Marzo 1942. Repubblica di Vichy. Base Alleata di Limoges.
L'ufficio del generale non era altro che una misera stanza, in una baracca di legno; sobrio, quasi anonimo, non presentava altro che un tavolaccio come scrivania ed un paio di sedie per gli eventuali ospiti. Non vi erano mensole, né librerie. Soltanto una sputacchiera faceva capolino nell'angolo accanto ad un finestra dai vetri smerigliati.
Erwin si accomodò su una seggiola, sussultando al cigolio delle vecchie gambe.
«Non vi preoccupate, maggiore. Ha retto pesi più grandi del vostro.»
Darius Zackley sedeva in una sgangherata poltrona, la cui imbottitura sfuggiva da strappi lungo i braccioli e lo schienale. La stoffa, di un terrificante color senape, sembrava sul punto di cedere definitivamente.
«Chiedo scusa.» bofonchiò comunque Erwin, studiando sottecchi al figura dell'uomo davanti a sé.
Il generale doveva aver oltrepassato i sessant'anni. Il viso squadrato era accompagnato da folti capelli argentati, che scendevano oltre la nuca e contornavano le orecchie scivolando in una spessa barba. Il naso aquilino reggeva degli occhiali tondeggianti, dalla semplice montatura in corno chiaro. Lo sguardo, grigio quanto il cielo in tempesta, stava ancora studiando alcune carte. Era una persona corpulenta: l'addome pingue premeva contro i bottoni della camicia, le cui maniche erano state arrotolate sugli avambracci muscolosi. Regalava l'idea di un personaggio pigro e piuttosto sciatto; era incredibile come quell'uomo fosse, invece, il capo supremo dell'esercito Alleato in Francia; come gestisse le trame alle spalle del governo di Vichy che, nonostante le tendenze filotedesche, era a conti fatti un ammasso di burattini nelle mani delle alte cariche americane e inglesi. La Repubblica era nata come una mansueta pecora al pascolo: sorretta da persone che non volevano guai con la vicina Germania, ma che al tempo stesso non erano riuscite a conservare il loro potere. La Repubblica, così, si era ritrovata ad essere agnello e lupo ad uno stesso tempo.
«Non c'è bisogno di scusarsi.» Zackley accantonò finalmente i rapporti, dedicandogli attenzione «Pare abbiate fatto un lungo viaggio, Maggiore, soltanto per parlare con me. Perché? In Germania non vi pagavano abbastanza?»
«Posso assicurarvi che il mio stipendio era più che soddisfacente.» Erwin rimase impassibile, aggiungendo alle replica soltanto un mesto sorriso. Non sarebbe caduto in provocazioni simili. «Se sono qui, è solo perché devo un favore ad una persona, che ci ha rimesso la vita per portarvi queste informazioni. Vi pregherei di ascoltarmi senza ironie di sorta, se possibile. È una questione della massima importanza e sono certo che non sminuirete il valore di quanto sto per dirvi.»
«Parlate, dunque. Sono tutto orecchi.»
Erwin raccontò.Si sforzò di non tralasciare nulla, alcun dettaglio. Parlò del ritrovamento dello Spitfire, della cattura degli Inglesi; di come fosse riuscito a salvare soltanto Levi e come fosse venuto a conoscenza dell'Operazione Chariot.
Il pilota aveva dunque spifferato l'intero piano?
Sì, ma perché costretto e per salvare un compagno d'armi. Non era stato un tradimento intenzionale, anzi. Levi stesso aveva attraversato la Francia con ogni mezzo per cercare di raggiungere Limoges il prima possibile.
Perché il signor Ackerman non era lì?
Come detto, era caduto durante uno scontro con il capitano Weilman, da giorni sulle loro tracce.
Il capitano era a conoscenza dell'Operazione?
Sì, naturalmente. L'aveva riferita a Berlino prontamente. L'intera Operazione era in pericolo: occorreva annullarla o studiare un nuovo piano da capo.
Il signor Smith sarebbe stato tanto gentile da fornire una strategia alternativa?
No.
Perché?

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Operazione Chariot
FanfictionFrancia, Marzo 1942 - Un piccolo caccia della Royal Air Force viene abbattuto nella campagna francese, lungo il Fronte Occidentale. Per i due piloti non c'è alcuna speranza: catturati da una brigata tedesca, torturati per informazioni su una importa...