Capitolo 6

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Da quando aveva recuperato una parte dei suoi ricordi, il dolore divenne un crescendo continuo. Rimpianse quei giorni in cui tutto le era sembrato estraneo; in cui pareva fuori posto anche il suo nome, come se il suo subconscio lo riconoscesse ma non sapesse bene in che contesto della vita inserirlo. Ora, finalmente o purtroppo, tutto tornava.

Nei giorni seguenti iniziò a venire apatica: parlava poco, mangiava poco, non usciva praticamente mai dalla sua camera. Era tormentata dai pensieri, dalle immagini di una vita passata che non sarebbe più tornata.

Avrebbe voluto scappare; allontanarsi da quella stanza e quella casa che le ricordava troppo sua sorella. Ma non trovò mai il coraggio, più che altro per i suoi genitori. Notava, riflesso nei loro occhi, una sofferenza maggiore di quella che doveva sopportare lei; sapeva che il suo atteggiamento li stava preoccupando. Avevano paura di perdere anche lei, l'unica figlia rimasta; l'unico appiglio che li permetteva di non affondare.
Molto probabilmente fu questo a darle la forza per ricominciare a vivere.

Grazie a Massimo, poteva passava ore a leggere i libri che le prestava, per poi parlarne con i suoi genitori ai pasti. Anche se non conoscevano il titolo, ascoltavano con piacere le riflessioni che le nascevano naturali, sapendo che era il suo modo per distrarsi dalla realtà.
Giorno dopo giorno appariva più serena agli occhi dei genitori, nonostante non mancasse notte in cui facesse difficoltà a dormire o si svegliasse in lacrime a causa di un sogno appena fatto.
I libri erano la soluzione per occupare la sua mente durante il giorno, ma non potevano nulla contro la notte.
Per ora, però, le bastava.

Anche in quel momento Marianne era seduta sulla poltrona del salotto, concentrata nella lettura del libro che Massimo le aveva consigliato. All'improvviso la suoneria del cellulare di sua mamma partì ad un volume esagerato, facendola sobbalzare e destare dal magico mondo in cui era entrata.

La sentì affrettarsi a rispondere, rimanere per qualche minuto al cellulare, e poi interrompere la chiamata.
Si alzò incuriosita, avvicinandosi alla madre che era ancora di spalle.
«Chi era? Sembri turbata...».

Karmen trasalì sorpresa, immersa nei suoi pensieri.
«Alessia, la tua manager» rispose timidamente senza girarsi. Aveva ansia per la reazione della figlia quando le avrebbe rivelato ciò che aveva fatto.

«Che voleva di nuovo?» chiese ancora la ragazza, nonostante non fosse difficile da immaginare.
Da quando aveva recuperato la memoria, Alessia non aveva smesso di chiamare. Voleva che tornasse a cantare, ma per lei la musica era diventata solo un dolore. Non aveva più intenzione di riprendere in mano il microfono.

La madre non aprì bocca e iniziò a preoccuparsi.
«Cosa le hai detto?».
Di nuovo non ricevette risposta, e allora capì.

«Hai veramente accettato?» tuonò la ragazza, rossa in viso per la rabbia. «Sai perfettamente che non ho più intenzione di continuare a cantare!»

«Calmati Marianne. L'ho fatto per il tuo bene» rispose la donna avvicinandosi alla figlia. «Non puoi lasciar andare il tuo sogno proprio adesso. Ti sta offrendo una seconda possibilità. Dovresti coglierla al volo invece di arrabbiarti tanto».

«Tu non capisci mamma» riprese. «Non voglio più sentir parlare di quella cosa! Mi ha portato via la persona più importante che avevo».
Iniziò a singhiozzare per la rabbia e il dolore. La madre le cinse le spalle abbracciandola e la sentì sussurrare un: «la odio, la odio».

«Non fare così, ti prego» la supplicò Karmen, addolorata nel vedere sua figlia in quelle condizioni.
«Hai sempre amato la musica; se tu continuassi magari riusciresti a sopportare meglio la perdita, non credi? Sarebbe un modo per sentirla più vicino a te...»

Il Suono della Passione [Completa; in Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora