Delle voci, poco più forti di deboli borbottii, iniziarono a farsi strada tra le sue orecchie creandole un fastidioso senso di oppressione. Nonostante non fosse più abituata a distinguere certi tipi di suoni, riuscì a captare con una certa nitidezza alcune proposizioni.
Era sicura al centoun per cento che ci fossero almeno due persone nella stanza oltre a lei: un uomo e una donna. Poté concludere ciò dal tono grave e profondo del primo e dalla contrapposizione delicata e femminile della seconda voce che udì.
Ordinò alle sue palpebre di schiudersi per poter scorgere i volti di quegli individui, ma il suo corpo non obbedì. Si sentì solo improvvisamente stanca e senza forze, nonostante l'evidente dormita in cui era caduta fino a quel momento, e lasciò che il sonno la prendesse di nuovo.***
Una luce molto forte l'accecò e quasi rimpianse il buio che era stata costretta a vedere per tutto quel tempo. I suoi occhi non erano abituati, e per qualche secondo non vide niente nonostante sapesse di averli aperti.
Piano piano i colori si fecero spazio tra l'eccessiva luminosità, dandole però solo una visione sfocata del mondo attorno a sé.
Ci vollero parecchi battiti di ciglia prima che riuscisse a riconoscere gli oggetti nella stanza e si guardò attorno per capire dove si trovasse.Vide, innanzitutto, un lampadario, uno di ultima generazione, orizzontale, con le lampadine incorporate. Non emanava chiarore però, bastava quello che stava entrando dalla finestra in quel momento per creare un'atmosfera luminosa e confortevole. Inoltre, le pareti bianche di un latteo quasi inesistente, riflettevano la luce dando un immenso fastidio ai suoi già deboli occhi.
Abbassò lo sguardo accorgendosi di essere sdraiata su un letto singolo, stretto e parecchio scomodo. Oltre alle lenzuola anch'esse bianche, era riscaldata da una coperta di un orribile azzurro sporco che assomigliava in maniera impressionante allo scialle di una vecchietta.Al suo capezzale notò una signora seduta su una sedia azzurra e con la testa appoggiata vicino alle sue gambe. Stava dormendo e la ragazza non poté non osservarla curiosa.
I capelli rossi, crespi e ricci erano raccolti in uno chignon disordinato e parecchi ciuffi ribelli e sudati le ricadevano sulla fronte corrucciata. Poche rughe le incorniciavano il volto rotondo e paffuto. Quelle più pronunciate, vicino agli occhi e agli angoli della bocca, le fecero comprendere che era stata sicuramente una persona molto solare e sorridente, ma le labbra sottili, in quel momento tirate, le fecero percepire che da molto tempo non sorrideva più e che invece era l'ansia lo stato d'animo che la caratterizzava. Infine, il naso piccolo e a patata completava quel quadro; quel viso così famigliare ma anche così estraneo.Stranamente, solo in quel momento si accorse di un suono ripetitivo e sordo che rimbombava nella stanza. Era molto simile a quello che fa una goccia d'acqua mentre cade nel lavandino che perde e, solo quando girò lo sguardo verso sinistra, si accorse che era il rumore del suo cuore. Il BIP proveniente da un monitor le fece comprendere all'istante il posto in cui si trovava.
Sospirando provò ad alzarsi per mettersi in una posizione più comoda, ma non le fu semplice a causa di un braccio ingessato e di alcune fitte dolorose al busto, che sentiva ogni volta che faceva degli sforzi.
Tentò almeno di muovere le gambe per alleviare il fastidioso formicolio, ma solo dopo si accorse che così facendo avrebbe svegliato quella donna. Infatti, appena alzò di poco il ginocchio, quella aprì gli occhi stanchi mugugnando per la scomodissima posizione in cui si era addormentata. Non riuscì a smetterla di guardarla finché, anche lei, alzando un poco la testa, incrociò il suo sguardo. Subito i suoi piccoli occhi color del cielo si riempirono di lacrime che non riuscì a trattenere. Con grande sorpresa della ragazza, si fiondò su di lei circondandole il collo con le braccia tozze schioccandole piccoli baci umidi ovunque.
«Figlia mia. Figlia mia» continuò a ripetere tra i singhiozzi.
Lei non disse nulla interdetta da quel comportamento.
La donna le prese il viso tra le mani osservando il suo carnato pallido, ancora più del solito, e le guance scavate.
«Chiamo il medico. Ok?» chiese preoccupata e, senza ottenere risposta, si precipitò fuori dalla stanza.
Rimase di nuovo sola, ma non per molto tempo, perché poco dopo entrarono un'infermiera e un medico. La donna che aveva trovato al suo capezzale, che ormai aveva capito essere sua madre, entrò anch'essa nella camera, ma si tenne in disparte. Si notava la sua preoccupazione anche a chilometri di distanza e gli occhi lucidi a malapena riuscivano a trattenere le lacrime.Il medico si avvicinò subito pronto per farle una prima visita, mentre l'infermiera si occupò di controllare il liquido nella flebo.
«Non ci aspettavamo questo improvviso risveglio. Non dopo così tanto tempo» comunicò il dottore, prendendo lo stetoscopio e posizionandolo in vari punti sul petto della ragazza, verificando il battito cardiaco.«Dopo tanto tempo? In che senso?» domandò confusa la ragazza.
L'infermiera le spiegò che era rimasta in coma per molto tempo a causa di un terribile incidente in cui si era salvata per miracolo, uscendone anche abbastanza illesa dopotutto.
«Tre mesi! Tre mesi in coma!» precisò sua madre tra i singhiozzi, non riuscendo più a trattenersi. «Avevamo perso ogni speranza, ma per fortuna Dio ha ascoltato le nostre preghiere» continuò travolta dalle sue stesse emozioni.«Martina...» mormorò piano il medico all'infermiera facendo un cenno verso la donna in lacrime. Questa si avvicinò sorreggendola e portandola fuori dalla stanza.
«Si calmi, Karmen, la prego» sentì implorare la ragazza prima che la porta si chiudesse.Riuscì con difficoltà a metabolizzare l'accaduto e solo ripensandoci comprese quello che aveva sentito.
Tre mesi. Novantun giorni. In coma.
Le sembrò stupido pensare che non se ne era neanche accorta.
«Tutto bene?» le domandò il dottore preoccupato per il suo repentino cambiamento di stato d'animo. La ragazza annuì, anche se non era difficile intuire che stava mentendo.Lui continuò la visita, controllando che stesse bene fisicamente e poi, su richiesta della paziente, l'aiutò a mettersi in una posizione più comoda. Infine, come voleva la prassi, iniziò a porle qualche domanda partendo da una estremamente semplice.
La madre della ragazza rientrò proprio in quel momento, ormai abbastanza ripresa per poter assistere, assieme all'infermiera.«Adesso ti porrò alcune domande molto semplici» le spiegò il medico. «Rispondi senza pensarci troppo. Okay?».
Solo quando la ragazza rispose affermativamente, lui continuò.
«Perfetto, allora partiamo con la prima. Puoi dirmi come ti chiami?» chiese senza un certo stupore da parte della sua paziente nel sentire ciò. Era più di una semplice domanda e le sembrò molto strano che le chiedesse proprio questo quando a pochi passi da loro c'era sua madre.
Comunque rispettò quello che aveva promesso e aprì la bocca per rispondere. Provò a parlare, ma non riuscì ad emettere alcun suono.
«Io... io mi chiamo...». Tentò ancora ma con lo stesso identico risultato. Era come se avesse in mente la risposta, ma non riuscisse a pronunciarla.
Abbassò gli occhi con agitazione cercando di ricordare, ma più si sforzava e meno ci riusciva.
Alla fine dovette arrendersi all'evidenza. Alzò lo sguardo verso il dottore, che aspettava impaziente una risposta, e parlò. «Non lo so» mormorò.Il medico la guardò preoccupato. Osservò la madre per qualche secondo e poi l'infermiera che annuì impercettibilmente. Quello che purtroppo avevano sospettato era accaduto.
Volle, però, continuare con le domande per assicurarsene, perciò iniziò a chiederle cose specifiche sulla sua vita, come qual era il suo colore preferito o se aveva qualche animale domestico. Non seppe rispondere a nessuna delle domande poste. Non se lo ricordava. Non sarebbe neanche riuscita a dire chi fosse la donna che per tutto quel tempo era rimasta con lei, se la stessa non avesse risolto i suoi dubbi minuti prima.Iniziò ad agitarsi sempre più. Quando però l'uomo passò a farle domande più generali che non avevano nessuna associazione con la sua vita, seppe rispondere egregiamente a tutto. Si tranquillizzò un po', ma sentiva comunque un vuoto premerle il petto. Sapeva che c'era qualcosa che non andava in lei. Che in qualche senso era sbagliata.
Poco dopo il dottore uscì, seguito da sua madre e dall'infermiera. Rimase sola e ne fu sollevata. Non si sentiva più parte di quel mondo che non ricordava più, ma una parte di lei le disse che era un bene.
Come promesso ecco a voi il primo capitolo.
La nostra protagonista si è appena svegliata da un coma abbastanza lungo e ha subito una sfida da affrontare. Secondo voi cosa accadrà?Fatemi sapere tramite un commento e/o una stellina cosa ne pensate!
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Prossimo capitolo sabato 24/02.
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Il Suono della Passione [Completa; in Revisione]
Romansa* Vincitrice del premio "Miglior storia drammatica" del Contest Triskelion. * Secondo posto nella categoria "Romanzo rosa/storia d'amore" del concorso "The Stars Awards 2019". * Vincitrice del contest "Il Libro dorato di Wattpad" nella lista "Storie...