Capitolo 35

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«Stai più dritto e non tirare il collo. Fai come se dovessi guardarti le scarpe.»
La signora Reichtag mise una mano sulla schiena di Davide, mentre con l'altra gli spinse il mento in basso.
«Così! Ora riprova» ordinò senza staccarsi dal ragazzo.

Questo emise un suono, e finalmente fu quello che l'esperta si aspettava di sentire. Era da qualche settimana che lavoravano insieme con esercizi appositi scelti per far riassorbire l'edema, ma i miglioramenti erano veramente minimi, considerando anche i precedenti aiuti che aveva ricevuto il ragazzo.

Dopo la fine di quella seduta, sospirò come se quelle due ore l'avessero sfinita. Si appoggiò alla scrivania e osservò critica il giovane davanti a sé.

«Stai prendendo le medicine prescritte, Davide?» chiese per l'ennesima volta. Ormai sembrava un disco rotto; i sospetti che lui non seguisse le cure alla lettera erano forti, nonostante le rassicurazioni che riceveva in continuazione.

Lui ricambiò lo sguardo, deluso per quella ripetuta mancanza di fiducia. «Certo» esclamò.

«E gli esercizi? A casa gli stai facendo?» continuò la dottoressa, alzando successivamente un sopracciglio allo sbuffo che ricevette in risposta.

«Non posso aiutarti se tu non collabori» insistette, facendo aumentare l'irritazione del ragazzo.

«Eseguo i suoi ordini come un soldatino» replicò acido, con tanto di sorrisino sarcastico. Ma quelle parole rivelavano la verità. Era la sua ultima possibilità e non l'avrebbe buttata al vento per pigrizia. Si impegnava ogni giorno: prendeva gli integratori e i rimedi, ripetendo quei maledetti esercizi come prescritto; si impegnava a non alzare la voce per non forzare ulteriormente le sue corde vocali, e le teneva costantemente idratate.

Nonostante ciò, però, ogni sforzo sembrava vano.

La donna puntò gli occhi scuri nei suoi per qualche secondo, talmente seria da fargli sparire il sorriso. Poi si alzò, fece il giro della scrivania e si sedette sulla sedia girevole.

«Fai poco lo spiritoso» disse, digitando qualcosa sulla tastiera del computer. «Sei intelligente e credo tu abbia capito il motivo di queste ripetute domande.»

Davide strinse i denti, mentre un'ondata di preoccupazione lo invase. Era ovvio che lo sapeva; o, almeno, il dubbio gli era venuto. All'inizio, mesi prima, credeva che gli esercizi dati dall'esperto che gli avevano affidato non fossero abbastanza mirati, e per quel motivo, all'ultima seduta dal foniatra, aveva richiesto di essere seguito dalla dottoressa Reichtag, la più competente nel suo campo.

Ogni quattro giorni a settimana, alcune volte anche cinque, si doveva recare nella sua clinica privata di Bolzano, ma avrebbe sopportato anche un viaggio più lungo se questo significava finalmente guarire. Invece, la sua situazione era cambiata ben poco, e la donna di fronte a sé gli aveva fatto capire chiaramente che gli esercizi vocali appositi per il trattamento dell'edema non stavano dando i risultati sperati.

Finalmente, dopo parecchi minuti di silenzi e rimugini, l'esperta smise di scrivere e gli rivolse uno sguardo più dolce, quasi materno.

«È inutile che ti ripeta cosa sarebbe meglio fare... Lo sai perfettamente, vero?» chiese, continuando a osservarlo per decifrare le sue emozioni.

Davide abbassò gli occhi, capendo dove voleva andare a parare.
Di nuovo.

Scosse di poco la testa, ma non per negazione alla domanda della Reichtag, bensì a quello che gli stava raccomandando.

«Tuo padre è venuto oggi?» proseguì lei, ricevendo di nuovo una scrollata di spalle.

«A luglio compirò ventun anni. Sono perfettamente in grado di decidere per il mio futuro da solo» rispose lui con una smorfia, mettendosi sulla difensiva.

«Ma certo, questo non lo metto in dubbio, solo...», la dottoressa sospirò, «so che hai paura di non poter più cantare, ma l'operazione eliminerebbe il problema e, con un po' di esercizi mirati, potresti tornare sul palco prima che te ne renda conto.»

«Appunto, potrei» marcò l'ultima parola con durezza. «E se ciò non dovesse accadere?»

«Avresti comunque una vita più normale di quella che stai conducendo ora» rispose prontamente l'altra.

Davide scosse la testa per la terza volta. Non aveva mai voluto percorrere quella strada non solo per il motivo che continuava a ripetere a tutti. Aveva una paura incredibile di andare sotto i ferri, nonostante, mediamente, non fosse un'operazione complicata.
Il suo edema era troppo importante per agire in anestesia locale e ciò lo spaventava a morte. Rimanere, anche solo per un'ora, forzatamente addormentato era una cosa inquietante per lui.

«Ti chiedo solo di pensarci su qualche giorno. Non scartare subito questa opzione, per favore.»

«Okay» mormorò lui infine, sapendo però di star mentendo. La sua decisione l'aveva presa e difficilmente qualcuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.

Quando uscì dallo studio della Reichtag, però, il macigno che aveva sul cuore divenne più pesante. In qualche modo si sentiva in colpa per ciò che stava facendo e il pensiero andò al padre. Gli rimaneva solo lui e vedeva quanto la preoccupazione per la sua salute lo stava emancipando.

Prese il treno diretto a Trento senza riuscire a togliersi dalla pelle quella sensazione, mentre le parole della dottoressa gli rimbombavano nella testa.

Una volta seduto al suo posto, prese dallo zaino che si portava sempre appresso il blocco degli appunti e una matita. Lo sfogliò velocemente, ritrovando il foglio su cui aveva scribacchiato alcune frasi, rileggendole con un sorriso accennato:

Vorrei dedicarti una canzone
Che sia per te un respiro d'amore
Una luce in questa oscurità
Un rimedio alle ferite che la vita ti ha lasciato.

Subito gli ritornò in mente il giorno in cui, nel nero della sua vita, era finalmente apparso un debole raggio di sole. La ragione per cui aveva ricominciato a lottare aveva la forma della ragazza che si era ritrovato ad amare senza neanche rendersene conto.

Con un sospiro, i suoi occhi caddero sulle scritte successive:

Vorrei prenderti per mano
Stringerti e tenerti più vicino.
Lo senti il calore del mio cuore?
È l'amore che io provo per te.

Da quando, tempo prima, Rose l'aveva incitato a non mollare la composizione e la scrittura, gli era ritornata la necessità di riversare in note e parole quello che gli ribolliva dentro.

La matita, ormai, viaggiava sul foglio come presa di vita propria, e ulteriori frasi si unirono alle altre già esistenti. Le dita della mano sinistra, intanto, ticchettavano sugli anelli del blocco formando quella che, solo in seguito capì, sarebbe stata la melodia di quel testo.

Si fermò riflettendo, alzando lo sguardo per dirigerlo fuori dal finestrino del mezzo; osservò il paesaggio cambiare sotto i suoi occhi e ripensò a quella che ormai era diventata la sua condanna. Quello che gli stava accadendo era un chiaro indizio che non sarebbe mai riuscito a proseguire la strada che aveva tanto sperato per il suo futuro.

Un'altra persona, però, avrebbe potuto...

Riosservò il foglio pieno di scritte e cancellature, mentre un lampo attraversò la sua mente.
Finalmente aveva trovato il modo per aiutare Marianne a riprendere in mano il suo sogno.

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Prossimo capitolo domenica 10 novembre 💕.

Il Suono della Passione [Completa; in Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora