Capitolo 12

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Da quella discussione avuta con Davide, Marianne non si presentò a lezione per qualche giorno. Lui aveva immediatamente capito che era per colpa sua, e il saperlo lo logorava.
Aveva decisamente esagerato. Tutto quello che le aveva rivoltato addosso lo pensava realmente, ma avrebbe potuto esprimersi diversamente, di questo ne era certo.

Non era il tipo di persona che si metteva ad insultare una ragazza senza motivo, eppure l'aveva fatto senza neanche rendersene conto. Si era comportato da stronzo e aveva mostrato una parte che non aveva niente a che fare con il suo vero essere.
Il dolore e tutti i ricordi che Marianne aveva fatto affiorare, lo avevano accecato. Lo avevano reso immune alla stessa sofferenza che aveva scorto nella ragazza. Solo dopo, a mente lucida e cuore più tranquillo, si era reso conto dell'accaduto e del suo comportamento immaturo.

Voleva rimediare, ma non sapeva come fare. Non sapeva dove abitava, se non che era di Trento, e non aveva il suo numero di telefono. L'unica cosa che poteva fare era aspettare. Alla prima occasione si sarebbe scusato, ma intanto non poteva fare nulla.

Il ragazzo si sistemò meglio le cuffiette nelle orecchie, facendo rimbombare la sonata di Bach per pianoforte che stava cercando di imparare. Scese dal treno e si unì alla massa di gente che si stava avviando all'uscita della stazione.
Fece quella poca strada che lo separava dall'università e, una volta arrivato, spense la musica entrando.
Salì le rampe di scale che lo avrebbero portato all'aula e, nel mentre, diede una veloce occhiata al sito che ormai era in cima alla sua cronologia di Google. Dopo aver inserito numero di identificazione e password, gli apparse la notifica di ricevuta dell'esame che stava aspettando da giorni.
Si bloccò sul pianerottolo del secondo piano, mettendosi in disparte per poter leggere senza essere disturbato. Con il cuore che gli stava per scoppiare nel petto per l'ansia, cliccò sul file e i suoi occhi si mossero velocemente sulle parole che spiegavano l'esito. Più leggeva e più le sue spalle si incurvarono, insieme alla speranza che affievoliva man mano.
Una volta finito, bloccò il cellulare sospirando e mettendolo nella tasca del giaccone.

Si sentiva fiacco e con la gola secca; aveva bisogno di un po' di acqua fresca, perciò si diresse in bagno.
Si sciacquò il viso pallido, cercando di trattenere le lacrime nonostante si aspettasse quella notizia. Il suo istinto non sbagliava mai, ma per un secondo ci aveva sperato.

Si osservò allo specchio capendo che non sarebbe riuscito ad affrontare quella giornata. Aveva solo voglia di tornare a casa. Ciò che aveva letto l'aveva messo al tappeto.

Uscì dalla toilette sistemandosi lo zaino sulle spalle, e fu in quel momento che la vide. Dopo quasi una settimana finalmente era ritornata e ora era lì, davanti a lui. Non poteva perdere l'occasione.

Forse quello che gli stava accadendo era a causa del karma. Lui si era comportato male e adesso ne subiva le conseguenze. Rimediando magari poteva salvare anche se stesso.

Si avvicinò, nonostante sapesse che stava entrando nei bagni riservati alle ragazze. Lei non si era ancora accorta di lui; aveva lo sguardo puntato sulle sue mani insaponate, ed era concentrata molto probabilmente in qualche pensiero.

«Ehi...». La voce di Davide uscì talmente flebile che, per un secondo, pensò di non aver neanche parlato.
E invece lo aveva fatto. E lei lo aveva sentito.
Alzò subito la testa, facendo scattare i suoi occhi su di lui. C'era solo rabbia. Rabbia e dolore.

«Cosa vuoi ancora?» sputò mentre chiudeva l'acqua.
«Ti devo parlare» rispose Davide con un nodo alla gola.
«Io credo che abbiamo parlato abbastanza» fece ancora Marianne acida, allontandosi di poco dal lavandino per asciugarsi le mani.

Davide, mosso dall'istinto, si mise davanti l'uscita del bagno, bloccandola al passaggio in modo che fosse costretta a rimanere lì e ascoltare le sue scuse.
Lei, quando si accorse di essere in trappola, gli schioccò un'occhiataccia, infastidita da quel comportamento.

«Adesso chi è quello che perseguita?» domandò Marianne avvicinandosi a lui per cercare di farlo scansare, anche se con pochi risultati.

«Volevo scusarmi per quello che ti ho detto» si affrettò a dire il ragazzo. «Non mi sono comportato nei migliori dei modi e mi dispiace. Farti soffrire era l'ultima cosa che volevo».

«A me non sembrava, altrimenti perché avresti dovuto accusarmi in quel modo? Senza sapere niente di me, per giunta!» iniziò a inveire lei. «Hai letto solo uno stupido articolo sull'incidente, e ti credi così informato da dire che ho iniziato a cantare solo per la fama e i soldi?».
Marianne era sempre più rossa in viso e decisamente troppo vicino a lui. Il suo dito era puntato sul petto di Davide con forza. Poteva sentirlo anche da sotto gli strati di vestiti che lo ricoprivano.

Il giovane si guardò attorno, felice che a quell'ora non ci fosse nessuno in bagno. Non voleva che qualcuno, anche solo per sbaglio, sentisse ciò di cui stavano discutendo.
Allontanò, delicatamente, la mano della ragazza dal suo corpo, anche se con un po' di difficoltà, vista la sua presa di posizione.
«Non era mia intenzione, veramente» ripeté fissandola negli occhi, sperando che capisse che non stava mentendo.

«E allora per quale motivo mi hai detto quelle cose?» chiese lei, ritirando con fastidio la mano che ancora lui teneva, facendolo arrossire all'inverosimile.
«Non mi sembra di essere stata antipatica con te» continuò «e non ho fatto nulla per meritare un trattamento simile. O sbaglio?».

Lui abbassò lo sguardo, pentito di aver fatto parlare i sentimenti la volta prima, invece della ragione. Marianne non gli aveva mai fatto niente; era lui quello sbagliato.
«Amo cantare tanto quanto te...»
«Questo non ti giustifica» lo bloccò acida. Spostò il ragazzo in malo modo approfittando del suo abbassamento di guardia, riuscendo finalmente ad avere lo spazio per uscire da quel posto. Lui non provò a bloccarla un'altra volta; capì che dire tutta la verità era l'unico modo per far sì che lei accettasse le sue scuse.
Ma era veramente così importante chiarire? Doveva per forza mettersi a nudo, mostrando la sua debolezza più grande a una sconosciuta?

Non arrivò a formulare le risposte a quelle domande che già aveva parlato.
«La verità è che sono invidioso».

Marianne si fermò, girandosi verso di lui con uno sguardo divertito.
«E perché mai, scusa?»

«Sono invidioso perché tu, nonostante tutto quello che ti è accaduto e la scelta che hai preso, puoi ancora continuare a cantare. Puoi ancora fare ciò che ami» spiegò, lasciando però la ragazza più confusa di prima.

«Anche tu puoi farlo» fece. «Se non sei molto bravo, studia e impegnati. All'inizio è sempre difficile, ma niente è impossibile. Se ti piace così tanto perché rinunciare?».

Davide mise le mani in tasca e chiuse gli occhi per un istante. Stava cercando di trattenere le lacrime ad ogni costo, ma gli sembrava quasi impossibile. Una piccola goccia salata gli rigò la guancia e lui l'asciugò prima che toccasse le labbra.

«Ma tu stai...?». La ragazza vide il movimento, ma non riuscì a finire la frase. Le parole le morirono in gola.
Lui alzò lo sguardo, rivelando quel segreto che aveva tenuto nascosto per troppo tempo.

«Forse non sarò in grado di cantare mai più» ammise in un sussurro. «Le mie corde vocali hanno un problema e non so se riuscirò a risolverlo nel modo giusto». Strinse il cellulare che aveva nella giacca con rabbia, come se tutto quello che gli stava accadendo fosse colpa di quell'aggeggio portatile.
«Non l'ho deciso io, ma il destino è stato crudele. Mi toglie l'unica possibilità di essere felice».

Il Suono della Passione [Completa; in Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora