19: sasso, carta, forbice e trauma cranico

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Sono a casa, è il mio giorno libero.
Aspettavo questo momento da un po': il poter rimanere a casa, stravaccata sul letto, magari mangiando del grasso cibo spazzatura (come faccio quasi ogni giorno, d'altronde), in compagnia del mio magnifico coinquilino e lontana dal tanfo del sangue e dai camici.
In realtà non è andata proprio come speravo: sì mi trovo sul letto, sì sono con Alex, sì sto mangiando schifezze da questa mattina e non sono in ospedale, questo è già un traguardo, ma il mio umore è pessimo.

Cristina è incinta, la scorsa notte l'ho passata da lei, stamattina ha chiarito di voler restare un po' sola per digerire la notizia e capire cosa fare, spero solo non opti per soluzioni estreme come buttarsi dalla finestra o finire sotto a un tir, anche se lei non ne è decisamente il tipo.

Da quando sono tornata a casa, oltre a dormire, ho passato il tempo a deprimermi con delle vecchie puntate di qualche giallo che fanno in tv. Il mio coinquilino è del mio stesso umore, ho provato a chiedergli cosa andasse, ma non vuole aprirsi con me, ha detto le stesse parole che mi rifilò qualche giorno fa riguardo l'argomento: "devo metabolizzare la cosa da solo" o qualcosa del genere. Vorrei che almeno mi desse un indizio o una sorta di trailer come quelli dei film che escono al cinema, almeno saprei in minima parte cosa aspettarmi e non verrei torturata tutti i giorni dalla curiosità, a pensarci forse è un modo per punirmi per tutte le volte che l'ho assillato coi miei problemi. Avrebbe senso effettivamente.

"Alex" mi giro verso di lui, siamo entrambi spaparanzati sul mio letto a due piazze, il più comodo della casa, ovviamente, lui sta sbriciolando il materasso di patatine, io invece sto praticamente bevendo un gelato totalmente sciolto da quanto tempo l'ho tentato stretto a me facendo finta fosse un fagottino vivente, per vedere come fungerei da zia per il potenziale figlio di Cristina.

"Mh" mi risponde non girandosi per la pigrizia del momento.
"Pensi di volere dei figli? Nel futuro intendo" ultimamente ci sto pensando molto, tra la situazione di Cristina e i fantasmi del passato che hanno deciso di tornare a tormentarmi, mi ritrovo a pensare a se una vita del genere sarebbe adatta a me.
Non è impossibile gestire una famiglia e al contempo lavorare in ospedale, molte donne lo fanno e la soddisfazione non viene mai senza qualche sacrificio, o almeno così dicono.

"Non sono il tipo" mi risponde lui, piuttosto prevedibile. "Sì ma non ti piacerebbe avere un compagno di vita e avere l'opportunità di creare un altro essere vivente?" Chiedo, forse questa storia dei neonati mi sta dando alla testa.

"Ma che ti prende?" Alex si alza leggermente sui gomiti per osservarmi meglio "Cosa c'è?" Chiedo confusa "parli di bambini e 'compagni di vita'" risponde sbigottito.
"Sei posseduta per caso?" Continua "c'è un demone là dentro?" Batte le nocche sul mio cranio per poi avvcinarsi e tentare di sentire qualcosa.
"Ma stai fermo scemo" rispondo allontanandomi offesa.
"Lo so che non siamo le persone ideali per questo tipo di vita, ma magari ci porterebbe gioia o che ne so, felicità" spiego io, non so nemmeno di cosa stia blaterando, credo siano gli ormoni che parlano: sono chiaramente in pre-ciclo.

"Sai cosa mi porterebbe gioia?" Chiede appoggiandosi nuovamente al cuscino "finire questa dannata specializzazione e diventare un chirurgo, non ne posso più di fare da schiavo in ospedale" sbuffa tornando al tema lavoro. Alzo gli occhi al cielo: ecco l'ennesimo argomento della lista "non provare nemmeno a parlarne con Alex tanto lo sai che non può capire questi concetti, sono troppo complicati per lui" (lo so, il nome è lungo, ma esprime chiaramente lo scopo della lista).
"Ok come non detto" alzo gli occhi al cielo.

"Tu cosa desideri che accada nei prossimi anni?" Mi chiede per continuare la conversazione e il fatto che sia interessato ai miei di obiettivi è strano.
"Spero tanto che Derek e Meredith spariscano misteriosamente dalla faccia della terra senza più far ritorno" sorrido sognante "poi desidero, ovviamente, diventare un chirurgo a tutti gli effetti" metto le braccia dietro la testa e fisso il soffitto pensierosa "Dici che ce la faremo?" Chiedo.
"Senza alcun dubbio" mi pizzica leggermente la guancia come fossi una bimba che appena detto delle assurdità.
Spero vivamente sia così perché non ho alcun piano B.

Il campanello suona improvvisamente, per un attimo spero di essermelo immaginato e di non dover andare ad aprire, ma Alex si gira verso di me seccato dall'interruzione e capisco che uno dei due dovrà andare a controllare l'identità della persona dietro la porta e cacciarla prima che possa vedere lo stato in cui siamo ridotti noi, per primi, e poi la casa, vi do un indizio: fa pena, sembra un porcile.
"Sasso, carta, forbice!" esclamiamo allo stesso tempo, io faccio la carta e lui il sasso: ho vinto.
Ghigno soddisfatta "tutto tuo" esclamo mentre lui sbuffando si alza (rigorosamente in mutande e maglietta bianca macchiata, io mantengo un po' di contegno indossando almeno dei pantaloncini sportivi e una grande maglia, non so di chi sia, ma è molto comoda).
"Catherine è per te" mi urla dall'ingresso lui, sbuffo, non ci credo: per una volta che ero riuscita ad evitare di andare ad aprire io. Non ho tutti questi amici, chi potrebbe mai bussare alla mia porta nel giorno libero che aspettavo da una settimana e che non mi sto godendo per nulla?
Mi lego i capelli in una cipolla venuta non male, malissimo e levo le briciole dalla maglietta: spero solo di essere in condizioni vagamente presentabili.
Mi dirigo verso la porta dove un Alex seccato mi aspetta per poter tornare a stravaccarsi sul mio letto e continuare la maratona di una qualche copia scrausa di Law & Order.
Spero solo non sia Derek, o Meredith, o sua moglie, o Cristina venuta qui per rigettare tutte le sue ansie e paranoie su di me: perché non sono mentalmente capace di poter reggere nessuno di essi.

"Catherine" forse avrei preferito quell'oca di Meredith. "Hampton" lo guardo da capo a piedi: sempre elegante e sempre con quella faccia da coglione.
"Che ci fai alla mia porta?" Chiedo abbastanza confusa, credo sia qualche scherzetto giocato dal mio cervello per farmi impazzire. "Beh..." sta per rispondere ma lo interrompo "no aspetta, per prima cosa: come sai dove abito?" Effettivamente aveva più senso farla prima questa domanda poiché non conosce il mio indirizzo qua a Seattle.
"Sono Chris Hampton, che domande" ridacchia "ovviamente" alzo gli occhi al cielo, ho voglia di sbattergli la porta in faccia. "Quindi che vuoi?" Mi appoggio allo stipite molto seccata e già stanca della conversazione. "Invitarti a cena" da dietro la schiena fa comparire una rosa bianca, sono piuttosto stupita, deve essere impazzito. "Hai preso una botta in testa?" Chiedo perplessa "no" mi guarda confuso "sicuro? Perché sembrano i sintomi di un trauma cranico" controllo ogni eventuale bozzo sulla sua fronte perfetta, sì lo ammetto, è un bell'uomo, non avrei cercato di negarlo comunque.
"È così strano che voglia passare del tempo con te?" Mi chiede confuso "ehm, sì?" Ora sono io quella stupita che non ci sia arrivato prima, ma cosa gli dice il cervello? Cioè siamo nemici leggendari: la notte e il giorno (ovviamente io sono la notte), il bene e il male (non sono molto sicura di questa), lo Ying e lo Yang (che è la stessa cosa), la pizza e il sushi... sono a corto di paragoni, ma penso di aver dato l'idea.

"Non ci vediamo da così tanto, volevo commemorare i vecchi tempi" spiega " e ringraziarti per l'intervento di mio fratello".
"Tu sei da internare, altroché, se vuoi conosco un bravo psichiatra" sono realmente preoccupata che abbia qualche problema nella capoccia perché non è possibile che dopo tutti i nostri trascorsi lui voglia cenare con me. Ed è impossibile che pensi di avere qualche chance che accetti, non lo farei neanche sotto tortura.
Detto questo chiudo la porta non volendo sentire altre pazzie. Insomma cosa sta succedendo oggi? Io che penso a feti e bambini, Alex che perde a carta, sasso e forbice e Chris alla mia porta: è in arrivo la fine del mondo. Più tardi vedremo i cavalieri dell'apocalisse sfilare in città pronti a mandare morte e distruzione, me lo sento: l'ordine naturale delle cose è andato a puttane.

Sì lo so, non giudicatemi.

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