilizza.
Stringo le dita sul dorso del naso. «Io non so più che cosa fare. Forse devo lasciarla libera, non aspettarmi niente da lei proprio perché non sarà mai davvero libera e pronta ad avere una relazione. Sembra quasi legata ancora a quel bastardo del tuo amico e la cosa mi spaventa.»
Shannon non è d'accordo. Vedo come tenta di non scuotere la testa cacciando via qualche pensiero. «Erin è innamorata di te. Che importa se non te lo dice? Conoscendola te lo fa capire, pur nel suo modo contorto. Ma sono anche sicuro che non cambierà idea e che ti sceglierà sempre mettendoti davanti a qualsiasi cosa.»
Inarco un sopracciglio. «Ne sei così tanto sicuro? Io credo invece che se questo tuo amico sbucasse fuori da un momento all'altro presentandosi alla sua porta o qui, lei correrebbe dritta tra le sue braccia.»
Shannon sussulta. Fa una smorfia poi avvicinandosi alla scrivania beve un sorso di caffè piegandosi leggermente. «Erin è ingenua non fessa.»
«E con questo che cosa vorresti dire?»
«Che se ti ha permesso di dormire con lei, di lasciare che la toccassi... non ti lascerà neanche se arrabbiata o furiosa per tornare da lui. Si è sposato e lei non lo perdonerà mai. Sono sicuro che starà scaricando la rabbia e presto si sentirà in colpa dandosi della stupida. Erin ragiona molto, ragiona su tutto e quando vi vedrete, ti dirà che hai ragione su qualsiasi cosa tu abbia messo il dito per farle male. Lei è un casino stupendo, Brad.»
Massaggio la nuca. «Io non posso più correrle dietro. Non trovo più un modo», sospiro stanco.
«Erin ha bisogno di seguire uno schema mentale. Si dà delle regole per superare il timore di una ricaduta. Ha paura del vuoto. Ha paura di lanciarsi senza imbracatura, di non trovare una mano disposta ad afferrare forte la sua.»
«Dici? A me sembra che abbia solo paura di accogliermi nella sua vita e considerarmi una persona importante, più di quella che l'ha fatta soffrire. Questo mi fa sentire inutile, non all'altezza. Perché non vede e non si accorge con quanto impegno sto cercando di farle capire che non sono come la persona che ha distrutto il suo cuore. Non capisce che io voglio essere la persona che potrebbe rimetterglielo in sesto.»
Shannon controlla il telefono poi si appoggia alla scrivania allargandosi la cravatta. Qualcosa non va. Ha il viso pallido e gli occhi offuscati.
«Ehi, tutto ok?»
«In realtà no, c'è una cosa che devo dirti e non la prenderai bene», inizia ma prima ancora che io riesca a rispondere il mio telefono squilla. Non appena noto il numero di Samantha corrugo la fronte. «Strano», mormoro tra me lasciandolo squillare. Lei riaggancia e poi mi chiama di nuovo.
«Che cosa?», Shannon si sporge per vedere. La sua espressione adesso è meno tesa.
«Non ho mai ricevuto una chiamata o un messaggio da Samantha. Stan è al lavoro ma non c'è stato nessun incendio, altrimenti avrebbe avvisato per tenermi aggiornato o per chiedermi un consiglio su come agire. C'è solo un motivo se mi sta chiamando proprio adesso...», dico corrugando sempre di più la fronte.
Io e Shannon ci guardiamo per un apparente e lungo lasso di tempo.
«Erin», diciamo all'unisono.
Prendo subito la chiamata con il cuore in gola. «Pronto?»
All'inizio c'è uno strano silenzio poi sento anche se non bene proprio la voce di Erin. È come un pugno sul petto perché è strana, spezzata, spaventata e stridula.
Shannon si avvicina con sguardo glaciale e inserisco il vivavoce ascoltando con lui la conversazione dopo avere spento il microfono, intuendo quello che sta facendo Sammy. Per un momento sono attraversato dalla voglia di riagganciare, non sentire la loro conversazione ma la curiosità ha la meglio su di me. C'è una ragione se Samantha vuole farmi sentire quello che le sta dicendo.
Shannon aggrotta le sopracciglia passando una mano sulla fronte poi sul mento. Mi guarda un attimo ma non dice niente. Eppure penso che sia tormentato da qualcosa di importante. Che riguardi proprio Erin?
Rimaniamo in ascolto sentendo Erin sfogarsi con la sua amica, ignara del tradimento di questa. Samantha, le fa delle domande specifiche e lei replica dapprima con poca convinzione poi man mano sempre più decisa, raccontando alla sua amica come sono andate le cose quel giorno.
E non appena sento la storia, mi si attorciglia lo stomaco. Il mio cuore inizia a battere frenetico e metto la mano sulla testa camminando come un animale pericoloso e in gabbia da una parte all'altra, per quanto mi sia consentito dall'ambiente che vedo restringersi ai miei occhi. Avanti e indietro, avanti e indietro, continuo così, fino a quando non la sento sospirare, la voce spezzata dall'emozione. Quelle pause tra una parola e l'altra abbastanza lunghe da farmi impazzire.
Poi però qualcosa va storto e scopre tutto. In breve la chiamata viene interrotta.
Io e Shannon fissiamo lo schermo del telefono. All'inizio nessuno dei due riesce a dire niente. Siamo entrambi frastornati. Io più di lui perché ho sentito per la prima volta quello che le è successo.
«Merda!»
Provo a richiamare Samantha ma non mi risponde. Riprovo un'altra volta agitandomi maggiormente quando scatta la segreteria. Che diavolo sta succedendo?
«Devo andare subito da lei», dico guardandomi intorno con un forte senso di protezione nei confronti di Erin. Un'amica non dovrebbe mai fare una cosa del genere, neanche per fare sentire quello che non riesce a dire ma che pensa e prova per la persona con cui cerca di stare, seppur con alti e bassi.
Come quando ha detto che è innamorata ma che non me lo dice perché ha paura di deludermi, perché rovina sempre tutto. Qui avrei potuto anche rispondere e farle capire che dovrebbe parlarne con me e non con altre persone. Che possiamo affrontare l'argomento e risolvere il problema insieme.
Richiamo Samantha. Riaggancia un'altra volta. Mi agito. «Cazzo!», ringhio.
Shannon si toglie il camice raccogliendo le sue cose dopo avere guardato l'orologio che ha al polso e controllato sul taccuino i suoi appuntamenti.
«Andiamo, ti accompagno io lì. Non puoi guidare e non hai neanche un passaggio. Per oggi ho finito qui in ospedale e posso provare a parlare con lei se me lo permetti.»
Lo fermo ripensando alla sua espressione sconcertata, quella che aveva prima della chiamata. «Che cosa dovevi dirmi?»
«Non è importante al momento e non riguarda la tua spalla. Non so come prenderai la notizia ma... andiamo!»
Lo seguo fuori dalla stanza, attraverso il corridoio dove striscia il suo cartellino e insieme percorriamo il corridoio silenzioso avviandoci all'uscita dell'ospedale.
«Riprova», mi dice agitato.
«Posso chiamare lei e non l'amica che l'ha appena tradita.»
Annuisce aprendo le portiere dell'auto con il telecomando che pesca dalla ventiquattrore. Entro sedendomi sul lato del passeggero mentre lui prende il volante tenendolo stretto una manciata di secondi.
C'è qualcosa che sta tacendo e lo preoccupa.
Erin non risponde alle quattro chiamate che le faccio e mano a mano che ci avviciniamo alla pasticceria, sento come un vuoto alla bocca dello stomaco. Ho come la sensazione che stia per succedere qualcosa ma non trovo alcuna risposta dentro di me. L'ultima volta la sensazione si è rivelata veritiera. Spero di sbagliarmi.
«Niente?», chiede nervoso e ansioso, guardando dallo specchietto retrovisore.
Perché si comporta così?
«No, cazzo!», stringo i denti.
I minuti passano mentre attraversiamo svelti l'autostrada.
«Come stai?», chiede, forse per fare conversazione.
Come sto? Non lo so. Non riesco a capire come mi sento. So solo che adesso non ho più una certezza. Non posso fare affidamento su niente e nessuno.
«Sto pensando, troppo. E ogni minuto che passo lontano da lei va sempre peggio.»
Mette la freccia svoltando piano a destra lungo una strada trafficata, piena di lampioni e alberi. Stiamo arrivando nella zona dove si trova la pasticceria. Da lontano intravedo il negozio di fiori.
«A che cosa stai pensando?»
Erin non capirà mai che non voglio farle del male e che piuttosto preferisco farne a me stesso, alla mia anima divisa a metà.
Non sa che quando amo, amo totalmente, senza mezze misure o termini di paragone, perché nessuno le ha mai dimostrato di potersi fidare senza premesse.
So per primo che l'amore può fare male perché spesso sa essere un sentimento letale. Ma so anche che è un meccanismo del tutto involontario, proprio come lo è il cuore. E il mio, non ha ancora smesso di battere. Non ha perso il ritmo, il frastuono che mi ha causato con uno solo dei suoi sguardi. E so che non posso rinunciare a tutto questo.
«Non posso svegliarmi e avere l'ansia addosso di non trovarla accanto a me perché dormire abbracciati la fa sentire catapultata indietro nel tempo. Non posso neanche obbligarla a vedermi tutti i giorni. Non posso fare niente per risollevarle un po' il morale perché è profondamente triste. Io non so di preciso come passava le sue giornate con lui, se la rendeva davvero felice o se la faceva sentire al sicuro. So solo che non sta andando avanti. Si è bloccata, si è fermata a quel giorno mandando la sua vita a puttane e sento che se non facciamo qualcosa, lei non uscirà mai più da quell'incubo.»
«Forse è arrivato il momento che tu le dica che avrai cura di lei con o senza il suo permesso.»
Guardo fuori dal finestrino per non impazzire. Inizia a fare caldo qui dentro l'abitacolo. Mi agito sul posto. «Mi stai suggerendo di prendere in mano la situazione ed essere più testardo e forte di lei? Prendere al posto suo le decisioni e obbligarla?»
Apre una scatola di caramelle mettendone una in bocca più che nervoso. Me le offre e ne prendo anch'io una togliendomi dalla bocca il sapore amaro.
«Esatto. Usa la forza ma fallo in modo dolce. Erin ha bisogno di presenze nella sua vita e tu ti stai rivelando un degno avversario contro ogni sua paranoia o pronostico. Fidati, è stata una sorpresa anche per lei conoscerti e amarti.»
Guarda lo schermo del mio telefono. «Ancora niente?»
Nego. Stringe la presa sul volante poi posteggia malamente di fianco al negozio e usciamo come due pazzi svoltando all'incrocio in cui si trova, trovando la saracinesca abbassata.
Shannon mette subito le mani sulla testa prima di controllare all'interno, non dandosi per vinto. Bussa persino, chiama Samantha, ma nessuno viene ad aprire.
Riprovo allora a chiamarla. È l'unica possibilità che abbiamo di capire che cosa sta succedendo.
«Pronto?», singhiozza. La voce rotta dal pianto.
«Samantha, dov'è Erin?», rispondo senza perdermi in chiacchiere.
«Non lo so», replica fredda tirando su con il naso.
Il sangue mi sale dritto al cervello. «Che diavolo significa che non lo sai?», sbotto adirato. «Non dirmi che...»
«È andata via non appena si è accorta che stavi ascoltando, Brad. Non l'ho mai vista così furiosa in nove anni di amicizia. Era proprio fuori controllo», tira su con il naso. «Mi dispiace tanto.»
«Non devi dirlo a me che ti dispiace, devi dirlo a lei, non credi? Come diavolo ti è passato per la testa?», sbotto. «So che avevi buone intenzioni ma non avresti dovuto farlo.»
Shannon mi guarda di sbieco e con rimprovero e mi ricompongo. «Sai dove può essere andata?», chiedo frenando ogni istinto e usando un tono di voce più dolce.
«No. È proprio questo il problema con Erin. Non sai mai dove andrà.»
Chiudo per un momento gli occhi. «Ok, se la vedi o se ti risponde avvisami subito.»
Shannon, quando riaggancio, cerca una spiegazione e una soluzione.
«Samantha non sa dove si trova Erin.»
Strabuzza gli occhi entrando in fretta in auto. Lo seguo a ruota non sapendo che altro fare.
«Che diavolo significa che non sa dove si trova?», alza il tono. «Avrebbe dovuto seguirla, non lasciarla andare. È stata lei a creare questo casino.»
«A quanto pare, Erin, non appena ha visto la chiamata ha dato di matto ed è scappata dalla pasticceria», dentro di me sale ancora una volta la preoccupazione. «Sai dove potrebbe essere andata?»
Per un lungo minuto non risponde cercando di prendere le strade meno trafficate che conosce. «Potrebbe essere da qualsiasi parte ma se Samantha non ne ha idea significa solo una cosa: o è andata dritta a casa a sfogare la sua furia oppure è diretta in qualche bar e questa cosa mi allarma parecchio.»
Mordo l'interno guancia. «Qual è il tuo piano?»
Apre il finestrino agitandosi sul sedile poi allarga un po' la cintura e suona persino il clacson quando un cretino con lo skateboard e le cuffie ci taglia la strada.
«Controlliamo a casa sua. Se non c'è tu rimani lì mentre io passo al setaccio i bar del circondario dopo avere chiesto a qualche vicino se ha notato qualcosa. Se l'auto è posteggiata significa che aveva bisogno di camminare, quindi di smaltire tutto l'alcol dopo una sbronza colossale. Non pensa mai che per strada potrebbe trovare qualche malintenzionato.»
La conosce bene. Mi sento di troppo in questo momento. Stringo il pugno. Se le succede qualcosa non me lo perdonerò mai. «Posso andare io a controllare. Tu non conosci la zona e i locali...»
Sta già negando. «Se ti vede proprio adesso che ha bisogno di non pensare e di non sentirsi stupida, reagirà male. Devi aspettarla qui a casa e avvertirmi se rientra prima del mio ritorno. Al resto penso io.»
«E se invece la troviamo a casa che cosa succede?»
Mi guarda un momento prendendo fiato. «Preparati a vederla furiosa, intrattabile e parecchio aggressiva.»
«Dimmi qualcosa che già non so», brontolo.
Deglutisco scendendo dall'auto con il cuore martellante nel petto e i passi pesanti quando ci fermiamo davanti il cancello che è aperto. Corro a controllare. L'auto è posteggiata malamente sul vialetto. Busso alla porta ma non risponde nessuno e dall'interno non proviene alcun rumore a parte "Ness" che spunta dalla vetrata guardandomi imperscrutabile.
Shannon scende dall'auto con una chiave. Me la porge. «Dovevo restituirgliela ma ne tiene sempre un paio di riserva e mi ha chiesto di nasconderla per lei. Aspettala in casa e qualunque cosa lei ti dica o faccia se dovesse rientrare, non fermarla e non replicare ferendola. Quello che voglio ora è solo che stia bene e sia di nuovo in sé, il resto non conta.»
Toglie la giacca lanciandola sul sedile posteriore della sua auto, arrotola le maniche della camicia fino agli avambracci pieni di tatuaggi, toglie la cravatta con una smorfia guardando tutto il quartiere.
Ha di nuovo quell'espressione ma stavolta si sta guardando intorno con fare circospetto. «Bene, dobbiamo trovarla il prima possibile.»
Spalanco gli occhi, sorpreso dal tono di voce che ha appena usato. «Perché?», chiedo spiegazioni.
«Perché come ti ho detto prima... abbiamo un problema più grosso adesso a cui pensare e l'ultima cosa che voglio è che Erin lo sappia.»
Mi agito. «Cioè?»
«Kay è qui a Seattle!»

🖤

Come crepe sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora