Capitolo 4

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I corridoi dell'ospedale erano come sempre affollati. Il continuo e frenetico via vai di medici ed infermieri, ninja feriti in missione o civili ammalati creava una certa confusione.

Kurenai stava per entrare nella stanza di Ayumi, quando fu bloccata da una giovane infermiera.

«Signorina, abbiamo i risultati degli esami.» affermò con tono pacato, porgendo alla kunoichi una cartelletta blu elettrico. La corvina lesse velocemente il referto. Si portò una mano alla bocca, incredula.

«Non le abbiamo ancora detto nulla. Pensavamo sarebbe stato meglio che lo venisse a sapere da un conoscente.»

«M-Ma ne siete certi?» In circostanze normali, una notizia del genere sarebbe stata meravigliosa. Ma in quel momento...

«Non esistono falsi positivi in questi casi. So che si trova in un momento difficile... Ma potrebbe essere un'occasione di riscatto.» Le rivolse un lieve sorriso, per poi dileguarsi.

Kurenai esitò parecchio di fronte alla porta scorrevole. Entrare in quella stanza le faceva sempre paura; vedere l'amica in quelle condizioni le spezzava il cuore, la faceva sentire completamente inutile. Dopo parecchi minuti, prese un profondo respiro ed entrò.

Ayumi era sempre nella medesima posizione, gli occhi privi della luce che solitamente li animava, ormai senza più lacrime da piangere o voce per urlare. 

La kunoichi si avvicinò lentamente al letto di lenzuola pulite, tremante.

«Ehi, splendore...» Dovette fare uno sforzo immane perché non le tremasse la voce «Come ti senti?»

Ayumi le rivolse un lieve e triste sorriso, quasi impercettibile. Ma dalla bocca non le uscì nemmeno un fiato.

«Ti prego, parla con me.» Un insopportabile nodo le bloccava la gola «Vedrai che ogni cosa andrà meglio... Ma devi reagire. Non serve a niente lasciarsi morire, Kakashi non avrebbe mai voluto vederti così!» Aveva alzato la voce senza rendersene conto.

Si pentì immediatamente di quanto appena detto, vedendo Ayumi tremare, con il viso rigato dalle lacrime.

«Non fate altro che dirmi che andrà meglio...» singhiozzò, con un filo di voce «Ma come potrebbe andare meglio? Sono sola adesso! Kakashi è stato l'unico a credere in me, a proteggermi quando non mi restava che la morte. Senza di lui, io non sono niente. Non ho più ragione di vivere!» Strinse forte i pugni, in preda alla disperazione ed al dolore.

Kurenai si sedette sul bordo del letto, proprio accanto all'amica, e le prese la mano, che si rilassò un poco.

«Oh, no Ayumi. Tu hai me, io sono qui e ti resterò sempre accanto. Ricordalo.» la rassicurò, stringendola a sé. Ayumi si sciolse in quell'abbraccio, uscì dalla corazza nella quale aveva trovato rifugio dall'intero mondo, anche da chi cercava di darle una mano.

«E poi...» La corvina le porse la cartelletta, rivolgendole un sorriso misto di paura e speranza «Ora più che mai hai una ragione per continuare a vivere.»

La ragazza lesse i risultati dei propri esami. Fissò lo sguardo di ghiaccio in quello rosso vivo di Kurenai, privata della parola dallo stupore.

«È... È vero?» Fu l'unica cosa che riuscì a balbettare, prima di tornare a fissare le parole d'inchiostro impresse sulla carta ruvida.

«Sì, tesoro. Kakashi non ti ha lasciata da sola.» Non poté che farsi scappare una lieve risata di sollievo, quando l'amica sfoggiò finalmente un radioso sorriso, accarezzandosi ancora incredula il ventre.

"Oh, Kakashi..."


L'odore di umidità e morte si fece violentemente strada tra le sue narici, ricordandogli di essere parecchio lontano dal villaggio, dalla propria casa, da Ayumi. Non avrebbe mai pensato di essere in grado di riaprire gli occhi, quella volta.

Poteva sentire un debole flusso di chakra estraneo percorrergli il corpo, donandogli forza. Spostò lentamente lo sguardo, fino ad incontrare la figura di una giovane ragazza, inginocchiata accanto a lui ed intenta nell'esecuzione di alcune difficili tecniche mediche.

I lunghissimi capelli neri erano raccolti in due chignon disordinati, i quali lasciavano fuori qualche ciocca, che le ricadeva liscissima fino a sotto il seno. La tenuta da ninja era estremamente rovinata, sporca e sgualcita, il suo viso estremamente pallido e scavato era costellato da infinite lentiggini, che contornavano due grandi occhi di un viola intensissimo.

Ogni muscolo del suo corpo era intorpidito e freddo, il dolore provocato dalle torture e dai massacri dei giorni precedenti pareva provenire direttamente dalle ossa, atterrandolo e lasciandolo senza fiato ad ogni minimo movimento.

«Non ti conviene muoverti più di tanto.» gli aveva detto con tono impassibile, senza distogliere lo sguardo dal flusso di chakra «Come al solito quel verme non si è smentito. Mi rimane pochissima energia. E recuperare le forze in questo schifo di posto non è uno scherzo.» 

«Agli ordini...» scherzò lo shinobi, ricevendo per tutta risposta un'occhiata velenosa «Si può sapere dove diamine sono finito?»

«Se lo sapessi, probabilmente non sarei più rinchiusa qui dentro da un pezzo. Tutto quello che posso dirti è che siamo lontani chissà quanto dai villaggi ninja.» sputò lei con amarezza.

«Da quanto sei qui?» Parlare si faceva via via meno faticoso. Senza dubbio era un'abile padroneggiante delle arti mediche.

«Ho smesso di contare i giorni, quando ho capito non esistesse speranza alcuna di essere soccorsa e tratta in salvo.» 

La luce blu proveniente dalla tecnica andò via via affievolendosi, fino a scemare completamente.

«In ogni caso, io sono Akane. Vedi di ricordarlo.» sentenziò con tono freddo, per poi alzarsi ed andare a stendersi su quello che doveva essere una sorta di letto a muro, formato da una spessa tavola di legno sorretta da due grosse catene. Vi era un'unica coperta, sgualcita e piena di buchi.

«Il mio nome è Kakashi.» rispose, mettendosi lentamente a sedere e poggiando la schiena alla fredda parete, nelle crepe della quale era cresciuto copiosamente il muschio.

Alcuni raggi di sole filtravano da una strettissima fenditura nel soffitto, quasi completamente chiusa da robuste sbarre, ricoperte da un sottile velo di ruggine, e situata ad almeno tre metri da terra. Il pavimento, lastricato di pietre piatte ed irregolari, pareva non presentare punti dove fosse possibile scavare o provocare un cedimento del terreno.

Kakashi si passò una mano tra i capelli argentei e madidi di sudore. La maschera nera era stata quasi totalmente dilaniata dai violentissimi colpi di frusta, così come la maggior parte della sua divisa da Anbu. Ogni arma in suo possesso gli era stata sottratta, così come ogni goccia di chakra a lui rimasta.

«Dobbiamo trovare il modo di uscire da qui.»

La risata amara di Akane riecheggiò «Ma non mi dire! Pensi che non abbia già provato ogni cosa in mio potere? Il pazzo che sta dietro a tutto questo non è certo uno stolto. Fuggire da questo posto è impossibile, ficcatelo bene in testa.»

«Sembra che tu sia a conoscenza di molte cose che io, al contrario, ignoro completamente.» continuò, coprendosi con una mano lo sharingan, che gli doleva molto.

La ragazza sbuffò «Non ho mai visto direttamente il volto di chi ci ha catturati, di chi ci tortura. Rimane sempre nascosto nell'ombra, fa sempre le stesse domande, usa ogni volta metodi più disumani per farti cantare le risposte che cerca. L'unico motivo per il quale siamo ancora in vita, è che pensa che potremmo essergli utili. Sono certa che, una volta saputo ciò che gli serve sapere, non esiterà a freddarci.»

«Ha un'aria terribilmente familiare. Sono quasi certo di aver già avuto a che fare con lui, ma la penombra nella quale si rifugiava mi ha reso impossibile la certezza assoluta. Inoltre... La persona di cui parlo è morta cinque anni fa, sotto i miei stessi occhi.»

«Mettiamo che i tuoi sospetti siano fondati. Di chi si tratterebbe, allora?»

«Di una delle più grandi minacce che la Foglia si sia mai trovata ad affrontare.»





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