Sotto l'azzurro soffocante del cielo estivo, il sole illuminava il campanile e i tetti del vecchio borgo, mentre i militari della ronda attraversavano la piazza, salutando le signore a passeggio nascoste dietro i loro ombrellini. I soldati passarono accanto alla chiesa, dove il prete stava chiudendo il portone ornato da elaborati bassorilievi, lanciando occhiatacce ai bimbi che giocavano a pallone sul sagrato, e si fermarono sotto la veranda del Bar Impero a prendere un po' di frescura.
Dopo che Giuseppe, lo storico oste del paese, ebbe offerto loro una gazzosa ghiacciata, ripresero il giro di sorveglianza entrando nel cancello del parco e percorsero i vialetti profumati tra le siepi di rose che, con il trionfo della loro fioritura, riempivano i prati di chiazze rosso sangue. Alcuni bambini corsero tra le loro gambe, coprendo con i loro schiamazzi la voce del maresciallo che stava commentando un discorso del duce. Il caporale inveì contro la turba di discoli che si era già allontanata tra fischi e lazzi; uno dei soldati, però, gli fece cenno di guardare altrove: accanto a un gruppo di ragazzi a petto nudo che inseguivano un pallone da calcio, una bellissima giovinetta sedeva nel suo fresco abito di lino all'ombra di un gelso ai bordi del prato. I militari la tempestarono di occhiate, che lei non ricambiò, impegnata com'era a osservare i suoi amici a dribblarsi il pallone. In particolare, la ragazza era concentrata a seguire con lo sguardo un ben specifico giocatore: Stefano calciò la sfera di cuoio, che superò il portiere, infilandosi tra i due mucchi di camicie gettati sull'erba a fare da porta. Mara lo guardò esultare con il suo compagno di squadra, senza riuscire a staccare gli occhi di dosso da quel sorriso: da quando questa mattina era scesa dal letto, non riusciva a smettere di desiderare che le labbra di quel ragazzo si poggiassero sulla sua bocca in uno di quei baci furtivi da cui si ritraeva sempre con le gote arrossate. Come avrebbe potuto essere altrimenti? Stefano era il più bel giovane del paese, con quei capelli neri folti e gli occhi profondi come due notti incastonate in un viso che mostrava già i tratti della maturità senza però aver sopito del tutto le inquietudini dell'adolescenza. Si trattava di una testa calda che, in più di un'occasione, aveva fatto disperare i suoi genitori, per non parlare delle maestre che avevano avuto la sfortuna di trovarselo in classe; irrequieto e pronto ad azzuffarsi per un niente, con i suoi modi di fare maneschi e prepotenti era immediatamente diventato il capo tra i giovani ragazzi di quel paesotto di provincia, tutti figli di onesti lavoratori ma, in fondo, anche un po' addormentati. Tuttavia, Mara sapeva che quel modo di fare burbero era solo una scorza esteriore il cui nocciolo nascondeva un carattere idealista, che si difendeva in quel modo un po' violento da un mondo borghese che cercava in ogni modo di piegare i suoi sogni alla logica del vile denaro. Stefano era un entusiasta sostenitore del fascismo, che appoggiava più per il fascino subito dai manifesti e dai simboli della propaganda, che per una reale comprensione di tutte le sue sfumature morali. Stefano aveva più volte provato a scappare di casa per arruolarsi come volontario, ma era sempre stato rifiutato a causa della sua giovane età. Dal canto suo, Mara non aveva la pazienza per approfondire tutte le implicazioni della scelta del giovane uomo che amava: si accontentava di sapere che, quando quelle braccia l'avvolgevano, sentiva di poter dimenticarsi del mondo intero.
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I silenzi del pianoforte
Historical Fiction[COMPLETA] 1943. Stefano e Yael sono due adolescenti, diversi tra loro, ma accomunati dall'amore per la stessa giovane ragazza, Mara, una studentessa della borghesia bene della città. Yael è un giovane ebreo, uno studente di pianoforte che vive imme...