2. Non te ne andare

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2. Non te ne andare


20 Marzo 1942 - Fronte occidentale, Francia. Base tedesca.


Levi non aveva idea di dove si trovasse. Li avevano spostati dalla stanza con le seggiole, guidandoli bendati attraverso un intricato percorso di corridoi, sino ai sotterranei. Vi erano delle stanze immerse nella pietra scura, separate da porte con pesanti sbarre di ferro. Nemmeno una finestra e l'unica luce proveniva da torce e lanterne. L'atmosfera era decisamente medioevale. Era quasi ridicolo pensare che esistessero posti simili nel 1942.

Li avevano fatti accomodare in una piccola cella, chiudendo l'inferriata a doppia mandata ed abbandonandoli alla sola compagnia di una coppia di candele. In quella stupida prigione non c'era niente: solo un giaciglio umido - che avrebbero sicuramente dovuto dividere - una brocca d'acqua ed un secchio, la cui funzione era sin troppo intuitiva. Storse il naso a quell'idea, spostando alcuni escrementi di topo con la punta degli stivali neri. Disgustoso.

Si accovacciò sui talloni accanto a Farlan, che si era accasciato sul pagliericcio stringendo le fasciature improvvisate.

«Fa vedere»

«No... » era la prima volta che sentiva la voce dell'amico da quando erano precipitati. Stranamente, non provò alcun sollievo: il tono era debole, affaticato, ma c'era un accenno di sorriso sulle labbra esangui.

«Ti posso aiutare» gli slacciò la giubba fino al ventre. Le garze erano intrise di sangue, mentre la pelle recava segni rossi e secchi lungo i fianchi e la schiena.

«No...fai... schifo come medico»

«Non è vero» mentì, iniziando cautamente a sciogliere le bende. Ignorò i lamenti dell'altro, limitandosi a tirare piano il panno bianco, sino a svolgerlo completamente. «Sei messo male» sfiorò leggermente i margini della ferita con la punta delle dita. Era un taglio profondo, forse prodotto da una scheggia metallica. Non era un dottore, ma aveva visto abbastanza ferite da sapere quando c'era bisogno di ago e filo. Maledetti crucchi! Cosa pensavano di fare? Di lasciarlo così, nella speranza che campasse? Evidentemente, non ritenevano Farlan sufficientemente importante da sprecare punti di sutura. Spostò tutto il peso sulla gamba destra, cercando di non forzare la caviglia slogata, riprendendo solo dopo qualche attimo: «Ah, ma... te la caverai. Ne sono sicuro»

«Sei un pessimo bugiardo, sai? Lo sei sempre stato» già... e, al contrario, l'artigliere aveva imparato egregiamente a leggere ogni sfumatura nei suoi comportamenti «So di... non avere scampo... è questione di... tempo.» un altro sorriso a bagnare la bocca arida «Potrei sopravvivere ancora domani... forse dopodomani, ma ... presto...» una mano tremante scivolò nella tasca dei pantaloni, cavandone un foglietto spiegazzato. Levi lo prese, cercando di dispiegarlo, ma la voce tentennante lo fermò ancora «No. Non leggerlo, ti prego... promettimi solo che... Lo consegnerai a Isabel quando tornerai.»

Isabel? L'avevano conosciuta in tempo di pace: una mocciosa senza casa, una dei tanti orfani dei sobborghi londinesi. Cresciuta tra l'istituto e la strada, con lo scoppiare della guerra si era offerta come volontaria per la Croce Rossa. Assisteva i malati in un distaccamento del sud della Francia. Era così lontana da loro. In quel momento, avrebbe dato qualunque cosa per averla lì, per sentire la sua voce allegra e squillante, per vedere le sue dita veloci pulire la ferita, ricucire la pelle strappata, donare qualche altra ora di vita.

«E se non dovessi tornare?» all'improvviso, quel dubbio. Dopo tutto, le previsioni non erano affatto rosee. Prigionieri in un campo tedesco, in attesa d'essere nuovamente interrogati. Questa volta, non si illudeva, Weilman gliele avrebbe fatte sputare le informazioni. Sarebbe stato in grado di resistere? Non ne aveva idea... ma, più che la tortura, lo spaventava l'idea che potessero nuovamente rivalersi su Farlan. Poteva sopportare il dolore su sé stesso - o così almeno credeva - ma non sugli altri: e se avessero nuovamente toccato il compagno? Il biondino non sarebbe sopravvissuto, questa volta. Il corpo avrebbe ceduto e lui si sarebbe trovato improvvisamente solo e disperato, a fare i conti con i rimorsi e la cocciutaggine. Non poteva rivelare i piani dell'Operazione Chariot, nemmeno se fosse servito a salvare le loro vite. Doveva snocciolare altre informazioni, qualcosa che li sorprendesse e che non si aspettassero. Menzogne? Sì, era fattibile. Doveva soltanto inventare qualcosa di credibile. Posò il capo al muro retrostante, rilassando le spalle e piegando le ginocchia al petto. Accanto, l'artigliere respirava a fatica, sempre più debole e distante.

Operazione ChariotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora