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BRADLEY

Sin dal primo istante ho avuto timore di entrare nella sua vita, di domandargli del suo passato, di farmi raccontare del suo dolore, delle cose che l'hanno segnata, cambiata dentro ma allo stesso tempo, fatta crescere. Sin dal primo istante mi sono sentito un estraneo pronto a strapparle un sorriso, a farle vivere un giorno diverso prima del suo ritorno alla realtà.
Adesso che è qui accanto a me, mi rendo conto, che ci sono cose che non riusciamo a dire, a nascondere, a tacere. Ci sono cose che non riusciamo ad esternare per paura di non essere capiti. E se Erin non riuscisse mai ad aprirsi del tutto con me? Che cosa le è passato per la testa mentre mi parlava o prima di addormentarsi? Che cosa ha provato davvero?
Anche se cerco di aiutarla, di farla sentire protetta, so già che non servirà a niente di fronte ai suoi ricordi, a tutto ciò che c'è stato prima del mio arrivo. Forse non sarò mai abbastanza, forse finirò per essere come gli altri: dimenticato, abbandonato. Eppure mi rifiuto di continuare a pensare che possa anche solo lasciarmi per una persona che non ha fatto altro che ferirla. Lo farò finché avrò amore per entrambi.
Ormai da ore, continuo a fissare il tetto di questa bellissima e accogliente casa silenziosa, abitata da una ragazza con problemi di fiducia ma, dalla forza interiore degna di una leonessa.
La mia mano, di tanto in tanto, si posa lungo la sua schiena esposta e, in parte anche coperta dal lenzuolo che le si avvolge lungo i fianchi. Se ne sta a pancia in giù, un ginocchio sollevato e le braccia intorno al cuscino che stringe come se si stesse aggrappando a qualcosa per non cadere, il viso dall'altra parte e i capelli sparpagliati.
Mi volto e osservo, grazie alla luce proveniente dalla finestra, la sua schiena abbassarsi e alzarsi lentamente.
Sorrido passando ancora una volta il dito medio lungo la sua spina dorsale ma, a differenza delle altre volte in cui l'ho fatto senza svegliarla, nel momento in cui si muove, spero proprio che si svegli e sedi un po' dei pensieri che mi circolano dentro la testa da diverse ore alimentando i punti di domanda.
Il suo modo di parlare, di muoversi, di giocare con quello sguardo in grado di intrappolare chiunque in una tela spaventosamente eccitante, mi distrae da tutto il resto quando si sveglia.
Dovrei prendere di nuovo l'argomento, parlarle a cuore aperto, farle capire che so come si sente e che le darò tutto il tempo che le serve per calmarsi, per stare bene.
Vederla così triste, nonostante il sorriso che sfoggia come scudo, mi fa stare male. Non sopporto di vederla soffrire, soprattutto sapendo che tutto questo è a causa di un altro.
Sin dal primo istante ho cercato in ogni modo di non guardarla davvero, di non sprofondare nei suoi occhi e perdermi. Ma, alla fine ho ceduto e ho visto la bellezza unica e fragile di una ragazza con un bisogno enorme di amore e attenzioni. Nel suo sguardo, ho trovato il mio rifugio preferito e per la prima volta in tutta la mia vita mi sono sentito meno solo, capito, amato. Adesso continuo a guardarla come si guarda l'ultimo tramonto della propria vita, con un battito in sospeso, con il respiro mozzato, con i muscoli tesi e la meraviglia dentro.
La guardo perché non riesco proprio a smettere di farlo. I capelli in disordine, le labbra con qualche piccolo solco simile ad un graffio dovuto ai morsi, ma gonfie e pronte ad accogliere le mie, il viso pallido e liscio.
Vorrei dirle che è bella anche quando la tristezza si palesa sul suo viso nascondendosi dietro un sorriso. Vorrei dirle che ci sono, che non vado da nessuna parte, ma non posso comandare un cuore che sa già per chi o per cosa battere.
«Che cosa ti succede?», chiede riportandomi indietro con la sua voce assonnata e pacata. È quasi rimasta senza dopo le urla lanciate contro quel bastardo.
Mi stendo e le sfioro la guancia che, sotto i polpastrelli, sento prenderle fuoco. Non riesco a rispondere e me ne sto zitto.
Lei si stende su un fianco muovendosi in fretta, quasi volesse trovare la giusta posizione per tornare a dormire.
Mi avvicino sfiorandole il braccio. La sua pelle si solleva e lei si allunga come un gatto pronto a fare le fusa.
«Perché sei sveglio? Non per guardarmi mentre dormo, spero», mugugna con il viso affondato sul cuscino. «Sarebbe inquietante.»
La mia mano si sposta sul suo ventre. Lei risucchia l'aria dalla pancia sollevando dapprima un po' la testa, poi toglie la mia mano e alzandosi a metà busto lega i capelli, si volta, mi guarda un momento con occhi assonnati e poi ritorna nel suo angolo comodo del letto. Prima però afferra la mia mano posandola insieme alla sua sul ventre, accarezzandomi dapprima il dorso poi le dita lentamente. «Parlami, spiegami che ti succede», dice ad occhi chiusi.
Mi avvicino aderendo con il petto alla sua schiena. L'abbraccio e con la mano coperta dal tutore stringo l'altra che nasconde sotto il cuscino.
Le bacio la spalla. «Ti ho svegliata?»
«No», continua ad accarezzarmi la mano spostando le dita fredde verso il mio braccio. «Non dormo mai tanto e sentivo che c'era qualcosa che non andava. I tuoi pensieri fanno troppo rumore, Brad. Dimmi che cosa ti succede, a cosa pensi. Non tenere tutto dentro.»
Passo la lingua dalla sua spalla al collo risalendo fino a sotto l'orecchio dove mi fermo. Vorrei tanto dirle che mi dispiace se qualcuno l'ha ferita in passato così tanto da provocarle dei problemi nel presente. Vorrei tanto dirle che ho bisogno anch'io di sapere che cosa prova e se per me ci sarà un posto o solo un angolo nel suo cuore.
«Cosa stavi sognando?», chiedo invece.
«Era buio pesto», risponde in fretta. «Stavo dormendo e basta, non c'erano sogni, non c'erano incubi. Non c'era niente.»
Le mordo la pelle. Le sfugge un gemito che riempie la stanza.
«Vuoi dormire ancora un po'?»
«Solo se anche tu dormi con me», stringe adesso la mia mano spostandola sotto l'ombelico, a sfiorarle il bordo dell'intimo.
«Va bene», le sussurro. «Vuoi che faccia qualcosa?»
Le mie dita giocano sotto l'elastico degli slip creando piccole linee orizzontali.
Si agita. «No, tienimi stretta e dormi con me», replica con un filo di voce che le esce roco.
Noto che si morde il labbro muovendo le gambe nel tentativo di stenderle e rilassarsi. Le bacio ancora il suo punto debole per sentirla ansimare piano, quasi per non fare rumore.
«Va bene», sussurro e le mie dita scivolano dentro gli slip inseguiti dalla sua mano che si posa sul mio polso. Inarca la schiena girando il viso. «Brad, perché non riesci a dormire?», sorride anche se tenta di rimanere seria.
«Come faccio a dormire se te ne stai sdraiata in quel modo sotto i miei occhi?»
«Vuoi che metta il pigiama?»
La sua mano allenta la presa e la mia continua a scendere. Il suo respiro cambia, anche il mio che, adesso è affannato. Mordo il suo collo baciandolo, facendole muovere i fianchi in avanti e con le dita raggiungo la sua intimità, con la sua mano sempre sulla mia che mi accompagna nei gesti, facendomi capire quello che posso o non posso fare, quello che vuole, che le piace.
«No, niente pigiama.»
«Allora che cosa c'è? Che cosa vuoi?»
Sorrido sulla sua nuca dandole un bacio, premo in contemporanea le dita tra le sue cosce e lei geme, la sua mano si aggrappa alla mia per fermarmi e inarca la schiena muovendo le gambe per allentare la pressione che le ha provocato il mio attacco delicato. Ho sentito anch'io quella scossa e adesso, mi è impossibile fermarmi o anche solo pensare di dormire.
«Posso coccolarti?»
Sorride intuendo il gioco. «Dipende», mormora ansimando.
Faccio pressione con le dita e inizia ad assecondare i miei lenti movimenti, chiedendomi con la sua mano di usare più forza. All'inizio non l'accontento e lei si lamenta con brevi versi, il suo corpo si contorce e mi fa eccitare.
«Da cosa?»
«Da come intendi coccolarmi», trattiene tra i denti un urlo quando inizia ad eccitarsi anche lei, più di prima, e il suo corpo perde il controllo.
«Così... non ti piace?»
«Hmm», risponde aprendo le gambe o almeno ci prova, visto che decido di renderle tutto più difficile e intenso bloccandola.
«Mi piacerebbe anche in un altro modo, Brad!», strilla alla fine.
Il suo corpo inizia a irrigidirsi e rallento il mio attacco. La sua mano guida la mia chiedendomi di rifare tutto, di non fermarmi, di non essere delicato.
«Questo modo non ti piace?»
Tira indietro la testa appoggiandola al mio petto. «Sei uno stronzo!», geme sul punto di perdersi.
Mi fermo allontanandomi. Si volta confusa, frastornata ma anche arrabbiata. Il petto le si alza ed abbassa frenetico. Mi spinge con una smorfia e le sorrido prima di abbracciarla.
All'inizio, oppone resistenza poi nasconde il viso sul mio petto prima di mordermi un capezzolo. Mi lamento e non resisto scoppiando in una fragorosa risata e lei, indispettita dalla mia reazione e dal mio atteggiamento, mi spinge cercando di allontanarmi.
«Sei un...»
Le afferro il viso. «Insoddisfatta?»
Picchia il palmo sul mio petto più volte ma non mi scompongo e non mi allontano di un solo centimetro. Piuttosto riporto la mano tra le sue gambe e lei si agita disperata.
«E me lo chiedi?»
Sbuffa quando capisce che non ho intenzione di accontentarla o appagarla e, ancora accaldata, fingendo di essere arrabbiata, torna in posizione fetale.
«E non azzardarti a toccarmi o chiamo "Ness"», minaccia.
Mi avvicino, affatto intimorito dalla sua reazione e dalla minaccia. Anche se sono sicuro che quel gatto non aspetta altro. Ho notato che tende ad osservare i comportamenti della padrona e a farle da guardia.
L'abbraccio provando a farmi perdonare.
All'inizio mi rifiuta poi si lascia avvolgere. «Perché l'hai fatto?»
«Così non smetti di volermi», replico.
Si volta incredula. Anch'io lo sono. Ho appena ammesso di avere qualcosa che non va, che mi fa impensierire. Ho paura che lei non mi voglia più come prima, quando ancora non c'era il suo primo amore nei paraggi.
«E lo fai usando il mio corpo, lasciandomi insoddisfatta?», mi sta guardando male.
Nascondo il sorriso carico di soddisfazione. «Tu mi lasci insoddisfatto di continuo, dovevo pur iniziare a fartela pagare in qualche modo e con qualcosa che a te piace.»
La sua bocca si apre in una graziosa "o". Le sfioro con l'indice il bordo delle labbra.
«Non stai dicendo davvero!»
«Quanto mi vuoi adesso?»
Mi spinge via. Alza il mento incrociando le braccia dopo avere tirato la coperta fino al petto. Mette il broncio guardando in alto. «Non ti darò la soddisfazione», replica nascondendo il sorriso con i denti affondati sul labbro.
Mi sporgo dandole un bacio sul collo. «Ah no? Neanche se continuo da dove ho iniziato e ci aggiungo un extra?»
«No. Sarà meglio dormire, domani lavoro.»
Mi incupisco. Ecco come riesce a difendersi trovando in fretta una soluzione. «Non avevi l'allergia?»
«È passata con un antistaminico di nome Bradley Connor. Lo conosci?»
Gratto la tempia. «Ah quello! Mi hanno detto che non scherza e che fa miracoli.»
All'inizio mi guarda cercando di contenersi. Poi, ride, non riesce più a trattenersi e mi spinge. «Idiota!»
Lottiamo e la sotterro premendomi addosso a lei che, smette di dimenarsi soffiando sul ciuffo che le è appena ricaduto sul viso. Lo scosto piegando la testa di lato. «Davvero vuoi andare al lavoro?»
«Devo», guarda l'ora dopo avere acceso la lampada ed essersi sporta verso l'orologio.
La luce ferisce i miei occhi. Mi ritraggo un po'. «Non mi sento bene», dico stendendomi a pancia in giù.
Si preoccupa. La sua espressione muta così velocemente da stupirmi. «Che hai?»
Forse non avrei dovuto usare proprio questa carta. Provo a farle capire che sto scherzando. «È solo una scusa per tenerti qui, non allarmarti», dico. «Era solo per gioco.»
Mi allontana con una breve spinta. «Non fare più l'idiota!», si arrabbia. «Non scherzare più su questa cosa. Mi stavo preoccupando!»
È così dolce quando è così protettiva. L'abbraccio accarezzandole la schiena. «Scusami», mormoro. «Puoi rimanere con me?»
Controlla il telefono. «Starò fuori solo per due ore, il mio collega, Grant, non c'è perché è andato a trovare la sua ragazza Maddie, lei non lavora più con noi dopo l'incidente avvenuto nella sua classe e non posso trovare una scusa due ore prima di uscire di casa. Vado e quando torno sono tutta tua.»
«Mia? In quale senso?»
Sorride avvicinandosi alle mie labbra e mentre mi bacia risponde. «In tutti quelli che vuoi.»
«Avrò tempo per pensarci», dico tirando indietro la testa mentre lei prova a baciarmi ancora in quel modo che rischia di farmi eccitare e perdere il controllo.
«Solo due ore e sarò di nuovo a casa», precisa.
«Va bene. Adesso dormi», le sistemo la coperta e come una bambina, lascia che le aggiusti il lenzuolo addosso e con un sorriso nasconde la testa sotto il mio mento. Le sue dita fredde si muovono sul mio petto creando dei disegni. Spengo la luce sporgendo il braccio con il tutore. Per fortuna riesco ancora a muovere le dita.
«Bradley?»
«Si, piccola?»
«Non ho cambiato idea», sussurra. «Su di noi, non ho cambiato idea.»
Le bacio la testa. «Neanche io. Ma grazie per avermelo detto.»
«Non è una competizione.»
«Sono un ragazzo, chiunque voglia infilarsi tra le tue gambe sarà sempre una minaccia per me, indipendentemente se quel qualcuno sia un ex o uno sconosciuto.»
Le sue dita si fermano. «Ho chiuso con Kay. Non ha neanche saputo darmi una motivazione.»
«So che non dovrei chiederlo ma... hai provato qualcosa per lui quando ti ha abbracciata?»
Gonfia il petto prima di sospirare. «Sarei ipocrita e mentirei se dicessi di no. È stato forte e strano allo stesso tempo ma te l'ho detto, non torno indietro. Lui ha la sua vita io sto costruendo la mia. Spero tu voglia farne ancora parte.»
Trattiene il fiato aspettandosi chissà che cosa da parte mia. Forse una brusca reazione, una risposta che la faccia scoppiare. Ma, attualmente, non voglio litigare con lei. Cerco la sua mano sfiorandole l'anello disegnato e ormai sbiadito. «Potrei anche prendertene uno vero.»
Solleva il viso. «Non farlo!», sorride. Avvicina le labbra alle mie. «Mi bastava un si come risposta», sussurra baciandomi prima di tornare nella sua posizione iniziale.
Chiudo gli occhi accarezzandole la schiena e mi addormento come un sasso, incapace di dirle che sono geloso e che non sopporto che qualcun altro le stia intorno, pronto a portarmela via.
Qualcosa si muove piano nell'oscurità in cui mi ritrovo e quando mi riscuoto aprendo le palpebre e guardandomi intorno, lei si sta rivestendo guardandosi allo specchio.
Mi sollevo a metà busto. «Non mi saluti prima di andare?»
Sistema i capelli ravvivandoli con le dita e avvicinandosi, posando un ginocchio sul materasso, sporgendosi, mi dà un bacio sulla guancia.
«Ciao», mi saluta.
«Ciao», replico fissandola come un ragazzino.
«Tornerò presto. Puoi dormire ancora un po', così quando torno sarai ancora qui e mi riposerò insieme a te anch'io.»
Trattengo la sua mano tirandola di nuovo a me. Cade sul mio corpo. La sotterro e lei ride cercando di allontanarmi. «Brad, devo andare a lavorare!»
Le bacio il collo. «Non hai cinque minuti?»
«No, devo correre. Anche se mi piacerebbe avere cinque minuti per riprendere il discorso di ieri. Tornerò subito a casa, promesso», mi lascia un bacio sulle labbra scappando via dalla mia presa. «A dopo!», recupera la borsa, il telefono e poi corre fuori dalla camera. Attendo di sentire il rumore della porta che si chiude e invece si propaga quello dei suoi tacchi sul pavimento di legno. La vedo comparire sulla soglia, bella da fare girare la testa, si muove intorno al letto e afferrandomi il viso con entrambe le mani che le profumano di crema, mi bacia.
«Ti amo», urla con un ampio sorriso sparendo prima che io possa trattenerla.
Sento la porta chiudersi e mi stendo supino sul letto guardandomi intorno prima di chiamare "Tildo" e "Ness". Saltano sul letto e gioco un po' con loro mentre cerco di calmarmi. Alla fine, quando penso di non essere più elettrizzato, mi alzo e metto in ordine la stanza.
Controllo poi le chiamate trovandone un paio da parte di Stan, un suo messaggio in cui mi avvisa che lui e Samantha non saranno a Seattle per tutta la settimana. Mi domando in fretta se Erin sa già che non vedrà la sua amica prima di lunedì.
Pulisco il bagno, metto gli indumenti sporchi dentro la lavatrice poi mi occupo della cucina per tenermi impegnato. Infine, mi siedo in soggiorno e con la tv accesa, coccolo "Tildo" mentre "Ness" se ne sta davanti la finestra a fissare il vuoto con i suoi occhi chiari come biglie. Credo stia aspettando proprio Erin. A volte quella bestiaccia sembra davvero un cane, tanto le è fedele.
«Andiamo a giocare fuori?», dico al mio cane che abbaia muovendo la coda, entusiasta di uscire all'aria aperta.
Recupero la sua pallina e lo porto fuori dove inizio a lanciare e a dargli qualche comando per vedere se ricorda ancora tutto quello che gli ho insegnato in questi anni. Fischio quando non mi riporta la pallina o non esegue i miei ordini abbaiando agli altri cani presenti in questo quartiere, molto più grossi in quanto a stazza ma meno addestrati.
Dietro il cancello compare qualcuno. Non appena vedo Shannon, gli apro e lui entra con sguardo cupo facendo un cenno della testa per salutare.
«Erin?», chiede senza perdersi in chiacchiere.
«Tornerà tra un'ora. È andata a scuola per sostituire un collega assente», dico controllando l'orologio. «Entra, ti offro una birra», aggiungo notandolo pensieroso.
Mi segue in casa e ci sediamo sul divano con una birra in mano.
«Che succede?»
Gratta la carta della bottiglia fissando un punto lontano. «Kay ha incontrato Erin ieri.»
Come fa a saperlo? Ha parlato con lui? Sa quello che ha in mente?
Tengo per me tutte le domande preparandomi a rispondere. «Già, siamo tornati e lui era qui davanti. Lei ha voluto affrontarlo da sola, dovevi vederla...»
Poso la bottiglia sul tavolo basso gesticolando nervoso. In parte sono orgoglioso di come lei abbia affrontato quel bastardo, anche se da un lato sono preoccupato. Shannon invece, beve la birra facendo subito una smorfia.
«Come sta?», chiede.
«È uscita con un ampio sorriso da casa, ma dubito stia davvero bene. Nasconde sempre il dolore», replico facendomi pensieroso. «Lo accumula facendosi del male da sola, anziché ferire chi le sta intorno.»
«Hanno urlato?»
«Lei, molto.»
«E lui?»
«Ha risposto e le ha anche messo le mani addosso per abbracciarla e tenerla stretta. E credimi, generalmente non sono un tipo violento, ma in quei lunghi minuti ho fatto fatica a non uscire di casa e a pestarlo come si deve. Purtroppo le avevo dato la mia parola, che le avrei fatto affrontare da sola Kay, che mi sarei fidato di lei.»
«E lei che ha fatto quando l'ha abbracciata?»
«Lo ha respinto. Non ha ceduto e non si è comportata da ragazzina ferita. Ha solo detto quello che pensava urlandogli addosso, svuotando anni di dolore.»
Fa una smorfia. «Devi amarla davvero molto per sopportare una situazione del genere. Io non ci riesco. Quando ho sentito Kay dirmi che l'ha vista e le ha parlato sono andato su tutte le furie e l'ho colpito. Erano anni che volevo farlo.»
Passo la mano tra i capelli. «Che cosa avrei dovuto fare? Impedirle di parlare con lui e comportarmi da cattivo? Mi sembra che lei abbia le idee chiare e che lui sia disposto ad incontrarla ovunque, a tormentarla e forse anche a farla cascare di nuovo nella trappola. Non posso prevedere ogni sua mossa e anche se mi fa rabbia non andrò contro la parola che ho dato a Erin.»
Posa la bottiglia vuota sul tavolo davanti a noi grattandosi la mano prima di strofinarla. «Kay non smetterà facilmente di provarci. Finché sarà in questo posto escogiterà qualcosa per incontrarla, per parlarle. Anche se lei gli urlerà addosso o lo tratterà male, lui non si fermerà. Non so, c'è qualcosa che non dice.»
Sospiro. «Come fai a fermare il primo amore di una ragazza?»
«Non puoi. Ha pianto?»
«Solo un po' prima di dirmi che mi ama.»
Shannon riflette un momento. «Questo non me lo aspettavo», sorride abbassando le spalle.
In realtà neanche io. Quando ho sentito le parole che ha detto su di me a Kay, mi sono sentito così tanto emozionato da lasciarmi andare.
«Che cosa non ti aspettavi?»
«Che Erin potesse innamorarsi di una persona totalmente diversa da Kay. E questa è una grossa novità anche per lui, fidati. Ha sempre avuto la certezza che nel cuore di quella ragazza ci fosse solo lui. Per questo oggi era distratto e... direi infelice. Gli hai proprio dato una bella batosta.»
Inarco un sopracciglio vedendolo contento, meno teso rispetto a prima. «Perché hai quel ghigno?»
«Perché merita di provare qualcosa di simile al senso di perdita e al dolore. Merita di vedere Erin tra le braccia di un uomo che la sostiene e la ama davvero senza segreti. Merita di guardarla e non poterla più toccare, vederla felice e non a causa sua ma di un altro.»
«Sei un po' duro, non credi?»
Nega più che convinto. «No, Kay è uno stronzo! Un vero bastardo! Non si è fatto sentire se non sporadicamente. Non è neanche venuto al funerale o a trovarmi per vedere come stavo quando mia madre è morta, non c'era quando mi sono sposato e doveva essere il mio testimone. Si è solo fatto sentire per chiedermi come stava e se l'avevo vista. Ovviamente in più occasioni ho risposto stuzzicandolo, alimentando la sua gelosia, perché sapevo dove ferirlo. Adesso torna per qualche giorno e spera di potere ottenere quello che vuole, ma non è più così. Per questo sono davvero soddisfatto. Erin non lo vuole...»
«Ne sei così sicuro? Quei due avevano uno sguardo che non dimenticherò tanto facilmente.»
Shannon solleva il sopracciglio. «Brad, Erin non dice "Ti amo" a chiunque.»
Mi faccio attento poi notando il suo sguardo insicuro e agitato, passo da solo alla conclusione. «Lo ha detto anche a te?»
«Voleva che il suo primo ti amo fosse collegato ad un ricordo positivo. Se ci pensi non ha sbagliato in questo. A Kay non l'ha mai detto apertamente. Con te invece è tutto diverso», spiega. «Erin si fida e ci tiene davvero tanto se ti sta permettendo di sostenerla e starle accanto proprio adesso che vorrebbe solo mettersi sotto le coperte e piangere», inumidisce le labbra. «Ascolta, Erin può avere tutti i difetti di questo mondo ma non mente mai su quello che prova, anche se spesso lo nasconde per proteggersi da una nuova delusione.»
Gli prendo un'altra birra. «Perché avevi quella faccia quando sei arrivato?»
«Perché non sono riuscito a tenerlo lontano da lei e mi dispiace. Io amo troppo Erin per vederla ferita. Ci sono voluti anni per rivedere quel sorriso sul suo bel viso.»
«Avresti dovuto avvisarla, non starebbe così male adesso. Ma sei stato un buon amico per lei.»
Beve facendo una smorfia. «Siamo stati convocati dai Mikaelson per la lettura di un testamento. Te ne ha parlato?»
«Ancora no, ma ho sentito quello che pensa. Ha strappato la lettera e gli ha lanciato i pezzi in faccia urlandogli di dire a suo nonno che, cito testuali parole: ogni suo avere può ficcarselo su per il culo insieme al suo bastone da passeggio. Hai intenzione di andare?»
Ride. «Ha detto davvero così? Brava la mia piccola!», torna subito serio schiarendosi la voce. «Per rispondere alla tua domanda: non ho molta scelta. Non abbiamo un grado di parentela e a dirla tutta mi stupisce che abbia convocato anche me e sono curioso di capire perché. Potresti anche accompagnarla, sai. Non sei suo marito?»
«Come...»
Indica il segno sull'anulare. Anche se è sbiadito si nota ancora.
Per istinto lo sfioro. «Non vuole un anello vero.»
«Questo perché odia legarsi a qualcuno tramite contratto.»
Shannon la conosce così bene. Non posso ignorare la gelosia che sento. «Come hai fatto a starle dietro per tutti questi anni senza impazzire?»
Inumidisce le labbra passandoci sopra la mano. «Non è sempre stato facile. All'inizio avevamo delle discussioni, anche forti, per tutto e ci stuzzicavamo di continuo. La lontananza però ci ha tenuti legati. Così, lentamente tra di noi è nato questo stranissimo rapporto di amicizia. Erin non è poi così complicata come sembra o come vuole apparire. Glielo leggi in faccia quello che desidera, quello che vuole. Non è difficile per me comprenderla, perché standole vicino ho imparato a conoscere i suoi punti di forza e quelli deboli.»
«E lei, come ha fatto a sopportare te?»
Alza le spalle con un sorriso. «Ci tiene anche lei a me, forse mi ama a modo suo e mi basta. Anche se sarò sempre geloso di lei.»
«Perché?»
«Perché la amo e perché voglio solo il meglio per lei.»
«Anche se sta con un altro?»
Annuisce. «Per amore sopporti di tutto. Le occasioni ci sono state e non nego che avrei anche continuato quella notte, ma da ubriaco non era giusto farlo perché il giorno dopo sarebbe stato solo uno di quei momenti orribili in cui ti rendi conto di avere sbagliato e di avere fatto soffrire qualcuno per una tua stupida voglia. Finché ci sarai tu, io non mi metterò in mezzo.»
«Quindi se non c'ero io di mezzo ti saresti portato a letto la tua amica?»
Ci riflette un momento. «Mi ha frenato sapere che stava male e che c'era qualcuno che aspettava il suo ritorno a casa. Senti, siamo adulti ormai, non possiamo controllare tutto e a volte la situazione ci sfugge di mano. Sappi che non mi sono pentito di essermi fermato, anche se mi sarebbe piaciuto farle sentire qualcosa, visto che mi ha detto proprio questo. Ma non sarebbe stato lo stesso, avrebbe rovinato ogni cosa. Il fatto è che non possiamo sapere quello che accadrà dopo avere preso una decisione.»
Passo la mano sul viso. «Che situazione del cazzo. Proprio io dovevo trovare una donna e altri due pronti a tutto pur di conquistarla?»
Mi sorride. «Come ti ho già detto, finché ci sarai tu, non mi farò avanti. Ma non ti permetterò di sposarla in una chiesa o sotto un gazebo», replica con una certa sicurezza e l'espressione di uno che soffre al pensiero di vederla in abito da sposa, a pronunciare le promesse ad un altro.
Neanche per lei a quanto pare è stato facile vederlo nei panni dello sposo.
Corrugo la fronte. Un breve ricordo mi attraversa. Ripenso alla conversazione fatta con lei nel cuore della notte.
«È il desiderio di Erin una cosa del genere?»
«Lei dice di non essere pronta a sposarsi quindi non metterle pressione su questo, intesi?»
«Ma non hai risposto alla mia domanda. Lei vuole sposarsi?»
«È una donna e merita un matrimonio come si deve ma non è pronta. Ed io non la lascerò sposare adesso che sta male. Quindi, limitatevi ad una lunga convivenza.»
Non comprendo la ragione di questo suo discorso e atteggiamento guardingo nonché protettivo nei confronti di Erin.
«Capisco che sei geloso...»
Sta negando. «Non permetterò che si leghi a qualcuno in modo così intimo. So che cosa significa sposarsi e fidati, Erin non reggerebbe quel peso. Dopo qualche anno inizierebbe a stancarsi perché lei è uno spirito libero, non ha bisogno di un contratto o di un anello per amare e legarsi per sempre a qualcuno.»
Faccio una smorfia e Shannon accorgendosi della mia reazione posa la mano sulla mia spalla. «Puoi anche prendermi per stronzo ma sarò il primo ad oppormi alla domanda "se qualcuno ha qualcosa da dire parli ora o taccia per sempre". So che deve essere lei a decidere ma conoscendola, si sentirebbe spaventata e lo nasconderebbe fino alla morte per non mostrarsi debole. Avete già quello che vi serve, tenetelo stretto e non rovinate un rapporto duraturo solo per una stupida cerimonia.»
Mi sento confuso. Shannon stringe la presa. «Lei ti ama e tu ami lei. È ciò che conta davvero. Adesso smettila di pensare al matrimonio e vivi ogni giorno insieme a lei. Non saranno facili i momenti che dovrà passare a causa del suo passato. Ha solo bisogno di certezze e non di altri pensieri.»
Passo le dita sul viso sempre più confuso. «Che cosa stai cercando di dirmi?»
«Lo sai già, non sei stupido. Chiedile quello che vuole davvero.»
Si alza e nello stesso istante entra lei quasi in punta di piedi. Toglie i tacchi con sguardo cereo appoggiandosi un momento alla parete prendendo piccoli respiri.
Io e Shannon ci scambiamo uno sguardo correndole in contro. Non appena vede il suo amico sorride e avvicinandosi lo abbraccia forte sussurrandogli qualcosa prima di darmi un bacio sulla guancia premendosi contro il mio petto per ricevere una stretta anche da me.
«Che cosa è successo?»
«Ho ricevuto una chiamata e ho litigato con quel vecchio stronzo. A quanto pare dovrà esserci anche mio padre alla lettura del testamento e ci manderà a prendere con il suo jet privato. Arriverà persino un'auto a prelevarci direttamente da casa.»
Alza gli occhi. «Verrai con me?»
Per istinto guardo Shannon per capire che cosa fare. Lui mi fa subito cenno di accettare senza rimuginarci troppo sopra.
«Mi vuoi lì con te?»
«Si. Mi sentirei più a mio agio, visto che non ho scelta.»
Le accarezzo la schiena. «Quando si parte?», chiedo un po' tentennante senza entusiasmo.
«Domani mattina», replica a denti stretti.
Shannon strabuzza gli occhi. «Che cosa?», urla.
Lei ha un sussulto. «Siamo in trappola», dice e sciogliendo l'abbraccio, prende "Ness" allontanandosi in camera.
Shannon la osserva. Sulla fronte gli si forma una ruga di preoccupazione. «Posso parlarle un momento?»
Gli indico la strada cadendo sul divano. "Tildo" si avvicina saltando sul cuscino prima di sedersi accanto con il mento sulle mia gambe. Accarezzo il suo manto morbido e liscio dandogli qualche pacca affettuosa.
«Non possono obbligarmi in questo modo!», urla Erin. «Mi ha già fatto vivere l'inferno una volta, e ieri è come stato ricevere il colpo di grazia, figuriamoci vederli tutti, guardarli in faccia e ricordare quello che hanno fatto quel maledetto giorno!»
«So che ci stai ancora male ma se non andiamo, non chiuderemo mai con loro. Che cosa possono farci ancora? Ci sarà anche tuo padre e Bradley, ci sarò io e tu, sarai al sicuro.»
«Tu non capisci...»
«Si invece! C'ero anch'io o l'hai dimenticato? Kay è un mio amico e per quanto lui abbia sbagliato con te rimane sempre una persona a cui devo tanto, lui mi ha salvato la vita!»
«E tu gli hai salvato la sua quel giorno nel bosco. Gli hai salvato la vita tante volte e non ti ha mai ringraziato, mai contattato. Dove era quando avevi più bisogno di lui? Non c'era perché è scappato!»
Erin esce dalla stanza pestando i piedi sul pavimento più che arrabbiata. "Ness" balza sul divano mordicchiando l'orecchio a "Tildo" che reagisce e i due iniziano a giocare.
Erin si aggrappa al bordo del lavandino. «Non può chiedermi di andare e farmi male. È ingiusto!»
Shannon le si avvicina con cautela mentre io inizio a sentirmi di troppo. Massaggio la nuca e continuo a starmene seduto, in attesa di un ordine o di qualcosa che mi faccia capire che cosa fare.
«Lo so. So che è ingiusto. Ascolta, è solo l'ultimo sforzo. Saranno poche ore e poi potrai tornare qui e non rivedere mai più quel posto e quei bastardi.»
Shannon si volta facendomi cenno di alzarmi. Eseguo senza indugiare. Chiede il mio appoggio ma, vorrei solo che lei stesse bene. «Pensi che ti lascerei lì da sola?», le dico per convincerla, aiutando Shannon che mi ringrazia con gli occhi.
Erin si volta incatenandomi al suo sguardo furente. «Tu sei d'accordo con lui?»
«No, non sono d'accordo con lui. Non vorrei mai vederti soffrire.»
«Ma?»
«Hai detto che vuoi affrontare il passato per vivere il futuro. È giunto il momento di farlo. E se vuoi il mio sostegno sarò lì al tuo fianco, come amico, come conoscente, tutto quello che vuoi.»
Increspa le labbra. «Come marito no?»
«Sta a te decidere», le premo le labbra sulla tempia. «Adesso porto gli animali da mia nonna, ti lascio in buone mani», dico recuperando in fretta le copertine i giochi e il set da viaggio di "Tildo" e "Ness".
Erin mi segue. «Ma dopo torni?»
Perché è così spaventata. Le poso le mani sulle braccia e le sorrido. «Certo che torno. Devo solo controllare che mia nonna stia bene e abbia voglia di tenere per noi questi due bambini dispettosi. Appena torno prendiamo una pizza. Shannon rimane con noi, vero?»
«Se volete», dice standosene seduto sullo sgabello della cucina.
Erin soppesa il mio sguardo avvicinandosi e abbracciandomi. «Non metterci troppo», sussurra.
Le strizzo una guancia. «E tu non preoccuparti.»
Stringe la mia mano trattenendomi quando provo ad uscire fuori. Mi guarda con una tristezza che fa male.
Poso la gabbietta a terra dando il guinzaglio in mano a Shannon e la stringo forte. «Non me ne sto andando, hai sempre tutte le mie cose qui.»
«Manderai i saluti a tua nonna da parte mia?»
«Certo, sarà felice di sapere che sto mettendo la testa a posto.»
Sorride e finalmente mi rilasso. «Adesso vado», premo le labbra sulle sue. «Fai la brava.»
Arrossisce e annuendo mi lascia andare.
In auto, mando fuori tutto il fiato trattenuto. Metto in moto e raggiungo la villa di nonna. Ho bisogno di allontanarmi un momento, di parlare con la persona di cui mi fido di più al mondo.
La trovo ai fornelli, il grembiule rosa con i fiori che ha comprato in una delle nostre gite fuori città e i bigodini in testa. I suoi occhi si illuminano non appena sbuco dalla veranda e corre ad abbracciarmi.
«Come stai?»
«Bene. Tu? Devo chiederti un favore. Puoi prenderti cura di "Tildo" e "Ness" per qualche giorno? Sempre se non hai da fare.»
Il suo sguardo si accende di curiosità. «Perché? Dove la porti?», sorride in modo dolce liberando gli animali che, esplorano subito l'ambiente prima di andarsi a sedere sulla poltrona in giardino dove lei porta loro qualcosa da mangiare, conquistandoli nell'immediato.
Poso tutto all'angolo seguendola in cucina. Qui, c'è odore di salsa piccante, frutta fresca e cioccolata. Sbricio dentro la padella coperta dal coperchio e sta cucinando le ali di pollo in salsa piccante.
«Dove mi porterà lei, ti correggo.»
Non afferra al volo quindi sedendomi mi affretto a spiegare quello che sta succedendo. Impiego qualche minuto per collegare tutto e mia nonna ascolta sempre più curiosa e sgomenta allo stesso tempo.
Alla fine, quando smetto di parlare, passa la mano sul petto. «Oh mio Dio, davvero quel ragazzo si è presentato a casa sua?»
Annuisco. «È stata davvero dura. Ma non voglio arrendermi, nonna. Voglio credere che lei sia davvero pronta ad andare avanti. Il fatto è che...»
Nonna chiude un contenitore interrompendomi. «Non devi avere paura di quello che provi per lei, non devi vergognartene mai. Quella ragazza ha un passato difficile ma tu sei il suo presente, le hai parlato della malattia e so che è difficile per te farlo, ma lei non è scappata via e, questo significa che ti vuole nei suoi momenti no, nelle sue giornate tristi, ma anche nei momenti felici, sempre.»
«Eppure mi sembra di camminare e di non muovermi di un solo passo allo stesso tempo.»
Posa la mano sulla mia spalla. «Per amore si lotta, figlio mio.»
Dopo circa un'ora, abbraccio nonna ringraziandola per tutti i consigli e per la sua disponibilità e torno da Erin con un contenitore di ali di pollo e la pizza che prendo quando passo dal locale qui nelle vicinanze, preparandomi al peggio che di sicuro vivremo insieme in questi giorni.
Ho mille motivi per andare via. Per smettere. Per non soffrire. Poi però penso di avere lei, che è il motivo per cui non scappo, per cui rimango correndo il rischio di farmi male. Nonna ha ragione, quando ami, lotti.

🖤

Come crepe sull'asfaltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora