12: minacce di stalking

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Seppur abbia potuto dormire solo poche ore mi ritrovo costretta a recarmi nuovamente come quasi ogni giorno al Seattle Grace, anche se preferirei mille volte essere appallottolata tra le coperte nere del mio letto. Sbatto la porta del piccolo spogliatoio sottolineando il mio cattivo umore a tutti i presenti.
"Buongiorno a te, troll delle montagne" borbotta la Yang, il suo umore è perennemente sotto terra perciò le lancio un'occhiata comprensiva.
"Cosa c'è Catherine? Niente scopata mattutina con Shepherd?" Non mi volto neanche a guardare Meredith che probabilmente si trova solo in un acuto stato di astinenza visto che nessuno se la porterebbe a letto tranne O'Malley.
"Cosa c'è Meredith? Vuoi una ginocchiata nei denti?" Si vede che non sono dell'umore? Mi sa di sì.
Izzy in tutto questo è rimasta in silenzio a guardarci spaventata, il suo buon umore non è il benvenuto qui, è chiaro.
Esco velocemente con il completo anti estetico da specializzanda e mi dirigo subito verso la Bailey, neanche avessi voglia di vederla.
"Webber? Non ci credo che sei in orario, non è da te" Fa finta di stupirsi la dottoressa, vorrei minacciare anche lei, ma forse non è il caso.
"Con un po' di buona volontà ce la faccio anch'io, vede?" Le sorrido fintamente per poi aspettare gli altri con lei.

"Avete il culo pesante stamattina? Forza, è tempo di lavorare!" Esclama lei una volta che tutti i miei colleghi si sono allineati di fronte alla sua figura.
"Grey e O'Malley in pronto soccorso" li indica, mentre godo grazie a queste parole. La prima soddisfazione giornaliera.
"Stevens con me" Izzy sta per avere un infarto a giudicare dalla sua espressione.
"Yang e Karev con Shepherd, Webber con Burke" Burke? Strano.
"Muovetevi!" Esclama ancora spaventandomi a morte.
Trovo Burke nel corridoio adiacente con in mano una cartella.
"Piccola Webber, oggi con me!" Contento lui.
"Beh, che si fa?" Domandò mentre lo seguo avviarsi in una direzione sconosciuta.
"Stanza 452, è appena arrivato un paziente" spero solo che non sia quel Lenny dell'altro giorno con i suoi problemi sessuali.
Arrivati nella stanza troviamo un ventenne riccio abbandonato nel letto della sala, con due enormi occhiaie e un'aria stravolta.
"Buongiorno signor Hampton" esclama il dottore che ho di fianco facendo alzare gli occhi al cielo al paziente.
"Si può sapere che ho finalmente?" È evidentemente stufo di trovarsi lì, seppur sia soltanto da poco.
"È qui soltanto da mezz'ora, dobbiamo ancora fare degli esami, non abbiamo la palla di vetro" ridacchia Burke non lasciandosi provocare.
"Liam Hampton" borbotto.
"Sì, è il mio nome" sbuffa quello.
"Il figlio meno prodigio di Robert Hampton, o sbaglio?" Lo provoco.
"Preferiva avere come paziente mio fratello Chris? Mi spiace, quel perfettino è ancora in buona forma, ti farò sapere in caso gli venga qualche malattia sconosciuta" mi guarda torvo.
"Sarebbe sicuramente più simpatico, come sta il buon vecchio Chris?" alzo gli occhi al cielo.
"Lo conosci?" È stupito, per chi mi ha preso?
"Certo! Organizzava le migliori feste della UM, dopo le mie ovviamente" che bei ricordi. Chris Hampton era il classico ragazzo che faceva buon viso a cattivo gioco per avere quello che voleva, non ci sono mai cascata, ma della sana competizione era sempre accetta perciò io e Hampton abbiamo passato gli anni dell'università a gareggiare per qualunque cosa.
"Ed ecco cosa aggiungere nella lista di cose che potrebbero rovinare mio fratello" fare feste è illegale?
Burke ci interrompe cercando di evitare a portare entrambi all'esaurimento nervoso.
"Mi dica i suoi sintomi, signor Hampton" mi passa la cartella in cui mi appresto ad annotare tutte le parole del ragazzo.
"Ho un acuto mal di testa e una forte nausea" si passa la mano sul viso.
"C'è altro?" Lo incalza Burke.
"Sono venuto perché il mio coinquilino ha detto di avermi visto avere tipo delle convulsioni e si è spaventato" Burke si avvicina a lui e tira fuori dalla tasca del suo camice una piccola torcia.
"Le da fastidio?" La punta vicino ai suoi occhi e il ragazzo si ritrae annuendo.
"Vedi anche sfocato oppure doppio?" Chiedo io ad un tratto, ho capito dove vuole arrivare.
"Effettivamente sì" ci guarda confuso.
Io e Burke ci lanciamo uno sguardo e lui sorride per il fatto che ci ci sia arrivata anch'io.
"Abbiamo bisogno di una tac, ma i sintomi sono quelli di un aneurisma cerebrale. Ora bisogna capire dove si trova e operare" Burke si allontana dalla stanza per richiedere l'esame e io rimango ad osservare il ragazzo ancora steso.
"Un'operazione mh?" È più scosso di prima.
"Hai paura?" Sorrido comprensiva avvicinandomi a lui.
"Non mi sono mai operato" lo dice mascherando la preoccupazione, nonostante sia comunque palese.
"Non preoccuparti, Burke è bravo nel suo lavoro e in caso lo controllo io" gli faccio un occhiolino.
"Bisogna avvertire suo padre" rientra e io guardo Liam che afferra il suo cellulare e ci passa il numero.
"Io non ci parlo" ah le relazioni padre-figlio, sempre così complicate.
"Tranquillo, è compito nostro" il dottore esce nuovamente dando al ragazzo l'opportunità di continuare la conversazione.

"Non sei un po' troppo giovane per fare il medico?"
"Stai dubitando delle mie doti per caso?"
"No, per carità. Ma quanti anni hai?" Ridacchia.
"Ventiquattro"
"Cazzo, abbiamo solo tre anni di differenza? Sicura che puoi fare il medico?" Io ridacchio.
"Faccio lo specializzando, non sono ancora in medico. Ho appena finito di studiare." Rispondo, tra un po' mi offendo.
"Hai ventiquattro anni e hai già finito di studiare?"
"Diciamo che ne so molto, mio padre è il primario di questo ospedale e poi ho studiato 5 anni nella migliore università in Australia, varrà pur qualcosa" il tipo si tranquillizza, vabbè comunque non avrei dovuto mettere io le mani nel suo cervello.
La conversazione sembra finita e indietreggio nuovamente.
"Ora che succederà?" Mi chiede prima che esca.
"Farai un piccolo esame per vedere dov'è situato il tuo aneurisma e poi andrai filato in sala operatoria" poggio la sua cartella sul ripiano.
"Tranquillo, sei in buone mani" sorrido.
"Nelle migliori" commenta qualcuno dietro di me.
Mi volto trovandomi gli occhi azzurri dei Shepherd che mi osservano.
"Derek, che ci fai qui?" Sono ancora abbastanza seccata, ma attualmente anche sorpresa visto che tecnicamente dovrebbe trovarsi assieme a Alex e Cristina.
"Ho mollato gli specializzandi con la vecchietta della 366 e sono venuto a cercarti" mi sorride per poi prendermi un braccio e trascinarmi fuori dalla stanza.
Nel portarmi fuori però intruppiamo Burke che ci guarda confuso per poi salutare Derek in modo non convinto.
Ci osserva stranito fino a che il suo sguardo non nota la presa di Derek su di me.
"Dove state andando?"
"Via" risponde il mio rapitore.
"Non puoi portarla via, abbiamo un paziente da operare" risponde ovvio
"Te la caverai" ribatte acido Derek allontanandomi ancora di più.
Perfetto, adesso anche Burke si è fatto un'idea del rapporto che abbiamo io e Shepherd, rapporto che ancora non so identificare per giunta.
"Si può sapere cosa vuoi?" Gli chiedo mentre continua a trascinarmi.
"Parlare con te, mi stai evitando da due giorni" si ferma per aprire la porta di uno stanzino, ma perché dobbiamo sempre entrare negli stanzino per fare discorsi importanti? Insomma, sono inquietanti.
"Io non ti posso evitare per due giorni che mi rapisci, ma se tu mi ignori per una settimana intera va tutto bene?" Chiedo ironica appoggiandomi al muro.
"Ma devi sempre rigirare tutto a tuo favore?" Sbuffa, poverino no? Lui è sempre la vittima.
"Se ci penso hai iniziato a fare lo strano dopo che ho tirato in ballo casa tua, nascondi qualcosa" rifletto.
"Non nascondo nulla"
"Non era una domanda, so per certo che nascondi qualcosa" devo scoprire di cosa si tratta, farò di tutto per entrare in casa sua.
"Devi fidarti di me!" esclama in difesa, quando si innervosisce vuol dire che ho ragione.
"Mi fiderò di te quando sarai onesto con me, perché so che mi stai tenendo all'oscuro di qualcosa e sai che farò in modo di scoprire ogni cosa" lo avverto.
"So come sei fatta" sospira.
"Allora sai anche che probabilmente ti inizierò a seguire ovunque per scoprire di cosa si tratta" alzò un sopracciglio sfidandolo.
"Ci vediamo alla mia macchina a fine giornata, non voglio essere stalkerato da te: sei pericolosa" annuisco ed esco dallo stanzino soddisfatta.

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