Capitolo 27

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Ho ucciso mio fratello.

Quelle quattro parole continuavano a rimbalzarle in testa senza che lei riuscisse a immagazzinarne il significato.

«Come... cosa?» balbettò interdetta, dopo un tempo che al cugino sembrò non finire mai.

«Hai sentito bene. Sono un assassino: ho ucciso mio fratello» ripeté Massimo incastrando gli occhi verdi nei suoi. Occhi che di certo non appartenevano a un omicida.

«Ma che stai dicendo?» chiese ancora, pensando addirittura che fosse uno scherzo di pessimo gusto: quello che le aveva rivelato le sembrava una cosa impossibile, che non aveva nessun senso logico.

«Ho ucciso mio fratello!» gridò lui, spazientito dal suo scetticismo. «In che altri modi devo dirtelo?»

Avrebbe tanto voluto ricordare quell'avvenimento per sapere effettivamente cosa era accaduto, ma più ci pensava e più veniva avvolta da una coltre di nube scura.
Odiò la sua mente perché era riuscita a restituirle i dolorosi ricordi di sua sorella, ma non quello che era accaduto al cugino molti anni prima.

«Non è proprio così, Massimo» intervenne, finalmente, Karmen. «È stato un incidente. Non è colpa tua».

Il giovane rivolse tutta la sua attenzione ai due adulti che lo stavano osservando preoccupati dal suo atteggiamento.

«Sì, invece!» inveì alzandosi e sbattendo i palmi sul tavolo. Karmen, Stefano e Marianne sussultarono, e il movimento dei tre, seppur minimo, fu subito notato dal ragazzo. Questo bastò a calmarlo un poco.

Sussurrò un: «scusate» e ritornò seduto.

D'improvviso scoppiò in lacrime, come se tutta la sofferenza che si era tenuto dentro fino ad allora, non potesse più essere trattenuta nel suo corpo. Si coprì il viso con le mani, forse cercando di nascondere quel momento di debolezza ai suoi parenti.

Poco dopo, altre mani, più piccole e paffutelle, coprirono le sue, invitandolo a toglierle.

«Se fossi rimasto lì con lui... me lo aveva pure detto, ma io avevo pensato che avesse solo paura. Era sempre stato molto prudente...» singhiozzò appena il viso di Karmen entrò nel suo campo visivo.

La donna tenne le mani del ragazzo tra le sue e sorrise tristemente.

«Avevi quatto anni» cercò di tranquillizzarlo. «Per te era un gioco e non potevi sapere cosa sarebbe accaduto.»
Gli asciugò le lascime e l'abbracciò, sperando di dargli conforto.

«Ha dato la sua vita per salvare la mia» continuò Massimo.

«Lo so, ma sono sicura che è orgoglioso dell'uomo che sei diventato.»

Concentrandosi su quelle ultime parole, il ragazzo appoggiò la fronte sulla spalla di sua zia, avendo bisogno in quel momento solo di una persona che lo stringesse forte, come sua madre non faceva ormai da tempo.

***

Quella sera Massimo dormì da loro, sul divano trasformato alla bell'e meglio in un giaciglio.

«Stai meglio?» la voce di Marianne gli arrivò alle spalle e lo fece sobbalzare un poco.

«Se dicessi di sì, ti mentirei» rispose mentre finì di sistemare il piumone, in modo che durante la notte non si muovesse troppo.
Sapeva, però, che non avrebbe dormito granché. Al miscuglio di emozioni che gli ribolliva in corpo si era aggiunto anche il rimorso: sua madre era diventata molto ansiosa dopo la morte di suo fratello, e ciò che aveva fatto di sicuro le aveva provocato un enorme preoccupazione.

Il Suono della Passione [Completa; in Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora