25. Il destino gli darà una mano

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Marzo 1942. Territorio occupato, Nord della Francia. Moriers, dintorni di Orleans.



Konrad si schiarì la voce, montando agilmente sulla pila traballante di cassette. Erano giunti a Moriers soltanto quel mattino, seguendo le indicazioni fornite dai contadini francesi: nonostante la notte ed il buio, diverse persone si erano accorte di un camion che procedeva verso il paese e sembrava proveniente da Lumeau. Era curioso vedere un mezzo simile procedere a fari spenti, quasi non desiderasse farsi notare; il rumore del motore, però, lo aveva tradito. Inoltre, la pioggia aveva costretto l'autista ad accendere i fanali ad intermittenza, per non rischiare di finire fuori strada. Un comportamento che aveva destato sospetti e grazie a cui Weilman era riuscito a ricostruire il percorso dei due fuggiaschi.

Tuttavia, una volta giunti a Moriers non aveva trovato il camion, né i due ricercati. Le tracce però portavano lì; il solco dei pneumatici era rimasto sulla strada e li aveva condotti fino alla piazza principale, devastata dal recente attacco. Naturalmente, avevano ricevuto notizia del raid della Raf, ma Weilman non aveva voluto sentire ragione: Moriers raso al suolo non era importante; ciò che contava era soltanto la cattura di Smith e del suo sciocco compagno di viaggio.

Aveva bussato ad alcune porte, chiedendo informazioni, ma ben pochi si erano dimostrati disposti a collaborare: le divise nere, marchiate con la svastica, incutevano troppo timore a quei grezzi contadinotti. Il capitano si era, infine, spazientito: aveva fatto radunare la maggior parte dei cittadini nella piazza, disponendoli in file ordinate. Aveva montato un instabile palco di cassette, dove Konrad era stato costretto a salire.

«Traduci» gli aveva sussurrato in tedesco stretto, prima di attaccare il discorso.

Il soldato aveva fatto del proprio meglio, sforzandosi di non tralasciare alcuna parola e di creare un discorso fluido e armonioso:

«Cittadini» mormorò nuovamente l'interprete, agitando le braccia per recuperare l'equilibrio «Conoscete ora il motivo della nostra visita: abbiamo ragione di credere che questi due pericolosi criminali abbiano trovato rifugio presso di voi. Senza dubbio siete stati ingannati: si spacciano per persone oneste e bravi lavoratori, ma rubano ed uccidono. Abbiamo già avuto prove della loro crudeltà» Weilman dettava ad una velocità incredibile, perso nella concitazione del momento. Konrad cercò di riallinearsi al suo parlare «Hanno massacrato due contadini nei pressi di Lachelle per rapinarli e scappare verso Parigi, dove hanno cercato di far perdere le loro tracce; li abbiamo immediatamente scovati: la loro fuga li ha condotti a Lumeau e poi qui. Sappiamo che avete perso molto, ieri. La vostra amata città è andata distrutta. Di chi è la colpa?» si accorse d'aver catturato la loro attenzione: uomini e donne lo stavano fissando, gli sguardi ancora roventi di rabbia e le mani chiuse a pugno «Non abbiamo voluto noi tutto questo. Gli Inglesi vi hanno bombardato. Hanno ucciso i vostri cari, distrutto le vostre case ed il raccolto. Voi li avete ospitati e rifocillati e come vi hanno ripagato? Condannandovi!»

Un brusio sommesso iniziò a diffondersi nella folla. Cenni d'assenso e sussurri concitati serpeggiarono per qualche attimo, prima che il silenzio tornasse a calare. Sollevò una mano, come a sottolineare quei semplici concetti:
«Non siamo vostri nemici. Non noi, ma loro!» l'indice si portò immediatamente al cielo terso «Ora avete visto di cosa sono capaci. Avete assaggiato il lato oscuro dell'alleanza Angloamericana. Volete ancora proteggerli? Volete nasconderli, mettendo a repentaglio le vostre vite?»

«No!» un coro quasi unanime, accompagnato dal sorriso bieco del capitano. Weilman aveva fatto centro con il suo discorso. Ancora poco e quegli sciocchi contadini si sarebbero piegati spontaneamente alle loro richieste.

«Chi ha ospitato i due ricercati? Chi sa dove si sono diretti?»

I visi tornarono ad abbassarsi; gli abitanti erano visibilmente combattuti: rivelare una simile informazione poteva essere una terribile responsabilità. Chiunque l'avesse fatto, sarebbe rimasto marchiato come il traditore della famiglia Jaeger. Nessuno voleva dispiacere al medico e nemmeno alla sua adorabile consorte: Carla si era sempre dimostrata disponibile con tutti, pronta ad aiutare in qualunque lavoro. Consegnarli ai nazisti era un gesto ignobile: dopotutto, nemmeno gli Jaeger erano colpevoli, no? Erano stati ingannati, come tutti, da quei forestieri, ma... quella attenuante sarebbe bastata a salvarli dal castigo? Se gli Alleati non si facevano scrupolo di bombardare villaggi innocenti, i tedeschi non erano certo da meno: voci velate, rimbalzate di paese in paese, raccontavano di terribili punizioni per chiunque osasse sfidarli. Cosa sarebbe accaduto al dottore ed alla sua famiglia se fossero stati scoperti?

«Che succederà a coloro che li hanno ospitati?» una voce si levò dalla folla. Konrad incrociò lo sguardo di una donna minuta, che si stava facendo largo con spintoni e gomitate.

«Niente, se collaboreranno. Sappiamo che sono stati imbrogliati, come tutti voi» tradusse rapidamente, gettando un'occhiata all'ufficiale poco distante: Weilman sorrideva, visibilmente soddisfatto.

«Si sono rifugiati dal dottor Jaeger. Sono stata con loro durante il bombardamento, nella cantina di Carla. Sembravano brava gente, ma...»

«Come vi chiamate, signora?»

«Babette. Babette de la Roux»

«Grazie, signora. Ci ricorderemo, a tempo debito, del vostro aiuto»

Konrad fece per scendere dalla pila di cassette, ma qualcosa lo trattenne: la donna lo aveva afferrato un braccio.
«Sì?» domandò paziente.

«Non fate del male a Carla, vi prego. è mia amica.»

«Non avete nulla da temere. Non sarà torto un capello alla signora Jaeger»


***


Grisha schiuse l'uscio, osservando il volto arcigno dell'uomo oltre la soglia.
La divisa nera tradiva la nazionalità e sul petto vi erano appuntate delle mostrine da capitano.

«Buon giorno, dottore. Possiamo disturbarvi un istante?» il militare aveva un accento forte, troppo marcato perché la frase potesse risultare fluida «Mi hanno detto che parlate inglese. Mi permetta di presentarmi: capitano Weilman» una mano si tese nel vuoto, in attesa di una stretta riluttante «Le dispiace se mi accomodo?»

«Prego» fece un passo indietro, indicando lo studio oltre la minuta sala d'aspetto «Posso offrirvi qualcosa?»

«No, grazie. Sono solo di passaggio» due soldati entrarono al seguito dell'ufficiale, fermandosi nei pressi dell'ingresso.

Seguì il tedesco fino alla scrivania, scostando una seggiola:
«Volete sedervi?»

«Mh, no... sono solo incuriosito dal vostro lavoro. Avete molto da fare, qui?»

«Un po'. Di questi tempi le influenze sono all'ordine del giorno e la malnutrizione contribuisce allo sviluppo delle infezioni» si accomodò, fingendo di sistemare alcune carte. Recuperò una penna, scribacchiando con frettolosi appunti un paio di fogli bianchi «La mia professione vi interessa?»

«Sono sempre stato attratto dalla medicina. Avete anche un ricovero, qui?»

«Naturalmente.»

«Posso dare una occhiata?» Weilman si avvicinò ad una porta in legno chiaro, dove capeggiava una grossa croce rossa.

«Temo che la mia attuale paziente stia riposando. Potreste evitare...»

Herr Kapitan finse di non sentire: socchiuse l'uscio a sufficienza per poter far capolino oltre il battente. La stanza era piccola ed arredata con tre miseri letti, di cui solo il primo era occupato. I suoi occhi porcini incontrarono immediatamente quelli azzurri di una bambina bionda.

«Guten morgen, Fräulein» sorrise al vederla cercare rifugio sotto le coperte.

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