49. Dottore!

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49
DOTTORE!


C'è una sola felicità nella vita:
amare ed essere amati.
George Sand



"No, no, no, no. Non ce la posso fare. Non sono pronto a discutere la mia tesi davanti a chissà quante persone!", Mario si tirò i capelli rischiando di incespicare sui suoi stessi piedi mentre vagava a vuoto per la casa.

"Oh, ma smettila", lo rimproverò Giulio alzando gli occhi al cielo, "sai tutto alla perfezione, devi solo fingere non ci sia nessuno a guardarti se è ciò che ti spaventa!".

"Facile a dirsi!", sbraitò, "sarà un'impresa impossibile!".

"Devi calmarti, sei troppo agitato".

"Certo che sono agitato! Domani mi laureo, cosa non ti è chiaro?", sbatté le mani lungo i fianchi.

Mario era davvero, davvero, davvero, fuori di sé.

"Sembri un condannato a morte, suvvia, libera un po' la mente e non pensarci", il suo coinquilino provò ad utilizzare un tono di voce più calmo, "vieni, ora ci beviamo un bella tisana rilassante assieme e ci guardiamo un film".

"Un film? No, no, no. Devo ripetere. Oddio, mancano troppe poche ore, mi sento male".

Giulio rovesciò gli occhi all'insù, poi porse la tazza piena di liquido fumante a Mario prima di sorseggiarne un po' dalla sua.
"Devi riposare", lo redarguì, "soprattutto la tua mente deve farlo".

Il quasi ostetrico lo fulminò con gli occhi prima di lasciarsi cadere sospirando su una sedia per bere la sua tisana.

Giulio lo scrutò a fondo quasi non sopportando più tutti quei sospiri, quegli occhi ansiosi, quegli arti incapaci di stare fermi e quella voce ormai persino stridula. Lo osservò bere dalla sua tazza e vedendogli le mani tremare decise che aveva decisamente bisogno di rinforzi.

Si alzò per posare la tazza vuota nel lavello e senza farsi vedere mandò un messaggio all'unica persona che credeva in grado di porre rimedio a quella situazione.

*

"SOS Mario in crisi".

Claudio uscì dal bar a fine turno, lesse il messaggio e sorrise tra sé e sé scuotendo la testa perché sapeva sarebbe successo.

"Arrivo", digitò semplicemente, e nel giro di dieci minuti era davvero già sotto casa Serpa-Moccia. Chiese a Giulio di aprirgli il portone d'entrata e già mentre saliva le scale riuscì a sentire la voce del suo ragazzo sbraitare qualcosa.

"Menomale sei qui", lo accolse Giulio sospirando, poi assieme si indirizzarono verso la cucina in cui si trovava Mario.

"Giulio dove se-", aveva iniziato ad urlare il quasi ostetrico per poi interrompersi quando gli altri due avevano fatto ingresso nella sala. "Clà", sospirò, "che ci fai qui?".

"Adesso io e te andiamo un po' fuori, mmh?", gli propose avvicinandoglisi per togliergli quei fogli stretti tra le dita, "andiamo a mangiarci una pizza, ti va?".

"No", mormorò lasciando però che l'altro allontanasse il materiale in cui aveva sintetizzato la sua discussione da ripetere, "non ce la faccio ad uscire. Sono troppo in ansia".

"Ordiniamo una pizza a domicilio, allora", gli sorrise, "ci coccoliamo un po' e poi dormo qui con te, va bene?".

"Clà", sospirò sedendosi maldestramente su una sedia per poi appoggiare il capo sulla tavola. "Non ce la farò mai", piagnucolò, "non mi ricorderò più niente e farò la figura del cretino davanti a tantissime persone".

L'aria per me Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora