Capitolo undici

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Mi volto lentamente, consapevole del fatto che può essere solo una persona.
Infatti ! Sento di essere tutta rossa, non so se di vergogna o di rabbia contro me stessa. Ma dico io, perché sono così impacciata nei movimenti? E questo poi, cosa ci fa qui proprio ora ?! Non bastava la storia del puffo, doveva anche vedermi inciampare.

«Smettila di chiamarmi puffo!»

«Prego eh! Pensandoci potevo farti cadere, almeno ci avrei riso su!»

Ecco che mi assalgono i sensi di colpa.
«Mmmh, grazie!» Dico con lo sguardo fisso in su, dopo aver fatto un lungo, pesante respiro.

«Potrei tacere e lasciati perdere tempo, ma non faccio poi così schifo»

Non capisco.
«Che vuoi dire?»

«Stai completamente sbagliando strada, la tua aula di trova sull'altro corridoio. Quello che hai lì probabilmente è il vecchio orario» spalanco gli occhi e guardo l'orario sotto i suoi occhi azzurrissimi che mi fissano.

«Tranquilla hai tempo, so che il professore è un tipo che se la prende con comodo»

Deglutisco «Mi sai dire il numero dell'aula?" la mia voce ha del dolore dentro, quello delle mie gambe soprattutto.

«Dovrei dirtelo ? Guarda che non sei proprio una tipa gentile che merita cortesie di questo calibro...»

«Infatti dimenticavo, ha parlato mister delicatezza! Mi scusi»

Mi guarda con aria interrogativa quindi inizio ad imitarlo impostando la voce.
«"E tu chi cazzo sei?!" Sentiamo, ti dice qualcosa questo?»

In tutta risposta alza le sopracciglia e mette le mani nelle tasche dei pantaloni. Però clhe bello che è! Cioè, voglio dire, "Ma guarda che sfacciato"!!!

Poi, iniziando a camminare mi dice: "Su, vieni, prima che cambio idea"

Pure?! Cosa vuole, che gli stenda il tappeto reale a terra? Ma boh!
Camminiamo nel totale silenzio,tant'è che se non fosse per il vociare di alcuni ragazzi, che come noi sono diretti alle aule, si sentirebbe solo la suola delle nostre scarpe che batte contro il pavimento.
Sono stanca di camminare, ho praticamente già smaltito tutto ciò che ho mangiato a pranzo; gente che spende soldi per la palestra e io che invece risparmio facendo il tour della scuola!

«Ecco qui,arrivati»

«Grazie. Ciao» rispondo con tono freddo, senza sapere precisamente per quale motivo io l'abbia fatto.

Lui fa una smorfia, mi fissa per qualche secondo con quegli occhi verdissimi (anche se avrei giurato fossero azzurri qualche minuto fa), poi fa un saluto militare con due dita e si allontana. È quasi alla fine del corridoio e ad un tratto si volta continuando a camminare all'indietro.

«Comunque Puffo, io mi chiamo Matteo!» Si rigira e poi sparisce.

Non so perché ma sorrido! D'istinto mi do un ceffone,sono ridicola.

Entro nell'aula e poggio delicatamente su di un banco il mio fedele compagno di viaggio. Ho giusto il tempo di sistemare i libri, tirare fuori il violino dalla custodia e accordarlo che il mio 'nuovo' professore entra.

Un tipo di mezza età, capelli riccissimi di un colorito grigiastro; è alto, magro e porta un paio di occhiali sottilissimi dietro i quali però ci sono dei grossi occhi.
Ammetto che è un po' difficile seguirlo, parla troppo veloce ecco perché spesso mi trovo a chiedere di ripetere più lentamente ciò che dice. Non posso farmene una colpa, un conto è studiare la lingua, un altro è averci a che fare quotidianamente.

~

La lezione sta proseguendo davvero bene anche se mi sento distrutta, sono sono abbastanza tesa e ho i muscoli doloranti, inoltre la mia schiena implora pietà.
Nonostante ciò l'ora sembra scorrere in fretta e la faccia soddisfatta del professore mi fa stampare un enorme sorriso sulle labbra.
L'unica cosa che mi angoscia è il dover ritornare al campus, per forza a piedi, perché il prossimo autobus circolerà tra mezz'ora.
Avrei tantissima voglia di ammirare i luoghi anche al di fuori del tragitto campus-scuola ma aspetterò il fine settimana, a costo di andarci da sola.
È stata una giornata abbastanza faticosa nella quale ho avuto, ahimè, un incontro che definirei abbastanza imbarazzante. Per assurdo non mi tolgo dalla testa la figura di ...mmh...Matteo, e questo non mi piace!
Come se stessi vivendo un déjà vu, mi tuffo sul letto a braccia aperte e chiudo gli occhi, tenendo stampato sulle labbra un sorriso.
Mi viene in mente una cosa e mi alzo di scatto: i disegni.
Li prendo e il contemplo. La domanda che mi frulla in testa non è solo "chi è l'autore?" Ma anche "Perché fa questo?"

Nel disegno che ho trovato stamattina a terra, poco distante dalla porta, sono ritratta fino al collo (perché si, sono io) e la felpa che si intravede sembra quella che avevo ieri. Mi guardo allo specchio per verificare ancora di più se il volto ritratto appartiene a me. Poi prendo il disegno degli occhi, quello che ho trovato ieri, e mi stupisce vedere quanta luce ci sia al loro interno. Non so chi abbia fatto questi ritratti magnifici (e la cosa un po' mi inquieta) ma quello che è certo, è che chiunque sia stato, non ha tralasciato nessun dettaglio.
Alla fine poso i disegni al loro posto e mi metto a studiare, fino alle 19:00 circa, poi sono libera.
Infatti una volta finito mi getto sul letto a pancia in giù e inizio a leggere uno dei miei libri. Storie d'amore dove tutto sembra essere quasi perfetto, anche le sofferenze dei protagonisti.
Ora, non so se avete presente la scena in cui Gatto Silvestro, dallo spavento, si ritrova sul soffitto; ad ogni modo è così che mi sento quando Klaudia spalanca la porta.

«Ma tu che ci fai ancora qui! Guarda che qui fuori ci sono cose da vedere !»
E mi indica la finestra.
Non posso darle torto, non posso !

«Mi stavo solo prendendo una pausa dopo lo studio»

«Leggendo ...tu...prendi una...pausa? Davvero ... Wow!» e fa una smorfia. Ma che vuole la gente da me, sul serio mi rilassa!
«Si, cosa c'è di così strano?» e non so perché, arrossisco.

«Dai, ti aspetto giù con gli altri, sbrigati»
Gli altri ... uff! Spero non si riparli di ragazze che lottano per lo stesso ragazzo, scarpe, gente che tinge i capelli, gente che se la tira senza avere ragioni per farlo e via dicendo. Lo spero!
Mi do una sistemata veloce e scendo.
La mia stanza si trova al secondo piano e a differenza della mattina, ora sulle scale ci sono tante persone con me.
Quando arrivo giù ci sono pressoché gli stessi che trovo nella mensa della scuola.
Saluto tutti e Alessandro mi poggia una mano sulla spalla e io non posso evitare di guardarla con aria interrogativa per poi spostare lo sguardo su di lui, che di scatto la sottrae.

Poi sento un calore sul collo:
«Spero che almeno per le scale guardi avanti, potrebbe essere pericoloso...Puffo.«

Deglutisco...e questi brividi cosa sono ?!

Mi giro e gli di un ceffone sul braccio (si fa per dire, ovvio, a stento lo sfioro), gli faccio poi cenno di tacere puntando l'indice davanti al naso.
Ridacchia e mette le mani nelle tasche dei jeans ...di nuovo.
E ho una morsa allo stomaco!

Bea, cos'hai?!

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