Capitolo 23

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Com'era potuto succedere?

Fino a pochi minuti prima stava vivendo quello che, sicuramente, sarebbe rientrato nella classifica dei cinque pomeriggi più belli della sua vita, e ora vedeva allontanarsi Marianne sempre più. Sentiva le gambe pesanti, il cuore che batteva furioso per l'agitazione di quello che stava accadendo e che non riusciva a fermare; procedeva con difficoltà, come se fosse immerso nelle sabbie mobili. Non sentiva nessun rumore esterno – né le lamentele dei passanti che ogni tanto colpiva, né la voce di Rose che ripeteva fino allo sfinimento il suo nome. Aveva solo un unico pensiero che gli rimbombava nella testa: raggiungere Marianne.

Ad un certo punto una famiglia con bambini gli si parò davanti, facendogli perdere il contatto con la ragazza, e quando riuscì a superarli, era ormai troppo tardi. Non riusciva più a scorgerla da nessuna parte.

Sapeva perfettamente che stava raggiungendo la stazione dei treni, e non si diede per vinto. Ora la strada sembrava leggermente più spoglia di persone, e si sentì speranzoso nel potercela fare.

Un po' stordito da tutti i suoi pensieri e le sue angosce, si sentì tirare per il braccio, mentre di nuovo, il profumo di Rose, si fece prepotente.

«David, basta! Lasciala andare, lasciale il tempo di riprendersi dallo shock.» La sua voce gli arrivò all'orecchio ovattata, ma bastò quello per farlo ritornare alla realtà.

Un senso di impotenza lo avvolse quando capì che Rose aveva ragione; anche se fosse riuscito a raggiungerla cosa sperava di ottenere? Aveva visto i suoi occhi: era delusa, si sentiva ferita; non gli avrebbe mai creduto e forse avrebbe peggiorato solo la situazione. Perderla era l'ultima cosa che voleva, perciò decise di lasciarle i suoi tempi. Avrebbero chiarito quando sarebbero stati entrambi più lucidi, ne era sicuro visto che fino a quel momento non le aveva mai mentito.

Si liberò dalla presa di Rose che gli stringeva ancora la giacca forse con il terrore che potesse di nuovo correre dietro a Marianne. Si girò verso di lei, e quando incrociò i suoi occhi che sembravano mostrare quasi un senso di sollievo, tutta la frustrazione che aveva addosso si riversò su di lei.

«Perché le hai detto che siamo fidanzati?» disse a denti stretti. Non urlò per non sforzare la voce – ormai non lo faceva più da molto tempo – ma l'espressione che aveva in volto bastò.

«Beh, ma... Io pensavo che...» balbettò lei, in rimando, ferita da quelle parole.

«Pensavi? E cos'è che pensavi, Rose?» domandò ancora acido.

Non aspettò neanche la risposta. La superò, deciso a tornarsene a casa.

Non aveva voglia di parlare. Era tutto perfetto fino a qualche minuto prima, e invece lei aveva rovinato ogni cosa; perché si era dovuta presentare così, proprio in quel momento? E perché proprio in quel modo, saltandogli addosso e cercando di baciarlo ad ogni costo?

Quelle domande erano impresse nella sua mente, forgiate dalla rabbia, ma più se le ripeteva, più capiva che c'era qualcosa di sbagliato. Aveva scaricato tutta la colpa su di lei, quando l'unica colpa che aveva era quello di provare ancora qualcosa per lui; era lui invece che doveva farsi un esame di coscienza. Perché non era intervenuto dicendo a Marianne che lui e Rose non stavano più insieme da tempo? Cosa glielo aveva impedito se non il fatto che lui stesso fosse confuso nei suoi sentimenti?

Si fermò, indeciso in quel che avrebbe dovuto fare; poi capì che la cosa migliore per tutti e tre era che lui prima risolvesse i suoi dubbi.

Si girò, e osservò Rose ancora ferma in mezzo alla strada come l'aveva lasciata. Lei lo stava fissando con gli occhi scuri che faticavano a trattenere le lacrime. Si avvicinò proprio mentre piccoli fiocchi bianchi iniziarono a volteggiare fino a toccare terra, posandosi sui suoi vestiti e capelli sciogliendosi al primo tocco.

Il Suono della Passione [Completa; in Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora