Forse Era Destino

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Niccolò's pov.

Arrivammo in ospedale. Due medici presero la barella su cui era stesa Elena e la scesero dall' Ambulanza. Vennero raggiunti da altri quattro medici, che spostarono il corpo, inerme, della mia ragazza su un lettino. Iniziarono a correre verso una stanza. Scesi velocemente dall'ambulanza e li seguii. Arrivati dinanzi ad una grande porta celestina i medici entrarono, ma mi vietsrono di seguirli. Con le lacrime agli occhi e il cuore a pezzi mi misi a sedere sulle scomode sedie della sala d'aspetto. Pochi secondi e fece la sua entrata Adriano. Anch'esso aveva gli occhi rossi per il pianto. Si sedette vicino a me
A: questa è solo colpa tua, se non l'avessi tradita non saremmo qua disse con voce spezzata e rauca per il pianto
N: gli passai il cellulare con le foto della chat tra Federica e sua sorella, mentre leggeva rimase a bocca aperta. Sapeva benissimo che non avrei mai fatto una cosa di quel genere, ma avendo le prove non poteva negarlo, lo avrei perdonato, non potevo fare diversamente. Mi abbracciò e mi strinse forte a sé. Le lacrime continuavano a bagnare il mio viso.
A: scusa disse stringendomi ancora più forte
N: tranquillo, ora pensiamo a Elena dissi staccandomi delicatamente da lui e alzandomi in piedi.

Mi misi a girare per la stanza. L'ansia si faceva sentire. I pensieri erano brutti. Non usciva nessuno, da quella stanza, da troppo tempo. Continuavo a girare per la stanza, incerto se bussare alla grande porta e chiedere qualcosa, o no. Dannazione, muovetevi dissi a bassa voce, Adriano mi sentì, si avvicinò a me e diede una pacca sulla schiena. Entrambi eravamo nella stessa situazione di ansia. Mentre stavo per bussare alla porta uscì un dottore. Un uomo abbastanza alto, sulla quarantina. Con capelli marroni e ricciolini e degli occhiali tondetti. Ci guardò dall'alto in basso.
N: come sta la ragazza? Chiesi impaziente, seguito dall'annuire di Adriano, l'uomo si sistemò gli occhi sul naso e guardò il registro
D: sentite ragazzi, c'è poco da fare. La vostra amica ha perso tanto, troppo sangue in questo lasso di tempo, le ferite risalgono a un'ora prima del ritrovo, ha perso quasi due litri di sangue. Se non si sveglierà entro qualche ora non ci saranno speranze disse abbastanza freddo e distaccato, dopo tutto chissà quante volte avrà dato questa stessa notizia, era abituato a vedere morire le persone. Non dico che non ci stesse male, ma era sin troppo abituato alle stesse situazioni andate da lei, stanza 12, secondo piano disse consegnandoci delle chiavi.
Sentii un pizzicorino agli occhi, ma prima di piangere davanti al dottore, ringraziai e insieme ad Adriano, che già si era lasciato andare, salimmo nella stanza.

Chiusi la porta alle mie spalle. Le lacrime cominciarono ad uscire spontaneamente. Non riuscivo nemmeno a fermarmi. Singhiozzi, urla. Non potevo lasciarmela scappare di nuovo. Ora che l'avevo ritrovata. Mi stesi sul letto bianco accanto a quello dove stava Elena. Voltai il viso verso di lei. Una mascherina che le copriva il dolce visino, tubi nelle braccia e al petto. Fasciature e punti di sutura sui polsi. Una lacrima. Due. Tre. Continuavo a piangere interrotto. Mentre anche Adriano piangeva e singhiozzava all'unisono con me. Ma forse era così. Forse era destino. Forse ero destinato a vivere nel dolore. Nella sofferenza. Ero destinato a vivere nelle lacrime. Nei singhiozzi. Destinato a vivere nella solitudine. Senza nessun angelo custode. Forse ero destinato a non vedere mai la vera luce del sole. Forse non avrei mai visto la vera luce. Il colore. La gioia. La vera felicità. Forse ero solo. Forse. Forse non sarei mai più stato vivo. Forse quei pochi momenti di vita vera erano quelli con LEI. La stessa lei che era su un lettino di un ospedale. Intubata. La stessa persona che respirava solo grazie alle macchine. Quella persona che ha sofferto per colpa mia. La persona che stava perdendo la vita per me. La persona col cuore a pezzi. La persona con gli occhi più bella. La persona con mille universi dentro. La persona fragile. Forte. Indipendente. Insicura. Confusa. La persona che mi rendeva felice. Lei era quella persona che viveva sulle nuvole per sfuggire alla vita odierna. Lei viva nei sogni. Lei viveva con la fantasia. Lei viveva osservando i disegni. Lei era una stella. Lei era la notte. Il giorno. Il sole. La luna. Lei era tutto. Lei per me era tutto. E io piano piano la perdevo. Io e Adriano piano piano la perdevamo. I nostri sogni piano piano so dostruggevano. Diventavano sabbia. Si perdevano nel futuro. La famiglia che avremmo voluto insieme scompariva. Scompariva insieme a quella casa in mezzo al verde che volevamo. Insieme ai viaggi che avremmo fatto insieme. Scompariva tutto. Si sgretolava. Come quando si tiene in mano un pugno di sabbia, piano piano la mano si apriva e lasciava volare via tutto.

Il sottofondo della sala, che indicava il suo battito cardiaco si spense. Rimasi pietrificato. Adriano cominciò ad urlare agli infermieri di fare qualcosa. Una decina di medici fecero irruzione nella stanza. Mi si gelò il sangue. Ciò che pensavo si avverava. Lei se ne stava andando. E io non facevo niente. Io non potevo fare niente per farla rimanere con me. Alcuni medici portarono il defibrillatore in camera. 1...2...3..libera urlavano. Andai vicino al lettino. Il viso cadaverico di chi aveva amato tanto ed era stato distrutto da questo. CAZZO urlai. Andai al centro della stanza e mi inginocchiai. Unii le mani e cominciai a pregare ti prego Dio, se ci sei, ti supplico non portarti via la mia ragazza, prenditi la mia carriera, i miei soldi, la mia casa, ma non lei. Ti prego, Dio, ti supplico, lei è l'unica cosa che mi fa stare bene, lei è la mia felicità, ti prego CAZZO. Ti prego dissi mentre le lacrime scendevano a raffica. Adriano pregava insieme a me. Non avevo mai creduto così tanto in Dio, non avevo mai pregato tanto per una persona. TI PREGO Continuai urlando. Intorno a me si bloccò tutto. La mia vita mi passò davanti. Ogni momento era stato buio, fin quando non era arrivata lei. Lei che era la mia luce. Io non potevo perdere lei. Io non DOVEVO perderla. I medici continuavano a darle scariche. Io continuavo a pregare e piangere. Adriano si era unito a me. Ti prego Dio, ti sei portato via la mia ragazza due anni fa, era bellissima e te la sei presa, non portare via anche lei, ti prego, è l'ultimo fiore che è rimasto qua sulla Terra disse lui piangendo e singhiozzando. Aveva già vissuto un lutto del genere, il secondo lutto lo avrebbe distrutto.

I medici si avvicinarono a noi dalle spalle. Ci appoggiarono una mano su una spalla. Ragazzi non c'è più niente da fare dissero tristi. Mi alzai di scatto e tirai un pugno al muro, lasciando un lieve buchetto. Le nocche mi iniziarono a sanguinare, ma quello era il mio ultimo problema. Appoggiai la testa al muro. Una lacrima mi scese lungo la guancia e cadde a terra. Ti prego ripetei a bassa voce. Ormai avevo perso la speranza. In quel preciso istante si ricominciarono a sentire i Beep Beep della macchina che controllava il battito cardiaco. Si sentii una tosse. Mi girai di scatto. Vidi Elena aprire gli occhi e le saltai addosso.
N: non lo fare mai più cazzo dissi baciandola, lei ricambiò subito mi sei mancata da morire dissi continuando a baciarla e a piangere

                          FINE

Sazio autrice
Spero vi piaccia. Siamo arrivati alla fine di questo libro, c'ho messo tutta me stessa nello scrivere questo libro, ci tengo tanto.
Vorrei ringraziarvi per il sostegno che mi avete dato durante la scrittura di tutto ciò. Vi voglio tanto bene. Spero vi piaccia com'è finito e anche la storia in sé. Scrivetemi cosa dovrei scrivere come prossima opera e datemi dei consigli, di qualsiasi tipo. Ditemi che ne pensate. NON SIATE SILENZIOSI❣️

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