Dopo che Davide ebbe riaccompagnato a casa Marianne, tra i due ragazzi sembrò essere sparita l'ostilità che aveva caratterizzato il loro rapporto fino ad allora.
Forse anche a causa della decisione di fare il lavoro di gruppo assieme, si ritrovavano spesso durante la pausa pranzo o le ore di buca. La scusa era sempre quella di preparare il report da presentare a inizio dicembre, ma alla fine ridevano tutto il tempo, con il risultato che non riuscivano a concludere nulla.Ma ciò non preoccupava nessuno dei due. Da tempo, ormai, non erano così spensierati; troppo per non capire che dovevano godere a pieno di quella felicità, perché, come tutte le cose belle, non sarebbe durata per sempre.
Sia Karmen e Stefano che Pietro avevano notato questo cambiamento, seppur leggero, ed erano sorpresi nel vedere che quell'amicizia, nata per caso, stava dando dei risultati così promettenti. Decisamente molti più frutti di quelli che avevano dato i loro continui sforzi per rendere felici i loro figli.
E di questo, potevano esserne solo grati.Pian piano, i due ragazzi, iniziarono a conoscersi meglio, anche se erano lontani dall'aprirsi completamente.
Marianne scoprì che la musica, per Davide, aveva lo stesso significato di quello che aveva per lei. Era una passione nata grazie a sua madre, cantante non professionista che aveva amato dilettarsi in quell'attività durante ogni faccenda di casa.Ben presto il ragazzo, incoraggiato dai due genitori, si era iscritto alla scuola musicale, che frequentava due o tre volte la settimana dopo scuola, al posto di uno sport, come la maggior parte dei suoi coetanei.
Studiò canto e pianoforte, appassionandosi talmente tanto a quello strumento che suo padre decise di regalargliene uno.Più avanti imparò a suonare anche la chitarra, molto più pratica da trasportare e perfetta come accompagnamento alla sua voce.
Arrivò al punto in cui, la musica, era tutto per lui: la sua ragione di vita e la sua unica sussistenza.Dalla scuola musicale passò al conservatorio di Trento, che frequentò fino alla fine delle superiori, per poi spostarsi a quello di Monaco, sotto consiglio di uno dei suoi professori, approfittando del collegamento che c'era tra le due scuole per non perdere gli anni già guadagnati.
Fu a Monaco di Baviera che la sua vita musicale venne interrotta, ma il ragazzo non si spinse oltre al racconto; ancora troppo dolore gli suscitavano quei ricordi.
Marianne non cercò mai di sforzarlo a continuare. Per ora, andava bene così. Aveva ottenuto più di quanto sperava.
***
Il portone di legno scuro si richiuse lentamente dietro di lui. Non si era premunito di tenerlo aperto perché sapeva che non sarebbe rientrato subito.
Doveva smaltire la rabbia e la delusione, e pensare. Pensare molto.Attraversò la strada, per poi sedersi sul muretto del vicolo e accendersi una sigaretta. Era da tanto che non fumava, ma in quel momento ne sentiva assoluto bisogno.
I primi tiri, come si era immaginato, gli bruciarono la gola e più volte gli andò per traverso il fumo. Nonostante ciò, continuò e pian piano i pensieri si fusero con il vapore scuro, viaggiando sempre più in alto fino a confondersi con il buio della sera.Sospirò, chiudendo gli occhi e rivedendo tutti i fotogrammi di ciò che era appena accaduto.
Lo odiava. Odiava suo padre fin nel profondo delle ossa, e odiava anche se stesso, perché sapeva che la colpa per tutto quello che era accaduto era solo sua.Una lacrima gli solcò la guancia, percorrendo tutta la sua mascella prima di cadere al suolo.
Altre lacrime avrebbero voluto uscire, ma lui si asciugò velocemente gli occhi appena sentì una voce chiamarlo.«Massimo» Marianne si avvicinò a lui sorridendo. «Perché sei qui fuori?»
Il ragazzo alzò la mano, mostrando la mezza sigaretta che teneva tra le dita.
«Aspetta, tu fumi?» domandò lei, sconvolta. «Da quando?»«Da un po' di anni. Avevo cercato di smettere finite le superiori, ma, evidentemente, non ci sono riuscito del tutto» spiegò, facendo un altro tiro e buttando il fumo quasi in faccia alla cugina, che si spostò velocemente trattenendo il fiato schifata.
Strano che non sapesse niente del brutto vizio del ragazzo, ma forse era una di quelle cose che ancora non rammentava. In realtà, solo allora se ne accorse, non aveva alcun ricordo di momenti passati con Massimo prima del suo risveglio, o almeno, non recenti.
«Cosa ci fai qui?» chiese lui, interrompendo i suoi pensieri.
«Volevo chiederti una cosa» rispose ottenendo subito la sua attenzione. «La settimana prossima dobbiamo consegnare il report per il progetto di Misurazione e mi chiedevo se potevi darci un'occhiata.»«Dovrei controllarlo e correggerlo?» domandò, ancora, il cugino, guardandola con criticità.
«Beh... Sì» ammise lei, un po' imbarazzata. «Sei ti va...» aggiunse, visto che la risposta tardava ad arrivare.
Lui la osservò per un attimo, per poi fare l'ultimo tiro di sigaretta e buttarla.
«Bene allora», scese dal muretto con un salto, «non mi va» rispose schietto.Marianne credette di aver sentito male, ma quando il cugino ripeté quello che aveva detto, rimase spiazzata.
«Perché, scusa?»
«Te lo devo anche spiegare?» fece lui di rimando, acido come non lo era mai stato. «Non ci parliamo da più di un mese, praticamente, e adesso ti presenti sotto casa mia per chiedere elemosina?»«Sai che non ce l'ho più con te per quello che è accaduto a teatro, e sai anche che sono stata molto occupata in questo periodo» si difese lei, usando il suo stesso tono.
«Sì, a stare con quel tuo nuovo amichetto.»
«Dovevamo fare il lavoro di gruppo!»
«Un lavoro di gruppo che ti ha fatto completamente dimenticare della mia esistenza, evidentemente!»Lei spalancò gli occhi, sbalordita da quelle parole.
«Stai scherzando, vero? Ogni martedì ti aspettavo in piazza Duomo per fare la strada insieme, come sempre, ma tu non ti sei mai presentato!» precisò, mentre un sensore di fastidio si fece strada dentro di lei. «Io non mi sono dimenticata di te. Era palese che tu fossi ancora arrabbiato, perciò ho preferito lasciarti sbollire un po'. Ora credevo ti fosse passata l'irritazione, ma è evidente che mi sono sbagliata.»
Concluse con un tono che non lasciava dubbi sulla sua indignazione.Si osservarono corrucciati, una di fronte all'altro, talmente vicini che Marianne riusciva a sentire la puzza di tabacco dell'alito di Massimo.
Rimasero così per qualche secondo, in religioso silenzio, finché il ragazzo non si allontanò sospirando. Si avvicinò al portone di casa sua, prendendo le chiavi dalla tasca della giacca e inserendole nella serratura.«Senti» si girò in modo da guardare in viso la cugina, cambiando tono di voce in uno più cordiale. Dopotutto, non era colpa sua se il mondo che aveva faticato a creare stava per crollare come un castello di carte.
«Non è un buon momento» disse soltanto.La ragazza lo osservò, notando la tristezza che aveva negli occhi.
«Cosa sta succedendo?» domandò preoccupata.«Niente» affermò lui, quasi troppo velocemente perché Marianne non capisse che stava nascondendo qualcosa. «Niente» ripeté poi, come per convincere se stesso. «Solo che... È un periodo un po' così.»
Diede le spalle alla cugina per nascondere il viso, e girò la chiave nella serratura, aprendo il portone.
«Massimo» lo richiamò lei, sperando che si fermasse e le dicesse di più.
«Non aspettarmi domani. Non ci sarò» fu l'unica risposta che ricevette, prima che il legno scuro mettesse un muro tra di loro.
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Il Suono della Passione [Completa; in Revisione]
Roman d'amour* Vincitrice del premio "Miglior storia drammatica" del Contest Triskelion. * Secondo posto nella categoria "Romanzo rosa/storia d'amore" del concorso "The Stars Awards 2019". * Vincitrice del contest "Il Libro dorato di Wattpad" nella lista "Storie...