Capitolo tredici

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La sveglia suona al solito orario e la routine mattutina ha inizio.
Siamo già a fine settimana, ieri non è successo nulla di interessante.
Come da promemoria mentale, faccio la strada a piedi.
Oggi ho una verifica di letteratura inglese, spero vada bene; è la prima verifica in questa scuola e non voglio avere problemi.

Prendo posto nei banchi in seconda fila ,anche se l'aula è ancora vuota;ci sono solo tre persone oltre me.
Non mi piace ripetere a pochi minuti dall'inizio, quindi ammazzo il tempo disegnando sul diario. Ad un tratto sento un tonfo pesante proprio al mio fianco, mi volto e vedo un ragazzo con la schiena china sulle gambe, con un fiatone assurdo. Temo non sopravviverà!

«Giuro che...se...anche stavolta...mi...mi dice che» riprende aria «sono in ritardo di... un minuto, capisci...un» si volta verso di me con l'indice puntato in avanti e tace.

Come biasimarlo.

«Puffo...ma che immenso piacere incontrare il tuo faccino di prima mattina!»

«Ma quanto sei simpatico, il piacere è altrettanto mio»

«No dai, non ho le forze neanche per battibeccare! Se mi ripete che ho ritardato di un minuto dopo Il Suono DELLA PRIMA CAMPANELLA, non rispondo di me e dico parolacce, in inglese, guarda che onore le darei!» riprende fiato di nuovo, questo muore!
«Capisci, sarebbe la prima a ricevere parolacce in inglese da me, ma poi sai che bella la sua reazione» inizia a fissare il vuoto; ho come l'impressione che si stia immaginando la scena.

Non trattengo più e scoppio a ridere.
Mi guarda prima con un'aria innervosita poi sorride.
E il mio cuore va a prendere un caffè e ritorna dopo poco.
Non riesco a definire la personalità di sua eccellenza Matteo; pensando ai nostri ultimi incontri, non lo assocerei mai al ragazzo arrogante che fece irruzione in camera mia il primo giorno. Ho poco tempo di pensare ancora a lui perché la professoressa entra e inizia a consegnare la traccia.

Quando vedo che riguarda la seconda rivoluzione industriale in Inghilterra e Oscar Wilde come scrittore, mi illumino d'immenso; sono sicuramente tra i miei argomenti preferiti.
Ho davvero tante idee per la testa ma fatico a metterle in ordine e oltretutto temo di commettere errori con la grammatica, sono una maestra nel farli.

Inizio a picchettare con la matita sul banco, con fare nervoso.

«Senti, mi trovo seduto qui per caso, non posso cambiare posto perché altrimenti la iena lì seduta mi azzanna; che dici, smetti di tamburellare quest'aggeggio infernale? Grazie»

Ma quanto è antipatico ?! Lo so, ho una coerenza abbastanza inesistente, nel parlare di lui, ma è lui stesso strano! Un attimo prima sorride, quello dopo ti fulmina con lo sguardo.
«Oh mi scusi Monsieur...» dico col tono più acido che mai. A quanto pare questo suo modo di essere influenza anche me.

«Ti svelo un segreto...» si avvicina di più a me e accosta la mano al lato della bocca.
«...siamo nell'ora di inglese!»

Questo è davvero stupido, davvero stupido ! Non gli rispondo nulla, sprecherei solo fiato.

[...]

È già passata poco più di un ora e non posso lamentarmi, alla fine sembra stia uscendo un buon lavoro. L'amico "friz"  al mio fianco però non sembra cavarsela proprio bene.

Sta disegnando degli occhi sul banco,anziché scrivere qualcosa in più di sole dieci righe sul foglio del compito.

«Manca pochissimo alla consegna della verifica» gli dico con buone intenzioni.

«Pazienza, consegnerò questo poco che ho scritto, tanto prenderò ugualmente un 4,5 come sempre. Devi sapere che molto probabilmente sto sul c...ehm, sto poco simpatico alla prof quindi qualsiasi cosa faccia i risultati saranno sempre gli stessi»

«Si ma almeno provaci, non puoi ragionare così e darti per vinto»

«Vorresti dirmi come devo ragionare?! Neanche mi conosci, non sai chi sono!» Lo dice con un tono nervoso e la cosa mi fa irritare.

«Stavo solo provando ad aiutarti! Ma è giusto, non ti conosco, non so chi sei, quindi a cosa serve?!»
Faccio una pausa per prendere aria e poi aggiungo: «stammi bene», mi alzo e cambio posto.

Ma io non riesco ad essere così perfida, è più forte di me: se vedo qualcuno in difficoltà, mi sento in dovere di aiutare, brutto vizio. Proprio per questo gli lascio lì un foglio con degli incipit da cui potrà prendere spunto e poi continuare, ammesso che non si senta colpito nell'orogoglio; li avevo scritti per me per la conclusione ma mi verrà sicuramente qualcos'altro per la testa.
Dopo una decina di minuti da quello scontro, termino il compito, lo rileggo e dopo un po' consegno. Incrociamo le dita!
Quando la campanella suona, sfreccio fuori dall'aula con Matteo che mi rincorre.

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