XXXIX

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Damon

La goccia di acqua che cadeva dalla grontaia e si infrangeva sul terriccio. Una mosca che ronzava per la stanza. Il vento che, lentamente, si infrangeva sul vetro delle finistre.... Tutto mi appariva più nitido all'udito, potevo sentire anche il più piccolo dei suoni. Mi sentivo rinato, potente, non sapevo come spiegarlo.

Ero cosciente di me stesso, dopo tanto tempo mi sentivo bene e in forma.
Quando aprii gli occhi la prima cosa che vidi fu Leila che camminava lentamente per la camera, con un libro tra le mani.
La mia attenzione venne catturata dalle piccolissime particelle di polvere che depositavano sui mobili, dal respiro di qualche domestica nella stanza accanto.

«Damon!», urlò mia madre adottiva.

Emisi un lamento di disapprovazione, «non urlate, per favore», borbottai con voce neutra.

«Non sto urlando, il mio tono è normale», abbassò il tono di voce e si avvicinò lentamente a me. Persino i tacchi delle sue scarpe mi procuravano un fastidioso mal di testa, ogni suono sembrava essere amplificato. «Come vi sentite? Ci siamo preoccupati parecchio per la vostra condizione», si sedette sulla sedia accanto a letto e mi sistemò le coperte sul corpo. Solo allora mi resi conto che il mio busto era fasciato da delle calze bianche ed ero a torso nudo.

«Cosa mi è successo?», le chiesi.

«Avete affrontato dure settimane, ricordate lo scontro con Ken?», chiusi gli occhi e provai a rammentare qualcosa, ma tutto mi appariva confuso. Ricordai la nube comparsa sul bosco, il corpo di Jane inerme tra le mia braccia, la morte dei sovrani e dei loro cari, il cristallo che Ken desiderava. Annuii e ritornai con lo sguardo su di lei. «Ken, sapendo di essere sul punto di sconfitta, per liberarsi  e raggiungere Jane che nel frattempo stava pronunciando l'incantesimo, vi ha colpito all'addome. Solo poche settimane fa ci siamo resi conto che nel vostro corpo vi era un potente veleno in grado di uccidervi, evidentemente Ken -essendo uno spirito- è riuscito a far entrare la mano nel vostro corpo e ad iniettarvelo senza che voi ve ne rendeste conto.» 

Jane aveva pronunciato l'incantesimo? Era viva? «Jane... Lei, come sta?», poco mi importa di cosa mi avesse fatto Ken in quel momento.

«Sta bene... Cioè fisicamente intendo.»

«Voglio vederla con i miei occhi, avete detto che lei ha pronunciato l'incantesimo, ma non poteva farlo, aveva perso i sensi... Anzi, sembrava quasi morta!», serrai gli occhi colpito dall'ennesima fitta alla tempia, «sono riuscito a salvarla, dunque, ma il suo corpo non avrebbe mai retto tale potere.»

«Vi riferisco solo ciò che mi è stato detto, anch'ella è rimasta incosciente per un paio di giorni e quando si è svegliata ha subito chiesto di voi, ma purtroppo non penso sia il caso di farla venire qui...», abbassò il viso e sospirò, «dal combattimento è passato un mese, un mese che i suoi genitori hanno lasciato queste terre. Dal giorno in cui si è svegliata non ha fatto altro che incolparsi dell'accaduto e voleva persino usare la magia oscura per riportarli in vita, ma non glielo abbiamo permesso.»

«Mia nipote è forte e supererà la depressione», William entro dalla porta e sua moglie subito abbozzò un sorriso. Non lo avevo mai visto in quello stato, la sua impeccabilità, e perfezione, sembrava averlo abbandonato.
«Sono felice che finalmente vi siete svegliato», mi raggiunse, «da quel che ho sentito, Leila vi ha messo al corrente di ciò che è accaduto fino ad ora... Potevate almeno aspettare che si riprendesse», disse severo.

«Non è colpa sua, sono stato io a farle delle domande», mi alzai con il busto e subito la donna mi prestò aiuto. «Per favore fatemi vedere Jane, le avevo promesso che le sarei stato accanto, invece proprio nel momento in cui lei aveva bisogno di qualcuno, io non c'ero.»

Sentimenti DistantiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora