Capitolo 2

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«Si può fare qualcosa, dottore?» Karmen osservò preoccupata l'uomo in camice bianco di fronte a lei.
Lui scrisse qualcosa su un foglio e lo ripose in una delle tante cartelle sulla sua scrivania. Incrociò le mani e vi appoggiò il mento, osservando la donna con i suoi occhi scuri. Vedeva tutta la sua ansia, ma questo non lo colpì. Era abituato a scene del genere, forse troppo.

«È molto grave?» domandò di nuovo la donna. Voleva ottenere una risposta, ma era impossibile. La perdita di memoria era un fatto che poteva accadere per svariati motivi, le spiegò il medico. Ne esistevano di diversi tipi. Quella della figlia era basata sulle conoscenze della sua vita, da quello che aveva potuto constatare: i suoi ricordi, il suo nome e le persone a cui voleva bene. Non aveva in nessun modo intaccato le sue capacità generali, come mangiare, parlare, scrivere, camminare o altro.

«Purtroppo non si può sapere quando riacquisterà la memoria. Forse accadrà in parte, oppure per niente» disse l'uomo cercando di essere il più gentile possibile. Ma la donna non voleva lasciar cadere il discorso con facilità. Molto probabilmente aveva il bisogno di sentirsi dire che tutto sarebbe andato per il meglio. Dopotutto, non dev'essere facile per una madre accettare il fatto che la propria figlia potrebbe non riacquistare più la memoria.

«Ci sarà sicuramente un modo per aiutarla» esclamò la donna. «So che è utile ritornare sui luoghi famigliari...».

«Sì, è utile, ma non assicura il recupero della memoria. Può provarci, questo è certo, ma forzarla a ricordare potrebbe dare l'effetto contrario. Si può solo aspettare e sperare» concluse il dottore alzandosi.

Karmen lo imitò, più per rispetto che per vera voglia di andarsene.
«Dobbiamo però condurre altre analisi più approfondite. Si è appena svegliata dopo tre mesi di coma ed è necessario tenerla sotto controllo per un altro po' di tempo» disse poi l'uomo. Lei annuì e uscì dalla stanza subito dopo il medico.

«Dovrebbe tornare a casa a riposare» continuò il dottore mentre percorrevano il corridoio che li avrebbe portati nella camera della ragazza.

«Io non lascio mia figlia!» pronunciò la donna con indignazione. Non le importava quanto stanca fosse. Sarebbe rimasta lì fino a quando la sua bambina non fosse stata dimessa.

«È sempre rimasta accanto a lei per tutto questo tempo,» cercò di convincerla «non crede che potrebbe anche lei concedersi un attimo di tregua?»

Karmen scosse la testa decisa e il medico preferì non continuare la discussione. Rimase in silenzio ammirandone la forza e la determinazione. Era una grande donna, di questo era certo.

***

I mesi passarono nell'ospedale di Trento dove la ragazza era stata ricoverata, tra analisi, controlli e i primi inizi di un lungo periodo di fisioterapia. Si riprese con velocità e gli infermieri attribuirono ciò alla sua grande voglia di vivere. Aveva ancora qualche difficoltà a camminare a causa dell'atrofia muscolare dovuta a tutti quei mesi di "riposo", ma si stava impegnando perché non sopportava più di stare sdraiata a letto e di farsi aiutare continuamente per qualsiasi cosa.

Anche in quel momento, mentre tornava in camera dopo l'ennesima lezione di fisioterapia, aiutata da Martina, l'infermiera che per tutto il tempo si era presa cura di lei insieme alla madre, si sentiva un peso non solo in senso fisico, ma anche psicologico.
L'unica cosa che aveva ricordato, qualche minuto dopo l'uscita del medico dalla sua camera alla prima visita seguente il risveglio, era stato un nome: Marianne. Lo aveva associato subito al suo, sollevata che almeno rammentasse quel particolare.
Tutto il resto, però, era nebbia. Un vapore denso e spesso che le oscurava la mente ogni volta che provava a pensare al suo passato o alla sua famiglia. Sapeva di avere un padre e una madre, ma non ricordava neanche un momento della sua infanzia passato con loro.

Il Suono della Passione [Completa; in Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora