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Era mattina presto quando scesi le scale di casa correndo per arrivare a scuola in orario. Mio padre, come ogni giorno, mi accompagnava fino all'Istituto per poi scappare al lavoro con la sua vecchia auto grigia.

Passavamo tutti i giorni davanti ad una stradina laterale, mentre attraversavamo le piccole vie di campagna per recuperare qualche minuto. Questa portava in una casa nascosta tra gli alberi. Dal ponte limitrofo potevo scorgere alcune torri marmoree. Due statue la ornavano sul tetto; una dama che leggeva ed una che reggeva una spada. Ogni volta mi incantavo ad osservarle, staccandomi da un ripasso irrefrenabile per le verifiche mattutine. Mi inventavo storie su di loro, di tanto in tanto. Due sorelle pronte a sfidare il male.
Ma erano solo mie fantasie, racconti fantasiosi.

Poco dopo raggiungevamo un tratto di strada che portava ad un boschetto. Piccolo ed insignificante, ma sempre piacevole da rimirare dallo specchietto prima di venir rinchiusi da quattro mura scolastiche.

Osservavo le fronde degli alberi nel mio piccolo mondo magico, sognando fauni e centauri che si rincorrevano giocosi, mentre la musica celtica dello stereo mi cullava piano.

Mi divertivo a cercare ombre nascoste tra le foglie, osservando piccoli fiori e campanule bianche.

Poi, qualcosa catturò la mia attenzione. Lontano, una piccola macchia sfuocata, vi era un mammifero dal lungo muso bruno. Mi avvicinai al freddo vetro sforzando gli occhi. Pian piano mi sembrò che la figura si avvicinasse, poi la vegetazione si infittì a tal punto da non riuscire più a vederlo. Sospirai affranta, poggiando pesantemente la schiena sul sedile. - Cos'hai? - Chiese mio padre, osservando sempre la strada. Gli sorrisi. - Niente, sono solo un po' stanca.- Dissi riportando lo sguardo verso il vetro, mentre gli arbusti diminuivano pronti a dare il posto alla città. In quell'istante due piccoli occhietti neri mi rincorrevano. Sussultai spaventata, mentre il mammifero mi seguiva.

Un orso. Precisamente un orso bruno, mi stava rincorrendo osservandomi.
Sembrava volesse giocare. Con fare curioso continuava ad avvicinare il muso verso il finestrino. Trotterellava in quel piccolo spazio che ci separava mentre mi osservava. Non sembrava pericoloso. Lo osservai a mia volta sorpresa, mentre le sue orecchie dondolavano col vento. Sembrava felice, sembrava sereno. Volevo accarezzare il suo caldo manto, per vederlo ancora felice.
Non ci sono orsi in pianura.
Un piccolo pensiero passeggero. Un lampo di coscienza, prima di rincontrare i piccoli occhietti neri del mammifero che piano piano mi seguiva.

 Un lampo di coscienza, prima di rincontrare i piccoli occhietti neri del mammifero che piano piano mi seguiva

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