31. Per amore

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PER AMORE


L'amore dev'essere
un'eterna confessione.
Victor Hugo



Claudio si svegliò con una sensazione di pace e di benessere mai provata prima.
Davvero, forse solo quando era stato un bambino incurante dei mali della vita aveva dormito così placidamente, ma quei tempi nemmeno li ricordava più.

Invece in quel momento, svegliatosi con il profumo naturale della pelle di Mario ad inebriargli i sensi, con il calore del suo corpo stretto a sé, con il suo respiro lento ad infrangerglisi addosso, si rese conto di quanto poco gli bastasse per stare di nuovo bene.

Per qualche ora tutti i problemi erano spariti, ogni preoccupazione scivolata via e ogni malessere svanito. Aveva dormito sonni tranquilli e senza tormenti, e ancora non gli sembrava vero che Mario fosse realmente lì, nel suo letto - quel letto che non aveva mai ospitato nessun altro - in carne ed ossa. E non gli dava fastidio l'idea, anzi, lo metteva di buon umore sapere di poter condividere quel suo spazio personale e sempre tenuto privato con qualcuno di speciale.

Mandò velocemente un messaggio a Cristiano avvisandolo del fatto che il quasi ostetrico fosse lì e chiedendogli di tenere Pietro ancora un po', poi tornò a concentrarsi su Mario e su loro due di nuovo assieme. Si pizzicò una guancia per sicurezza prima di riallacciare il braccio attorno alla vita del quasi ostetrico, eppure non era un sogno. Era tutto reale.

Sapeva di avere tante cose da dirgli e da spiegargli, così come sapeva che il futuro che lo attendeva era insidioso e spiacevole soprattutto perché avrebbe dovuto passarlo lontano da Lui, ma provò a non pensarci e a godersi quel viso angelico che gli dormiva addosso come mai aveva avuto il coraggio di fare prima.

Era infatti la prima volta che Claudio si concedeva di osservare e analizzare Mario con la consapevolezza di provare qualcosa per lui. Ed era vero, lo aveva sempre trovato bellissimo, ma a guardarlo con un sentimento lasciato scoperto e libero di esprimersi Mario sembrava assolutamente perfetto.

Quasi gli venne voglia di piangere in una specie di moto di orgoglio verso quel ragazzo che inconsapevolmente non solo lo aveva aiutato con Pietro ma gli aveva anche cambiato la vita, e senza smettere di ammirarlo iniziò ad accarezzargli dolcemente i lineamenti del volto.

Il moro si mosse impercettibilmente sotto le sue carezze e dopo un po' il respiro gli si fece più costante, segno che si stava lentamente svegliando.
Stiracchiò un po' le gambe facendole scontrare con quelle dell'altro e mugugnò come un gattino che fa le fusa spingendo il viso contro la mano che lo stava coccolando per prendersene sempre di più, di quelle attenzioni a cui non era abituato.

Claudio fremette di impazienza perché voleva vedere i suoi occhi per provare a leggerci dentro qualcosa; Mario, invece, non voleva saperne di aprirli perché quell'atto avrebbe messo fine a quella pace che sentiva dentro e che voleva continuare a sperimentare ancora per un po'.

Di fatto, aprire gli occhi, per lui, avrebbe significato tornare alla realtà, allontanarsi dal ragazzo che, solo per quel momento, era semplicemente il ragazzo che gli piaceva e affrontare i problemi della vita. E, anche se ingiustamente per se stesso, non voleva che ciò accadesse entro poco. Voleva bearsi della vicinanza di quel corpo che gli era mancato tanto nonostante tutto e godere della sensazione, seppur fasulla, di essere amato mediante quei tocchi leggeri sul volto e tra i capelli mentre le gambe andavano ad intrecciarsi. Che Claudio non era mai stato un tipo affettuoso e non voleva farsi scappare l'occasione, anche a costo di sentirsi morire nei giorni successivi.

"Mario", lo chiamò dolcemente l'altro accarezzandogli le labbra con il pollice, e ricevendo un "mmh" in risposta continuò. "Mi sei mancato tanto", sussurrò tra l'onesto e l'imbarazzato, ottenendo dal quasi ostetrico ciò che desiderava: vedere le sue iridi sempre sincere collidere con le sue.

L'aria per me Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora