Capitolo 28

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Marianne uscì dalla camera spettinata e in pigiama, diretta in cucina per bere un bicchiere d'acqua. Mentre passò accanto al divano su cui stava riposando Massimo, con un braccio che gli copriva gli occhi, cercò di fare più piano possibile per evitare di svegliarlo. In realtà non sapeva che lui non aveva chiuso occhio per tutta la notte e ora stava cercando di alleviare il mal di testa che gli era venuto. Alzò di poco il braccio, giusto quel tanto per permettergli di vedere chi fosse e, appena si accorse della cugina, sospirò ricoprendosi gli occhi.

«Che ore sono?» chiese biascicando leggermente, distrutto da quelle nottate insonni. Solo il giorno prima era riuscito a dormire, ma per qualche minuto, poiché svegliato dai suoi zii. In realtà non sapeva il motivo per cui si era nascosto in un posto in cui poteva essere scovato facilmente. Forse, in cuor suo, sperava che i suoi genitori lo ritrovassero; forse, non voleva veramente andarsene... Dopotutto quella era la sua vita, la sua famiglia: come poteva veramente abbandonare tutto così?

La ragazza sobbalzò a sentire quelle parole, non aspettandosele minimamente.

«Oddio, Max! Pensavo stessi dormendo» esclamò sentendo il cuore batterle forte nel petto per lo spavento.

Lui non rispose, passandosi le mani sul viso sperando di togliere almeno un minimo di stanchezza.

«Sono le sei e mezza» rispose Marianne, dopo che si fu ripresa, allontanandosi per alleviare la sua sete.

Massimo si mise seduto sbuffando. Tra qualche ora avrebbe rivisto i suoi genitori. Non sapeva come avrebbero reagito rivedendolo dopo la sua fuga e aveva paura di un'altra litigata con suo padre.

Si alzò con troppo slancio e per qualche secondo tutto attorno a sé girò vorticosamente, facendogli aumentare il mal di testa. Ebbe anche un principio di rigurgito, ma che trattenne per evitare di dare altri problemi ai suoi zii: erano già stati molto generosi a permettergli di passare la notte da loro.

Si diresse anche lui in cucina, trovando la cugina in piedi davanti al lavello, con un bicchiere colmo di acqua fresca in mano.
Forse bere qualcosa potrebbe aiutarmi ad alleviare i malesseri, pensò raggiungendo Marianne.

«Hai una faccia che fa veramente schifo» gli fece notare la ragazza, dopo averlo osservato bene.

«Sempre molto gentile, vedo» controbatté lui facendo una smorfia, nonostante sapesse che diceva il vero. Di certo, le occhiaie che si erano accumulate durante quei giorni si facevano vedere prepotenti e sapeva che il dolore martellante sulle tempie contribuiva a dargli l'aspetto di uno zombie.

«Stai bene?» domandò la cugina, appoggiando il bicchiere sul piano di lavoro in marmo.

«Secondo te?» fece di rimando lui, appoggiandosi con le mani al lavabo, sapendo di risultare acido con quel comportamento.
Quando stava male, però, faticava a trovare parole gentili da rivolgere agli altri.

«Posso un bicchiere? Ho bisogno anch'io di bere» richiese subito dopo, sentendo la gola di un'improvvisa secchezza. Marianne aprì uno dei tanti ripiani e consegnò al cugino ciò che aveva richiesto. Lo riempì fino all'orlo di acqua fresca e se lo scolò tutto d'un fiato come se non bevesse da anni.

«Adesso mi vuoi dire cos'hai?» domandò la giovane, quando Massimo posizionò il bicchiere vicino al suo.

«Nulla di cui preoccuparsi, veramente» cercò di tranquillizzarla, per poi staccarsi dal lavello, con l'intenzione di dirigersi in soggiorno.
Lei però lo bloccò prima che potesse sorpassarla.
«Non è vero.»
Puntò tutta la sua attenzione su di lui, facendo capire che non lo avrebbe lasciato andare finché non le avesse detto la verità.

Il ragazzo scosse piano la testa, cercando di ignorare il dolore martellante alle tempie, e abbassò lo sguardo per non dover più incrociare quegli occhi indagatori.

Il Suono della Passione [Completa; in Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora