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Famiglia.

Nives

Le temperature sono calate, il solito venticello fresco si è fermato solo per il nostro arrivo.
Le luci della città hanno reso magnifico tutto il paesaggio, suscitando in me delle emozioni contrastanti. Tornare mi fa un certo effetto, ma non sono affatto pentita. Il vuoto creatosi dall'atterraggio mi attanaglia lo stomaco, la macchietta di bava lasciata dal sonnellino di Starr si è asciugata. Ho portato con me il minimo indispensabile in una sola valigia, Starr ha insistito nel portare con sé vestiti che non le occorreranno. Un ragazzo carico di bagagli ci passa accanto, sento la mia amica emettere un verso di apprezzamento verso quest'ultimo.
«Questo posto mi piace tanto» lo fissa insistentemente, avvicinandosi. 
Ogni posto piace se non ci hai vissuto per anni e con le stesse persone di sempre.
«Denver è magnifica ma ho assolutamente bisogno di un bagno...» lamenta come una bambina.
Non ho toccato cibo, lo stomaco mi si è accartocciato diventando piccolo come una pallina da tennis. Ho ripetuto più volte tutta la scaletta da eseguire, ma non ho svolto nessuna delle undici cose che mi ero prefissata.
«Hamilton non pensavo di rivederti di nuovo in questo posto!!» esclama una testa rossa.
Circondo le spalle e cerco di non macchiarle la felpa azzurra con il mascara sciolto. Le persone ci fissano e sorridono curiose, alcune ragazze mi indicano.
«Non sai quanto mi sei mancata» sussurra fra i capelli, singhiozza ripetutamente.
«Non sai quante volte ho sognato questa scena» pulisco il viso con la manica del giubbotto.
Fisso ogni dettaglio, non è cambiata: i capelli rossi tenuti sulla testa da uno chignon ordinato, la corporatura slanciata e le gambe esili.
«Andiamo a casa?» chiede, afferra una delle valigie.
«Possiamo fare una foto?» una donna si sporge, tenendo la macchina fotografica nella mano destra. Annuisco, senza riflettere troppo all'aspetto trasandato che posseggo.

Prima di essere una persona conosciuta, sono una persona reale. Preferisco essere trattata come tale. Mi abbraccia forte e non riesco a smettere di sorridere, percepisco la gratitudine che prova per me. Sono grata ad ogni lettore per avermi concesso tutta questa notorietà, una notorietà che non era prevista.
Non smetterò mai di ringraziare.
«Breathe On Me è magnifico, spero di poter leggere qualcos'altro di tuo» dice, scostando una ciocca dalla fronte.
«Spero che Hunter ed Elettra ti abbiano lasciato qualcosa» strizzo l'occhio e saluto con la mano.
«Abbiamo bisogno di un travestimento?» scherza Daisy.
«Ne ho uno di scorta in valigia» ridacchia Starr.
«Smettetela! Non c'è ne sarà bisogno» dico, afferro una delle tante valigie della bionda e cammino spedita verso il parcheggio.

«Tua madre non ha chiamato? Le ho fatto visita due giorni fa e sembrava molto contenta di averti di nuovo a casa» espone, guida attentamente tenendo gli occhi sulla strada. La voce di qualche cantante riempie l'abitacolo, rendendo l'atmosfera quasi confortevole.
«Non pensavo che Denver fosse così accogliente, Nivs mi ha raccontato tutt'altro di questa cittadina...» ribatte Starr, soffermandosi sulle luci colorate che caratterizzano le vetrine.
«Non è male, sono le opportunità che mancano» risponde la rossa.
Sentieri familiari si fanno sempre più vicini, sbircio il viso della bionda attraverso lo specchietto, mi agito quando vedo i suoi occhi pieni di nuovi sentimenti. Non voglio che si abitui a tutto questo.
Qui mi hanno sempre etichettato come strana, mi sentivo costantemente chiusa in gabbia. Era la mente a giocarmi brutti scherzi, i pensieri fluivano incessanti.
Non mi lasciavano respirare.
Così un giorno decisi di mollare tutto.
La casa dei miei genitori è davanti ai nostri occhi in tutta la sua maestosità: le luci e il giardino sono decorati in tema natalizio, sulla porta è infissa una ghirlanda. Daisy suona il clacson, richiama l'attenzione di tutto il vicinato. La porta si spalanca producendo un suono sordo, Elle corre nella nostra direzione.
«Ehi piccola !» la prendo in braccio e lascio che mi circondi il collo con le braccine.
Mia madre osserva la scena con le lacrime agli angoli degli occhi, veloce si avvicina ad entrambe. Mi beo del suo profumo, percepisco una piccola parte di lei che mi è mancata. Le braccia sono sempre le stesse, pronte ad accettarmi e a confortarmi nei momenti difficili.
Una madre è sempre pronta a donare il suo cuore per un figlio.
«Niv-ves...» sussurra incerta.
Un brivido leggero mi fa accapponare la pelle, tanti piccoli puntini la cospargono.
«M-mamma» tremo, mi attira ancora verso sé e sospira di sollievo.

La famiglia è tutto.

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