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Primo appuntamento...fallito.

Nives

Osservo allo specchio il mio riflesso, la figura longilinea risalta il seno prosperoso. I capelli ricci mi scendono pomposi lungo le spalle sottili, le labbra sono ricoperte da un rossetto rosso, che mi è stato gentilmente prestato da Daisy. Stiro il vestito sulle gambe eliminando le varie pieghe che si sono create, sono agitata nonostante Blake sia ufficialmente il mio fidanzato.
«Nives ti muovi? Il film verrà proiettato fra venti minuti!» esclama impaziente. Il cinema all'aperto non mi estusiasma, preferisco di gran lunga quello tradizionale, con popcorn giganti e bibite gasate. Afferro la borsetta dal letto dirigendomi in cucina, inutile dire che Blake è incantevole persino con dei semplici jeans e una t-shirt a tinta unita. Resta immobile alla vista del mio vestito da sera, avevo scelto un semplice abito romantico, ma Starr ha insistito così tanto che alla fine ho scelto quello più audace. Il ragazzo davanti a me si lecca ripetutamente il labbro superiore alla vista del profondo spacco sulla gamba sinistra, ammicca nella mia direzione.
«Forse dovremmo ritornare in camera da letto» si sporge, imprimendo le dita sul mio sedere. Lo guardo male, scostandomi dal corpo massiccio. Odio quando la nostra intimità viene esposta in questo modo, preferisco tenere per me situazioni così profonde e carnali. Blake è il mio opposto: è piacevolmente trasparente, dice la sua anche a costo di essere criticato e di andare contro i pensieri degli altri. Io, a differenza sua, prima di poter dire una mia concezione riguardo una determinata situazione, rifletto molto. È forse è il suo essere così diverso da me che mi ha fatta innamorare di lui. La sua innata intelligenza, la sua passionalità.
«Micina andiamo dai» mi riscuote dai pensieri. Il campanello di casa suona incessantemente, facendo sobbalzare entrambi. Il suo viso è contratto in una smorfia, non è contento di questa visita. Guarda dal piccolo foro il soggetto che ha interrotto la nostra serata romantica, sbuffando e passandosi ripetutamente la mano nei capelli.
«Ci mancava solo lei» borbotta.
Un ammasso di capelli neri spunta dalla porta con un pargoletto tra le braccia.Alina,la nostra vicina, ha ventiduenne anni, ma dimostra qualche anno in meno grazie ai lineamenti delicati. Non ha nessuno al suo fianco, vive da sola. Riesce ad accudire suo figlio senza l'aiuto del padre, che è scappato appena si è reso conto di aspettare un bambino.
«Ho bisogno di un favore» supplica con gli occhi, guarda più me che il ragazzo. Si odiano, non ho ancora ben capito il motivo, Blake preferisce essere chiuso in una stanza con delle cimici piuttosto che passare del tempo con lei.
«Stavate uscendo?» si accomoda sul divano mentre tolgo le scarpe col tacco, adoro camminare a piedi nudi su qualsiasi pavimentazione o superficie.
«Si, hai interrotto qualcosa di molto importante per...?» il ragazzo la incinta a continuare.
È adirato.
«Mio padre è stato portato al pronto soccorso, ha avuto un arresto cardiaco. Avrei bisogno di voi per Elijah, dovreste accudirlo solamente per poche ore. Avrei chiesto a Chris,s e solo non fosse uscito con Sophie» spiega brevemente.
«Starr e Drew? Daisy e Dorian?» il moro non si da per vinto, continua a bofonchiare parole senza un'annesso. È frustato, riesco a vedere le nocche diventare bianche e il respiro farsi più pesante.
Voleva un appuntamento degno di noi, si vedeva dal luccichio dei suoi occhi.
«Ci dai un secondo per favore?» le chiedo, annuisce pacata. Entrambi ci dirigiamo verso la camera da letto, mi sporgo verso lui per abbracciarlo. Solo così riesco a calmarlo, il  calore si combina con il suo creando una sorta di pace tra di noi.
«Va bene okay? Possiamo uscire qualche altra volta, non era importante. Noi abbiamo già avuto il nostro primo appuntamento, ricordi la mattina al The White Rose?» imprimo il viso sul petto, metto una mano all'altezza del suo cuore.
«Quella volta in cui mi fissavi il sedere come una maniaca?» sogghigna alla sua stessa battuta, mentre il mio viso è ormai paonazzo. «Maniaca?» gli punto il dito contro.
 «Tu mi fissavi come un depravato» difendo, ricordo benissimo la forma scultorea delle sue natiche.
«Va bene Micetta, teniamo il bambino e bandiamo la madre» scoppio in una risata sonora alla vista della sua espressione tremendamente seria. Rispuntiamo nel salotto con un certa ilarità nell'aria, afferra subito Elijah dalle braccia di Alina.
«Lo teniamo, adesso puoi andare» la manda via con un movimento strano delle mani, maleducato. Si stende sul divano con il bimbo in grembo. Gli dona l'aria da papà inesperto. Mi intenerisco quando il bambino afferra il suo indice portandoselo alla bocca.
«Ehy bimbetto, questo dito non è un gioco. Sai quante palle da basket ha fatto entrare nel canestro?» gli scosta il bavaglino dalla bocca, riempiendolo di bacini sul mento.
«Se la cava bene con i bambini eh?» accompagno la vicina di casa sull'uscio della porta, mi lascia la borsa con tutto l'occorrente per il neonato e scappa via. Rivolgo lo sguardo all'uomo ancora intento a giocherellare con le guanciotte del bimbo. Adesso dobbiamo cavarcela da soli. Non ho mai accudito un bebè ,lui sembra essere più esperto di me in questo campo.
Mi cambio d'abito, il pigiama è la mia unica salvezza.
«Sai stavo pensando che infondo non sarebbe male un marmocchio in giro per casa, immagini?Tutti i giochi sparsi per il pavimento, le mura di casa imbrattate di pappette strane» dice con voce alta per farsi sentire sino alla camera da letto. Non sarebbe male, ma ho venticinque anni è troppo presto per pensare ad un possibile matrimonio. Non voglio essere fraintesa, amo Blake più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma ho bisogno di pensare bene al mio futuro da scrittrice e alla mia carriera.
«Joel sarebbe un nome perfetto per un bambino» sussurra con il mento sulla testolina di Elijah, quest'ultimo non si cura di nulla continuando a ciucciare un cucchiaio.
«Significa Dio è Dio, carino no?» domanda incrociando le mani dietro la testa, gli lascio un bacio sulla nuca d'accordo con le sue parole. Sono pronta a preparare qualcosa da mangiare, vengo bloccata.
«Mi vado a cambiare, ordiniamo d'asporto non preoccuparti per la cena» annuisco, tenendo il pargoletto. Ho quasi paura a stringerlo troppo, sarebbe magnifico avere un bambino tutto nostro con gli occhi di Blake, i capelli ricci come i miei e il carattere esuberante di suo padre. Elijah è tutto sua madre, non ha acquisito una sola caratteristica dal ragazzo che l'ha concepito, forse è stato un bene per Alina avere un figlio che non assomiglia a suo padre. Non è riuscito a prendersi le sue responsabilità, lo dimenticherà più velocemente del previsto.
«Smettila di pensare, il criceto nella tua mente vorrebbe qualche minuto di tregua per riposarsi» affaticato si lascia cadere al mio fianco, appoggia la testa sul mio petto ascoltando i battiti del cuore. La pioggia s'infrange sulla finestra, facendomi chiudere gli occhi.
Elijah piange subito dopo, forse ha paura.
«Ha fame» anticipa le mie parole alzandosi per prendere il biberon dalla borsa, acciuffa il cellulare per ordinare la pizza. Il bambino continua a piangere così mi avvicino alla finestra cullandolo con i suoni della natura, sembra funzionare. Le montagne non sono innevate, ma risultano comunque bellissime.
«Ecco» mi tende il latte tiepido in modo che possa farlo bere al bambino senza problemi.
«È molto bello» gli accarezza la nuca con delicatezza, annuisco sorridendo a malapena.
«Il nostro primo appuntamento e stiamo già facendo pratica per dei bambini» posiziona il corpo in modo che possa completamente rilassarmi, sono stanca nonostante non abbia fatto assolutamente nulla. Blake riesce a fare mille cose contemporaneamente senza risentirne, carico di energie anche quando torna da un allenamento importante.
«Ti amo» dichiaro, sebbene non c'entri assolutamente nulla.
«Caspita siamo precoci, non possiamo andare lentamente?» alla sua proposta mi limito ad annuire con un sorriso limpido, si diverte a prendermi in giro.
«Ti amo anch'io» mi bacia con amore toccando le corde della mia anima.
Non ho bisogno di nulla, Blake è tutto ciò che voglio al mio fianco.

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