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ERIN

Non sempre le cose vanno come programmi o come speri. È assurdo come in un attimo tutto quanto possa essere spazzato via lasciandoti tra le mani solo un pugno di polvere, pronta a volare e a perdersi nel vento in un soffio.
Parlano tutti del primo amore ma non parlano mai del secondo o del terzo quando arriva, ti travolge e poi svanisce di punto in bianco. Non parlano delle volte in cui si perde un amore, del dolore che ti rimane addosso per giorni, mesi e forse anche anni. Un dolore che non dà spazio ad altro.
Da quel giorno, quello in cui mi ha lasciato andare, per me è stato un supplizio. Non dormo bene e se devo proprio chiudere gli occhi lo faccio sul divano perché il letto è vuoto senza di lui. E quando dormo per più di un'ora mi sveglio di scatto con il sorriso che presto muore sulle labbra, perché penso subito a quello che è successo e mi si stringe il cuore così tanto da fare male. Lo rivivo tutte le volte che chiudo gli occhi o mi fermo a pensare, l'istante in cui il mio cuore ha fatto un rumore atroce. E ogni singola volta, è sempre peggio. Non mangio più come si deve perché lo stomaco si rifiuta di tenere dentro qualcosa di solido. Mento sui miei rari spostamenti che, quasi sempre sono in direzione del parco o della spiaggia. Non rido. Parlo poco. Me ne sto in silenzio e da sola perché non sono di compagnia.
Non faccio altro che contare i minuti che separano il giorno dalla notte e perdermi nell'incessante ticchettio dell'orologio che distrugge la mia mente nell'attesa che lui ritorni da me. Ma più il tempo passa, più perdo la speranza. Perché forse lui non tornerà più.
Nessuno ti insegna a sopravvivere all'amore. Non esiste una guida, un foglietto con le istruzioni. Devi farlo da sola accettando le cadute, le ferite, le sconfitte. Ti tocca andare avanti con la paura e la speranza nel petto, i pugni stretti in vita e i denti serrati. Ti tocca andare avanti da sola, in compagnia della tua anima rotta e triste. Ma non si muore, o almeno lo spero, perché il dolore che continuo a sentire non fa altro che crescere.
E vorrei spegnermi, premere un interruttore e svanire. Vorrei cambiare tutto, magari tornare indietro. Ma non posso farlo. Non posso rimediare o ricucire lo strappo nel cuore di Bradley, non se non è lui a volerlo. Posso solo continuare ad aspettarlo e nel frattempo tentare di andare avanti.
Nella vita si impara a soffrire. La verità è che diamo tutto per scontato fino a quando quel tutto che abbiamo non si trasforma in un niente sotto gli occhi.
Stavo iniziando a crederci, a credere nel per sempre. Stavo iniziando a sciogliermi, a liberarmi dalla paura. Sapevo che prima o poi qualcosa sarebbe arrivato e avrebbe spezzato ogni equilibrio. Lo sapevo. Eppure non ho fatto niente per proteggermi e mi sono spezzata un'altra volta.
Bussano alla porta. Un colpetto innocuo, quasi attutito dal rumore proveniente dal giardino dei vicini.
Poso il sudoku che ho iniziato circa un'ora fa, abbasso il volume della tv a farmi compagnia e vado ad aprire trascinandomi dietro il plaid come se fosse un mantello, con addosso il mio pigiama a tuta della Disney e le ciabatte pelose grigie.
Apro l'uscio e notando Sammy la faccio entrare tornando a sedermi sul divano.
Incurante del caos che non ha mai trovato in casa mia, ma che da giorni fa parte della mia vita, fa un po' di spazio sul tavolo basso dove si sono accumulati giornali, libri e petali appassiti che, non ho avuto il coraggio di gettare perché mi ricordano ancora un pezzo di felicità che ho sfiorato per un soffio prima di perdere tutto e piombare nella tristezza.
Sammy posa sulla superficie la borsa con il pranzo, iniziando a sistemare sul tavolo i vari contenitori di carta bianchi con il logo di un'aragosta con un tovagliolo attorno al collo con la scritta del locale al centro e tra le chele una forchetta e un coltello.
Da quanto non mangio? Da ieri o forse da due giorni?
La vista degli involtini di pesce mi fa torcere le viscere quando apre il primo coperchio.
«Non ti dispiacerà mangiare con la tua amica», dice senza guardarmi.
Per fortuna non nota la mia faccia allarmata dal quantitativo di cibo che sta mettendo nei piatti.
«No», replico prendendo il mio quando me lo porge distratta da qualcosa.
Sammy mangia in silenzio per qualche minuto. Io, non riesco nemmeno ad iniziare, pertanto rigiro la forchetta nel riso facendo finta di mangiare.
«Stan, vuole andare a Parigi, io a Vienna», brontola di punto in bianco. «Non riusciamo a trovare un accordo. Però mi ha dato il potere di decidere su tutto il resto riguardo il ricevimento, i fiori... che strano, perché penso di avere dimenticato qualcosa...»
Poso il piatto allontanando un po' l'odore del cibo dalle mie narici sensibili, per bere un sorso d'acqua. «Andate in agenzia e richiedete un itinerario per visitare sia Parigi che Vienna. In questo modo sarete contenti entrambi.»
Non sono poi così interessata e anzi, il fatto che lei stia organizzando il matrimonio senza neanche accorgersi di come mi sento, mi fa stare peggio, perché mi fa ripensare a tutte le volte in cui io e Bradley ne abbiamo parlato e, quasi sempre abbiamo discusso a causa della mia posizione inamovibile. Forse avrei dovuto accettare, ma ho solo avuto paura di perderlo. E, alla fine non l'ho perso lo stesso?
Pertanto sto zitta, incasso e aiuto la mia amica, mi comporto da adulta, proprio come ho fatto per un mese da quando non sto più con Bradley, l'uomo che amo e che mi manca.
Sammy azzanna un pezzo di salmone voracemente. «Hai proprio ragione», biascica. «Come ho fatto a non pensarci anch'io? Gliene parlerò quando torna questa sera. Sono sicura che accetterà il compromesso come quello per la band.»
Riprendo il piatto per non farla preoccupare, e per non destare sospetti infilzo un involtino di salmone e avocado.
Sammy beve gli ultimi rimasugli della bibita creando con la cannuccia un rumore snervante.
Mugola. «Meglio rose o tulipani?»
Allontano la forchetta con il cibo dalle labbra sentendo la nausea raggiungermi. Prendo un breve respiro. «Tu che cosa preferisci?»
Mastica lentamente per un lungo momento. «Rose rosse», posa il piatto voltandosi e io poso in riflesso il mio prendendo il bicchiere pieno di Coca-Cola che, alle mie papille gustative intorpidite ha un sapore troppo dolce, ma mi terrà sveglia.
Sammy si accorge distrattamente che non ho mangiato, ma attualmente ha altro a cui pensare ed è così altrove da non commentare.
«Tulle rosso o raso rosso?», chiede sollevando due pezzi di stoffa dalla borsa per mostrarmeli. «Oppure rosa? No, non sarebbe da me il rosa.»
«Preferisci il tulle o il raso?»
Fa una smorfia. Fruga ancora dentro la borsa e pescando un taccuino annota tutto senza più farmi delle domande sulla scelta della carta, della disposizione dei tavoli. In fondo, non è il mio matrimonio.
Ormai va avanti così. Non sa niente di me perché troppo impegnata ad organizzare il suo grande giorno. Come posso pensare male di lei o essere arrabbiata, se sono felice che almeno una delle due sta andando avanti?
Sospiro e alzandomi tolgo tutto dal tavolo basso per distrarmi, mentre lei parla da sola continuando a scrivere e a fare i conti con il telefono in mano.
Torno sul divano sistemando la coperta sulle gambe. "Ness", meno arrabbiato per avere perso un amico, si avvicina cercando le mie carezze. Lascio che si sieda in grembo e liscio il suo manto morbido facendolo miagolare e fare le fusa.
Sammy, distoglie un momento gli occhi dal foglio sulla quale ha annotato molte cose negli ultimi cinque minuti e torna ai suoi calcoli prima di allontanare tutto come se si fosse bruciata. Fissa "Ness", poi me e poi di nuovo lui.
«Dio, mi dispiace tanto!», esclama. «Sono un'amica orribile», nasconde la borsa dietro il divano ma ormai è tardi. È un mese che andiamo avanti così. Lei che chiede consigli e io come un robot rispondo soddisfacendo ogni suo dubbio o bisogno.
Sto cercando in tutti i modi di concentrarmi. Ma concentrarsi non significa distrarsi, significa trovare un modo per sopportare il dolore. Eppure, se mi concentro sui miei pensieri sento il frastuono causato dal dolore e questo, non si allontana. Se mi concentro su me stessa, sento dolore dentro le ossa. Se mi concentro sui miei battiti, sento dolore al cuore. Perché il dolore si è impossessato di me e non andrà più via. Lo so. So che sarà difficile combattere con questo sentimento così forte, così distruttivo.
Sospiro. La verità è che non so più come salvarmi.
"Ness" guarda male Sammy e lei abbassa gli occhi sulla mia mano dove non c'è più nessun segno d'inchiostro. Forse non lo vede, visto che la ritraggo istintivamente sotto la coperta.
«Erin, perché non mi dici che cosa sta succedendo?»
Guardo fuori dalla finestra. «Non sta succedendo niente, sto bene come puoi vedere. Hai ancora qualche dubbio sui tovaglioli?»
I suoi occhi saettano ovunque posandosi sul cibo che non ho toccato. Spalanca le palpebre e per poco gli occhi non le escono dalle orbite.
«Da quanto non mangi?»
«Ieri mattina, forse. Ma non ho fame oggi. Ordinerò una pizza più tardi quindi se vuoi fermarti a cena, aggiungerò anche il gelato all'ordinazione. Non preoccuparti», dico senza emozione.
Un'altra menzogna per eludere la vera domanda che so che a breve arriverà.
Sospira prendendomi la mano, tirandola fuori dalla coperta. Nota che non c'è più nessun segno e sussulta intuendo di essersi persa proprio tutto. Sono solo quattro settimane piene, in cui si è fatta viva per chiedermi di scegliere al posto suo qualcosa o per sfogarsi a causa dei tentativi di sabotaggio da parte di Stan che, a quanto pare non approva molte delle scelte della mia amica.
«Tu e Bradley non state più insieme?»
Fisso il vaso con i fiori secchi. Mi verrebbe voglia di prenderlo e lanciarlo contro la parete ma sarebbe come schiantare al muro quello che è rimasto di una bella giornata passata insieme e iniziata proprio con un regalo: un mazzo di fiori. Ma non mi muovo. Non mi comporto da pazza. Sento solo un vuoto. Come quando sogni di cadere e ti svegli con quella sensazione di paura addosso.
«No», sussurro.
Ammetterlo per la prima volta ad alta voce fa male. Fa così male da togliermi il respiro. E fa paura, paura di avere toccato il fondo un'altra volta.
Sammy posa una mano sul petto massaggiandolo. «Stan mi ha detto che è in viaggio per affari di famiglia non mi ha detto che...»
Affari... di famiglia?
Il sangue mi arriva dritto al cervello. In un attimo sono più lucida che mai e fermo Sammy prima che lei possa continuare. Per poco non balzo in piedi e faccio il gesto che da giorni immagino, afferrare il collo del vaso e lanciarlo, romperlo e sentire il rumore simile al mio cuore quando si è spezzato.
«Che mi ha chiesto del tempo perché non sa se vuole accanto una donna sterile che non sarà mai sua moglie?», alzo il tono della voce e fuori dagli occhi escono le lacrime che scappano veloci dal mio viso. Le asciugo in fretta vergognandomi, tiro su con il naso e poi mi alzo, apro il frigo e prendo una bottiglia d'acqua fredda bevendone un sorso dietro l'altro per attutire questa sete che non mi dà tregua.
La mia amica se ne sta immobile e sconvolta sul divano. La sua prima reazione è quella di seguirmi con gli occhi e poi voltarsi, la mano ancora nel petto e l'espressione di una che prova compassione.
«Erin, perché non me l'hai detto?»
«Perché sei impegnata a realizzare il tuo sogno ed io... io non voglio distrarti con i miei problemi. Hai una vita e devi... viverla.»
Sammy si alza dal divano correndo verso di me, afferra le mie braccia stringendo la presa su di esse prima di scuotermi. «Avresti dovuto dirmi che Bradley non era solo in viaggio per affari. Erin, da quanto ci conosciamo? Sono dieci anni che siamo amiche e non puoi pensare solo al bene degli altri per ignorare il tuo. Per un attimo smettila e pensa a te stessa, a quello che vuoi. Dio, mi sento un'amica orribile. Come diavolo ho fatto a non rendermene conto? Come ho fatto a permetterti di dissolverti lentamente?»
Mi abbraccia dispiaciuta, con il senso di colpa che alimenta nei suoi occhi la delusione, la tristezza e la rabbia.
L'allontano. «Sto bene, davvero non è niente. Hai trovato la location?»
I suoi occhi si fanno lucidi, più di prima. «Non puoi pensare che voglia parlare del matrimonio dopo avere saputo che la mia amica è stata...»
«Trattata male dopo avere fatto di tutto? Essere lasciata perché incapace come donna?», singhiozzo allontanandomi, appoggiandomi al lavandino. Alzo il viso verso il tetto. Inspiro ed espiro stringendo la presa per calmarmi.
«Non preoccuparti. Passerà. Adesso devi occuparti del tuo futuro. Il tuo matrimonio è più importante di una delusione. Dimmi come posso aiutarti, che cosa ti serve? Posso darti una mano con le bomboniere o...»
Sammy storce le labbra guardandosi davvero intorno. E, mano a mano che i suoi occhi si posano su ogni oggetto mancante, li spalanca fino a tapparsi la bocca, a posare la mano sul cuore.
«Sei andata a lavorare?»
Torno sul divano. Mi sento stanca. «No. Mi sono licenziata.»
«Che cosa? Ma tu ami...», la voce le si spegne sull'ultima parola, quando prende maggiore consapevolezza. «I tuoi bambini.»
«Non potevo farcela, Sammy. Ho provato ma più volte sono scappata nel panico nel bagno a piangere. Alla fine ho chiesto dei giorni e dopo, quando mi sono accorta di non essere pronta, ho mandato le mie dimissioni. Stare lì mi faceva pensare troppo a lui, risentivo le sue parole e non potevo. Io... non potevo continuare a soffrire o a fingere di stare bene in mezzo a tutti quei bambini. Lasciarli mi è costato tanto cuore e non è stato facile convincere il preside che non era perché in un'altra scuola mi avrebbero pagato di più.»
La mia amica mi guarda come si guarda il cucciolo più piccolo e ferito. «Quindi ti sei licenziata?»
«Si, ho dei soldi messi da parte. A quanto pare anche un fondo che posso usare quando voglio. Non sarà un problema per me tirare avanti. Stavo anche pensando di andare a trovare la mia famiglia, per cambiare aria e per sentirmi a casa.»
Tira su con il naso martoriandosi le mani. «E che cosa hai fatto per tutto questo tempo?»
Alzo le spalle. «Sono stata qui, al parco, in spiaggia.»
Indietreggia andando a sbattere contro il ripiano. «Erin...»
Mi piego sulle ginocchia posando il viso tra le mani. «Mi dispiace, io... avrei dovuto dirtelo ma... non potevo. Avresti fatto pressione, mi avresti chiesto di venire a lavorare per te o a dormire da te per stare insieme e... l'unica cosa che attualmente voglio e stare qui. Troverò qualcosa, non sarà difficile sfruttare anni di esperienza e una laurea.»
Si avvicina sedendosi di nuovo sul divano. Prova a posare la mano sulla mia poi se dapprima indugia, alla fine rinuncia.
«Come fai?»
«Non lo so. Sono talmente abituata alle delusioni e al dolore da non sentire più un cazzo. La cosa inizia a spaventarmi.»
Singhiozza. «Mio Dio, Erin, perché non ti sei fidata di me? Perché mi hai tenuta lontana da tutto questo?»
Mi rannicchio. «Non avresti capito che ho bisogno di non pensarci. Ma continui a farmici pensare ogni giorno quando vieni e mi parli di lui perché Stan ti ha detto qualcosa. Almeno so che sta bene o meglio, dopo avere distrutto... me.»
Mi abbraccia forte cogliendoci alla sprovvista.
L'allontano. «Adesso puoi lasciarmi sola?»
Batte le palpebre guardandosi intorno smarrita e confusa. «Non volevo ferirti, sappilo. Mi dispiace tanto.»
Annuisco. «Lo so. Ho solo bisogno di dormire un po'.»
«Hai un letto...»
Scoppio in singhiozzi e lei si sente maggiormente in colpa.
«Sarò sola e non voglio svegliarmi e rendermi conto che se ne è andato con una scusa, senza cercarmi o farmi sapere che sta meglio, che sta superando la sua perdita. Adesso forse tocca a me andare avanti.»
Apre e richiude la bocca. «Starai bene?»
«Si, devo solo dormire un po'.»
«Domani ti va di venire in laboratorio?»
«Vedremo. Forse organizzerò il mio viaggio. Ho bisogno di andarmene per un po'.»
Annuisce e con sguardo grave si avvia alla porta. «Non mi lascerai sola, vero?»
«No, andrò solo a trovare la mia famiglia. È da un po' che non vedo i miei nonni e mia madre.»
Stringe la presa sulla maniglia della porta. «Sai che ti voglio bene?»
«Anch'io te ne voglio. E scegli la torta che preferisci perché è il giorno del tuo matrimonio non quello degli altri, ma il tuo.»
Singhiozza uscendo di casa con la mano a tapparsi la bocca e io girandomi verso lo schienale del divano mi rannicchio e piango fino ad addormentarmi.

Come crepe sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora