AIRPORT MELANCHOLY

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TRACK 12: THE NIGHT WE MET, Lord Huron
take me back to the night we met
I don't know what I'm supposed to do
haunted by the ghost of you



TRACK 12: THE NIGHT WE MET, Lord Hurontake me back to the night we metI don't know what I'm supposed to dohaunted by the ghost of you

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La prima volta che Max ha pensato che Daniel fosse bello è disegnata dietro le sue palpebre come un tatuaggio.

Era luglio e faceva caldo, si ricorda perfettamente di come goccioline di sudore scendevano sul suo petto nudo e scottato dal sole dopo una giornata in spiaggia e del mare limpido di Nizza che bagnava la sabbia con la tipica flemma estiva, come se fosse stanco anche lui di muoversi. Daniel era poco distante da lui e ancora pieno di energie nonostante fossero lì da ore. Sul bagnasciuga giocava a palla con Charles e, al contrario dei due più piccoli, su di lui l'estate aveva lasciato un colorito sano e uniforme che non faceva altro che evidenziare le linee nette del suo corpo.

Max lo fissava insistentemente da tempo da dietro le lenti scure dei suoi occhiali da sole, conscio del fatto che mai l'altro avrebbe potuto sorprenderlo a guardarlo. Mezzo sdraiato sulla sabbia, con un braccio piegato per mantenere il suo peso e l'altro a trattenere un cocktail a mezz'aria, si godeva lo spettacolo dei suoi amici che, grazie a dio, nella vita avevano scelto di darsi alle corse in auto e non alla pallavolo.

Senza un perché, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla scena.

Poi Daniel aveva lanciato apposta la palla in acqua e, dopo aver mandato Charles a riprenderla, aveva cominciato a correre verso di lui.

Gli sguardi dei due ragazzi si erano incrociati per una frazione di secondo prima che Daniel si lanciasse di petto sull'asciugamento al suo fianco, alzando un polverone di sabbia. Max si era lamentato, gettando un'occhiata contrariata al compagno di squadra mentre quest'ultimo si girava su un fianco. Nel compiere il movimento la pelle della gamba di lui, calda, bagnata, era finita contro la propria, causandogli un brivido.

<<Scusa, Maxie>> aveva mormorato Daniel, spalancando le labbra in un sorriso.

Per un attimo il mondo di Max aveva smesso di girare. Aveva perso ogni preconcetto, ogni nozione, ogni consapevolezza davanti a quello sguardo, a quel sorriso, e si era ritrovato a pensare qualcosa che mai si sarebbe immaginato, qualcosa che mai aveva pensato di un uomo.

Daniel Ricciardo, per lui, era bello.

Non solo, quel sorriso, quel modo di guardarlo, quel soprannome che gli riservava, lo facevano sentire speciale. In modo fin troppo imbarazzante era rimasto a guardarlo, ritrovandosi a collezionare particolari di lui che non aveva mai notato.

Forse è stato proprio in quel momento che Max ha cominciato ad amare i particolari.

La fossetta che gli si creava attorno alla bocca quando sorrideva, più profonda tanto più intenso il sorriso, o la curva gonfia e perfetta del suo labbro superiore, il modo in cui la barba sfatta gli evidenziava gli zigomi pronunciati e persino quel naso aquilino che si ritrovava, che in un modo quasi fastidioso gli donava terribilmente.

THE THREE OF US // MAXIELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora