Capitolo 13

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Cap. 13

Nathalie Sancoeur uscì dalla stanza meccanicamente, senza ragionare o percepire altro che il senso di impotenza e terrore che le attanagliava il cuore, dopo aver visto lo sguardo invasato di Gabriel.

Ma cosa stava facendo? - pensò appena fuori dallo studio dello stilista, immersa nel silenzioso ed austero androne di Villa Agreste.

Come era potuta arrivare a quel punto della sua vita?

Chiuse gli occhi e scostò gli occhiali dal naso, stringendolo tra il pollice e l'indice della sua mano sinistra.

Per una frazione di secondo si rivide ai tempi dell'università: figlia di una coppia di ambasciatori, abituata all'alta società, studentessa modello, carriera spianata, donna inarrivabile per tutti, eccetto che per lui - quel ragazzo del corso di moda e design per cui il suo cuore non aveva mai smesso di battere; quel ragazzo carismatico ed austero per cui le sue notti si struggevano nella solitudine del proprio giaciglio; quel ragazzo che però aveva occhi solo per la sua migliore amica: Emilie.

Si! Il destino sapeva davvero essere beffardo: un uomo e due donne - due amiche per la vita, quasi due sorelle, eppure in competizione per lo stesso ragazzo.

Ricordò la rabbia del momento in cui Gabriel chiese ad Emilie, e non a lei, di sposarlo - Emilie era la sua "sorella", non poteva portarle rancore, ma il dolore che la pervase annichilì tutti i suoi sentimenti: ecco! Quello era il modo giusto di vivere: senza sentimenti!

Ma ora ... quello sguardo ... quella follia contro una ragazzina che, lo aveva visto, era in tutto e per tutto lei da giovane: la sua voglia di vivere, la sua spensieratezza, la sua innocenza.

Cosa sarebbe successo?

Tremò.

Sospirò.

Si ricompose.

D'altronde, era colpa sua se Emilie era caduta nel sonno eterno: lo aveva fatto per salvarle la vita.

Riviveva quel momento ogni minuto della sua vita.

Aveva litigato per la prima volta con lei - un motivo futile, ma che fu la classica goccia che fece traboccare il vaso e che le fece riversare addosso all'amica - in un sol colpo - tutte le notti di disperazione e di dolore. Le aveva urlato contro il suo rammarico ed il suo inutile odio, con le lacrime agli occhi, per chiuderle definitivamente in faccia la porta della sua stessa vita e scappar via, lasciandola attonita sull'uscio della propria villa.

E lì accadde.

Sarà stata la corsa, oppure la vista sbiadita dal pianto, o la confusione dentro alla testa e nell'anima, ma mise un piede in fallo ed inciampò, cadendo rovinosamente in mezzo alla strada di fronte a Villa Agreste.

Di quello che accadde dopo, purtroppo, Nathalie aveva solo ricordi convulsi: il rumore dell'inchiodata improvvisa dell'auto che stava sopraggiungendo, il suono del tonfo secco della lamiera su qualcosa, la vista fugace di un essere mascherato, un bagliore, Emilie a terra ed, infine, lo sguardo di Gabriel di fronte alla moglie immobile.

Quello era stato la sua condanna per la vita.

Poi aveva saputo - proprio da Gabriel - del Miraculous: del fatto che magicamente l'amica fosse ancora viva, ma che il danno che il gioiello aveva subito nello scontro l'aveva "addormentata", rendendola di fatto un vegetale.

Lì aveva deciso: avrebbe espiato la sua colpa, a qualunque costo, per restituire la moglie all'amato, restandogli sempre vicino, ma senza nulla di più che la sua stessa devozione ed espiazione.

Fece un passo nell'androne di Villa Agreste ed il rimbombo del suono del suo tacco la riportò nella realtà della situazione.

Aveva del lavoro da fare.

"Mi dispiace ... Signorina Marinette ..." - pensò mentre si dirigeva verso il proprio ufficio, ritornando ad essere "la segretaria senza sentimenti".

MarinetteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora