Marzo 1942. Fronte Occidentale, Francia. Base tedesca.
Hanji scivolò oltre il doppio battente, ben attenta a non farsi vedere. La giornata era stata terribilmente impegnativa: un paio di feriti erano peggiorati; aveva passato le precedenti ore a cercare di stabilizzarli, ma non c'era stato niente da fare. Erano deceduti dopo una lenta e silenziosa lotta. Aveva incaricato Moblit di occuparsi delle salme, mentre lei si cambiava velocemente d'abito.
Aveva indossato la divisa formale, composta da una gonna al ginocchio e da una maglia bianca, dove aveva appuntato i gradi di ufficiale medico. Si era data una rapida sistemata ai capelli, prima di inforcare gli occhiali e raggiungere gli appartamenti di Smith.
«Sono qui» annunciò, gettando uno sguardo alla camera: il tavolo a sinistra era stato riordinato; le carte e le mappe erano accatastate in un basso cestino, mentre una tovaglia in cotone bianco accoglieva un servizio di ceramiche squisitamente rifinite. Era apparecchiato per tre, ma non ne fu sorpresa: era chiaro che l'Inglese avrebbe cenato con loro. Levi era già seduto.
Gli scoccò una lunga occhiata, prima di modulare un piccolo sorriso:
«Noto che i vestiti di Fredrik ti vanno a meraviglia! Sapevo che avevate la stessa taglia»
«Fredrik?» vi era dello sbigottimento nella voce del prigioniero.
«Beh, si... era il nostro aiuto cuoco... prima che saltasse in aria per una granata» sogghignò, al vederlo storcere il naso «Non fare quella faccia! Sono puliti, li ho fatti lavare prima di portarteli»
Quanto era difficile quel tizio: che credeva, d'essere in villeggiatura? Insomma, non poteva pretendere molto da una caserma tedesca. Avevano fatto il possibile per tenerlo al sicuro, metterlo a suo agio, trovargli una sistemazione decente ed una camicia che non sapesse di sangue e muffa.
«Hanji» la voce di Erwin rimbombò nella stanza, mentre il biondo usciva dai servizi. Aveva ancora i capelli umidi, segno del recente bagno, ma aveva accantonato la divisa in favore di un paio di pantaloni scuri e di un maglione leggero «Ben arrivata. Accomodati»
Non se lo fece ripetere due volte. Sprofondò su una seggiola, allungando le gambe e stiracchiando le braccia. Era decisamente stanca: il lavoro e le recenti notizie, l'avevano scombussolata. A proposito... c'era ancora una faccenda in sospeso di cui parlare, da chiarire il prima possibile.
Cavò dalle tasche della gonna un paio di foglietti, dispiegandoli accuratamente sul tavolo.
«Ho notizie da Berlino» sussurrò, osservando per un lungo istante il volto dei suoi interlocutori: Erwin si era incupito, come se sospettasse il contenuto di quelle missive. Levi, invece, era solamente perplesso, e probabilmente curioso di sapere perché due tedeschi si affrettassero a leggere messaggi segreti davanti ad un nemico. Non che quelle informazioni fossero poi così importanti, ma riguardavano anche il pilota, seppure indirettamente «Sono arrivati due telegrammi... il primo è il nulla osta alla mia richiesta di trasferimento»
«Hai fatto domanda per cambiare base?» il Maggiore sembrava quasi deluso: credeva volesse abbandonarlo? Probabilmente, ma... non aveva idea di come si erano messe le cose!
«Sì. Dopo quello che è successo a Church, al camion dei soldati e le minacce ricevute... non ho nessuna intenzione di rimanere al servizio di Weilman. Ho chiesto d'essere trasferita a Bruxelles ed hanno accettato subito la mia domanda. Dopodomani, arriverà un nuovo medico qui ad Arras. Mi rimpiazzerà lui.»
«Peccato, davvero. Sono dispiaciuto di questa tua... decisione, ma la comprendo benissimo. Herr Kapitan sta diventando una spina nel fianco. Forse, però... se me ne avessi parlato prima, avremmo potuto trovare una alternativa. Il trasferimento mi sembra una soluzione molto drastica»
«Già, ma non ho altre possibilità. Naturalmente, Moblit verrà con me.»
«Perderemo due validi elementi»
«Tu non perderai proprio niente» allungò il secondo foglio sul tavolo, lasciandolo nelle mani dell'ufficiale. Attese che Erwin lo leggesse, cogliendo il senso di quelle poche parole «è un telegramma dall'Alto Comando. Per la precisione, la risposta che Weilman tanto aspettava. L'ho rubato dalla sezione comunicazioni: non sa che è arrivato. Conto di darglielo domani sera; il mio cambio arriverà il giorno seguente e potrò andarmene senza sorbirmi le sue stupide lamentele... e, soprattutto, questo vi darà il tempo necessario per scappare.»
«Scappare? Non intendo andare da nessuna parte» sapeva che si sarebbe impuntato. Non era uomo da abbandonare il proprio lavoro o rigettare le proprie responsabilità. Doveva fargli cambiare idea «Non ho fatto niente di sbagliato. Sono pronto a sottopormi al giudizio della corte, se necessario»
«Non ci sarà nessuna corte, Erwin! Hai letto bene il messaggio?» lo recuperò, strappandolo dalle mani robuste «Comunicare al maggiore Smith: rimanere in attesa di nuove. STOP. Berlino fornirà contatti e direttive. STOP. Considerarsi sospeso fino a ordine.» cosa c'era da capire in quello stupido messaggio? Erwin aveva evidentemente perso la sua carica: da quel momento, Weilman sarebbe subentrato come guida della base tedesca e, peggio ancora, l'Alto Comando non aveva ancora deciso le sorti dell'ex-maggiore. In quei casi, c'erano due possibilità: una convocazione per spiegare le proprie ragioni davanti ai generali – poco probabile: avevano sempre di meglio da fare che ascoltare le motivazioni altrui – o l'arrivo di una fialetta trasparente, con l'invito a berla tutta d'un sorso e ad inviare cartoline dall'altro mondo. «Non puoi rimanere qui! Devi andartene. La caserma passerà in mano a quell'idiota e chissà cosa combinerà. Per di più, le sue lamentele hanno trovato terreno fertile nella capitale. Lo sai cosa succederà: ti chiederanno di spararti un colpo in testa, con gli omaggi del Fuhrer.»
«Se accadrà, mi muoverò di conseguenza»
«"Se accadrà"? Non hai capito... accadrà sicuramente! Weilman ti ha già scavalcato. La tua parola non conta più nulla, mentre la sua è legge. Posso ritardare la consegna del messaggio di ventiquattro ore, ma non posso certo buttarlo nel cestino. Ti sto solo avvisando: prendi le dovute precauzioni»
«Non devo prendere assolutamente niente. Non ho colpe»
«Ah no? Allora dovresti farlo presente a Berlino, perché non mi sembra che la tua strategia del bravo ragazzo abbia funzionato! Dovresti prendere esempio da Weilman, magari... lui sa come cavarsela, almeno»
«Io non sono fatto così...»
«Benissimo, ma... questa cosa non interessa a nessuno, men che meno ai generali» sbuffò, sistemandosi gli occhiali sul naso. Perché era così difficile farglielo capire? «I concetti sono semplici: sei stato destituito, rimpiazzato da un imbecille e presto ti verrà notificato l'ordine di arresto, di morte o quello che sarà... pensi davvero di poter affrontare tutto quanto?»
«Non posso fare altrimenti...»
«Certo che puoi, anzi... devi!»
«Non intendo scappare»
Dannato zuccone! Non sarebbe mai riuscita a fargli accettare una soluzione simile... forse tanto valeva lasciar perdere, cestinare i telegrammi e godersi la cena. Spostò lo sguardo sull'Inglese che, nel frattempo, sedeva zitto a braccia conserte. Un'idea le illuminò il viso:
«E di lui che ne farai? Hai fatto tutto questo casino per sottrarlo a Weilman ed ora? Glielo restituirai?»
Scorse una vaga indecisione passare sul volto dell'ufficiale. Era ovvio che Erwin tenesse particolarmente al prigioniero, anche se non riusciva a comprenderne il motivo: era meglio non indagare, non chiedere e limitarsi a sfruttare quella scusa.
«Levi non è un oggetto» fu la risposta secca.
«E...?»
«Lo faremo fuggire domani notte, senza che Weilman se ne accorga»
«Ottima idea! Così avremo un prigioniero evaso ad arricchire il tuo fiorente curriculum. Senza contare che lo riacciufferanno in meno di dodici ore, considerato che non sa dove andare, come orientarsi e non spiccica una parola di francese o di tedesco. Lo cattureranno subito e tu renderai solo le cose più interessanti per Herr Kapitan»
Si interruppe, osservandolo riflettere qualche attimo. Sapeva d'aver colto nel segno: Erwin non era disposto a separarsi dal pilota, men che meno abbandonandolo nella sperduta campagna francese. Sarebbe riuscita a convincerlo. Doveva rincarare la dose, aggiungere una seconda motivazione, qualcosa che costringesse il Maggiore a svignarsela:
«Credi davvero che da morto saresti utile a qualcuno?» riprese, abbassando gli occhiali per asciugarsi il dorso del naso con la mancina «Lo sappiamo entrambi che hai accettato quest'incarico solo per servire al meglio il tuo Paese, ma... non ti chiedi mai se questo Paese ti meriti?» era già a conoscenza dei dubbi che da tempo lo tormentavano: era il momento di sfruttarli a dovere «Pensi che salverai la Germania da una prigione o dalla tomba? Riflettici su! Dici sempre di voler aiutare la tua nazione, i cittadini, di voler riportare l'ordine e la serenità, ma... la guerra sta distruggendo ogni cosa. Nulla è più controllabile: io sono un medico, posso scegliere di andarmene e continuare a curare i feriti tedeschi altrove, ma... tu? Sei un soldato e dovresti eseguire gli ordini. Non ti stanno bene? Peggio per te. Li dovresti svolgere comunque, senza fiatare. Invece... non lo fai. Stai cercando in tutti i modi di scaricare la coscienza, di ripulirla dai tuoi precedenti errori. È per questo che ti ostini a salvare nemici! Non perché sei buono e misericordioso. La verità, è che sei un egoista che desidera solo sciacquarsi le mani sporche.» lo vide aggrottare la fronte, come se quella verità lo infastidisse, ma decise di continuare «Il fine, però, non è importante: ciò che conta sono le vite che riesci a salvare. Per Berlino questo comportamento è fastidioso ed inaccettabile: devi scegliere, allora. Piegarti alla volontà dei generali? Significa ritrattare, Erwin... rinnegare tutto quello che hai fatto, cambiare registro ed adattarti alle direttive centrali; ah, naturalmente anche consegnare il tuo prezioso Inglese a Weilman» un'altra pausa, per permettergli di assorbire quelle parole «Non pensi che ci sarebbero metodi migliori per aiutare la Germania?»
«Per esempio?»
«Potresti collaborare con gli Alleati»
«No»
«Non scartare a priori quest'idea. Conosci molti piani, le ubicazioni delle basi naziste, il quantitativo esatto degli uomini impegnati e dei rifornimenti e...»
«Non tradirò il mio Paese»
«Davvero? Ma questo Paese ha tradito te. Vuoi ancora essergli fedele? Vuoi vederlo crollare del tutto, per la corruzione, le menzogne la pazzia del Fuhrer? »
«Non ho detto niente del genere»
«Ma è quello che succederà se non cerchiamo di cambiare le cose. Io sono solo un medico, ma... tu puoi. Dannazione, Erwin! Puoi fare questo e molto altro; so che non desideri lasciare la Germania nelle mani di questi folli, così come non lo desidero io. Puoi fare molto. Puoi raggiungere gli Alleati, svelare i piani di Weilman, fermarlo e... forse così troveresti davvero il riscatto che cerchi.»
«E se non lo trovassi? Se aggiungerei solo un altro peso alle mie colpe?»
«Non puoi saperlo se non provi»
Lo vide arricciare le labbra in una smorfia pensierosa, mentre una mano si alzava timidamente ai margini del suo campo visivo. L'Inglese? Si era quasi dimenticata fosse lì ad ascoltarli. L'aveva usato come scusa, ma non aveva minimamente pensato di interpellarlo. Non che la sua opinione contasse qualcosa, ovviamente: come prigioniero aveva voce in capitolo quanto un comodino. Anzi, forse anche meno...
«Che c'è?» chiese, scoccando una occhiata a Levi che, nel mentre, si stava dondolando pigramente sulla seggiola.
«Volevo solo esprimere il mio parere»
«Non credo sia rilevante ai fini della conversazione» fece notare, tornando a strofinare gli occhiali. Perché non stava zitto? Se avesse rovinato tutto il suo lavoro? Se avesse distrutto l'opera di convincimento che stava lentamente edificando?
«Invece sì. Io penso che dovremmo andarcene tutti quanti» illuminante, davvero... dove era stato nell'ultima mezz'ora, quello? Non aveva ripetuto altro che cose già dette «Erwin... capisco le tue titubanze, i dubbi e... tutto quanto. Guardo solo le cose da un'altra prospettiva: se lasciassi la Germania, beh... non dico che gli Alleati ti accoglierebbero a braccia aperte, ma sono sicuro che ti concederanno l'amnistia più completa se fornirai le giuste indicazioni»
«Non temo il giudizio dei miei nemici, Levi.»
«Sì, ma... beh, vedila così» il pilota aveva ripreso a parlare, come se nulla fosse; continuava a ciondolare sulla seggiola, sottolineando ogni frase con un indiscreto scricchiolio «Io non ho alcunissima intenzione di ritrovarmi con Weilman tra le palle. E credo che Quattrocchi abbia ragione. Se anche mi facessi scappare, non credo di potermi orientare e... non parlo francese. Capisco qualche parola, ma... molto poco. Se non verrai con me, sarò comunque spacciato»
Oh, bene... finalmente un aiuto nel farlo capire. Quell'inglese cominciava a starle simpatico.
«Sono sicuro che te la caverai benissimo anche senza di me, Levi»
«E invece no! Allora... perché hai speso tante energie e tempo per salvarmi? Tanto valeva lasciarmi a Weilman, se era la fine che dovevo fare dal principio.» lo sentì sbuffare amaramente «Non venirmi a parlare poi di vecchi debiti, di Kenny che salva tuo padre, di tutte quelle stronzate che mi hai raccontato. Se vuoi saldare l'impegno con la mia famiglia devi accompagnarmi dagli Alleati. Poi, forse... ti considererò assolto da ogni obbligo»
Colse l'incertezza farsi largo ancora una volta sul viso del collega, mentre una smorfia arrendevole andava a piegare le sue labbra. Avevano vinto! Smith avrebbe capitolato di lì a poco. Ora doveva soltanto organizzare un piano perfetto per l'evasione, ma... naturalmente, aveva già una mezza idea.
«Erwin... appoggio l'Inglese, questa volta. Per favore» si slanciò in avanti, afferrando le mani robuste con le proprie «Sono tua amica e preferirei non vederti davanti alla corte marziale. Se non vuoi farlo per te stesso, almeno fallo per noi. Noi crediamo in te e... anche la Germania crede in te. Fallo per il Paese che hai giurato di servire e di salvare. Il Fuhrer è un folle... gli Alleati possono fermarlo, ma non da soli. Devi andare...»
Smith scosse il capo, alzandosi bruscamente dal tavolo:
«Credo... d'aver bisogno di rimanere un po' da solo. Tornerò tra poco» disse solo, allontanandosi poi verso la porta.
Hanji rimase sola con il pilota, ancora intendo a dondolarsi. Nella sala sprofondò un pesante silenzio, rotto solo dal cigolio ritmico della seggiola.
***
Erwin rientrò un'ora più tardi. La fame gli era completamente passata, ma nella sua testa si affollavano pensieri sempre più cupi. Dopo tutto, Zoe aveva ragione: che senso aveva rimanere inerti ad attendere il proprio destino? Weilman lo avrebbe fatto arrestare e fucilare, senza dubbio. Scappare, tuttavia, era un'idea quasi insopportabile. Non era un codardo! Non aveva bisogno di nascondersi, di cercare protezione presso gli Alleati; al contrario, doveva andare a Berlino e perorare la propria causa. I generali avrebbero compreso e gli avrebbero restituito la carica di Maggiore. O forse no... forse si sarebbero trovati in accordo con il capitano ed avrebbero provveduto ad una rapida esecuzione. In fondo, Weilman vantava parenti nelle alte sfere... lui, invece, chi era? Solo il figlio di un vecchio dottore. Uno in gamba, certo, ma non indispensabile. Lo avrebbero liquidato in un attimo.
Forse l'unica soluzione era davvero quella. Rinnegare gli ideali nazisti, tradire la propria patria, gettare al vento la carriera e le mostrine dell'esercito sarebbe stato sufficiente a proteggere la Germania e lavare la sua coscienza? Non lo sapeva, ma... come Hanji aveva detto "Non lo saprai mai se non provi".
«Ho deciso» annunciò, non appena messo piede nella stanza «credo abbiate ragione. Levi... ti accompagnerò alla base e, una volta lì, deciderò come muovermi. Se consegnare informazioni preziose agli alleati o... se andarmene e costituirmi poi»
«Costituirti? Ma sei scemo? Ti ammazzeranno e...»
«Lo so e non mi importa. Comincerò col riportarti indietro e poi valuterò la situazione. Ora rimane solo una cosa da stabilire: come uscire di qua. Weilman ha messo sentinelle ad ogni uscita. Non credo mi lasceranno passare facilmente» aggiunse, scoccando un'occhiata agli ospiti «Nascondere Levi nel baule della macchina è assolutamente fuori discussione. Altre idee?»
«Tsk» uno schiocco di labbra. La donna si era alzata, marciando verso la fornita libreria e cavandone un corposo volume «Lo hai mai letto?» domandò, voltando la copertina in sua direzione.
« "Il conte di Montecristo"? Sì... una volta, diversi anni fa. Hanji... non siamo su un'isola dove i cadaveri vengono buttati in mare.»
«Io non l'ho mai letto» la voce dell'inglese interruppe quel discorso, ma Hanji non vi prestò attenzione: era troppo euforica. Il suo piano avrebbe preso vita! Naturalmente, si guardò bene dallo svelarlo: Levi l'avrebbe etichettata come una completa psicopatica, il Maggiore probabilmente avrebbe storto il naso e si sarebbe messo a cercare un'alternativa più sicura. Oppure, avrebbe cambiato direttamente idea. Batté le mani, soddisfatta, senza poter celare una nota sollevata nella voce:
«Lo so! Ma non sarà questo a fermarmi... rimedieremo all'acqua in ben altro modo. Voi... tenetevi pronti. Vi farò avere tutte le istruzioni. Domani sera presentatevi in infermeria dopo le dieci. Al resto, penseremo io e Moblit»
Il che, si disse Erwin, non era molto confortante...
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Operazione Chariot
FanfictionFrancia, Marzo 1942 - Un piccolo caccia della Royal Air Force viene abbattuto nella campagna francese, lungo il Fronte Occidentale. Per i due piloti non c'è alcuna speranza: catturati da una brigata tedesca, torturati per informazioni su una importa...