CAPITOLO 6

3.8K 156 8
                                    




Eloise mangiò tutto in maniera vorace, masticando in tutta fretta le uova strapazzate. Si sarebbe presto abituata a quel genere di colazione così fornita se qualcuno avesse cucinato cose così buone per lei ogni giorno. Aveva fretta di finire perché sperava che una volta conclusa la colazione avrebbero parlato. Kael, d'altro canto, mangiava senza alcuna fretta; anzi sembrava andar più piano.

Lo stomaco del ragazzo era chiuso per l'agitazione ma si impose di finire ciò che aveva nel piatto.

«Buono?» Kael lasciò cadere la forchetta nel piatto ed alzò lo sguardo verso Eloise, la cui attenzione era unicamente puntata sul succo d'albicocca. Dovette trattenere una risata: la maglia si era leggermente sporcata con esso ed un rivolo di succo le stava percorrendo il mento. Sembrava che non mangiasse da giorni e tutto sommato era ciò che era successo.

L'italiana posò il bicchiere di plastica e si asciugò la bocca con la manica della felpa, alzando poi le spalle. Non le importava risultate volgare o maleducata, non in quel momento.

«Hai dovuto cacciare un maiale per soffriggere la pancetta?» La battuta, piena di sarcasmo e di rammarico, arrivò alle orecchie di Kael come fosse una provocazione giocosa.

«No, i maiali non hanno certo lo stesso buon sapore degli umani.» Il viso di Eloise perse quel poco colore che aveva riacquistato mangiando. Le tremarono per un attimo le mani e dovette stringere il labbro inferiore per evitare di battere i denti. La paura, strisciante ed infida, le si annidò nel cuore come fosse un serpente, chiedendole di abbandonare quella tavolata il prima possibile. «Scherzavo, eachtrach.» Il ragazzo alzò gli occhi al cielo ma non nascose quel velo di divertimento che sembrava continuare ad abitargli il viso.

Rimasero in silenzio fino a quando non ebbero finito entrambi di mangiare, lei perché non sapeva cosa dire e lui perché non aveva una gran voglia di parlare. Afferrò il posacenere e lo poggiò sul tavolo di legno assieme all'accendino ed al pacchetto nuovo di sigarette. Era perfettamente consapevole che a lungo andare gli avrebbero fatto male, ma lui aveva una salute di ferro ed essere un licantropo con una rigenerazione piuttosto veloce gli dava la possibilità di sperimentare più cose rispetto agli umani senza subirne gli effetti.

«Cosa vuol dire?» Kael si accese la prima sigaretta di quella giornata e guardò Eloise come se le fosse spuntata una seconda testa. Com'era possibile che fosse così tranquilla? «Eachtrach»

«Straniera.» Le guance della ragazza si tinsero di rosso per il nervoso, ma non disse nulla. Dopotutto era davvero una straniera per la gente di quel posto e non li biasimava. «Non avevi delle domande da farmi?» Kael aspirò il fumo della propria sigaretta e poi lo buttò fuori, colpendo il viso della ragazza che per il disgusto si contorse in una smorfia, prima di esibirsi in un piccolo attacco di tosse.

«Come possono davvero...esistere i Lic —» si fermò, prese un bel respiro e si corresse. « i Mutaforma, ecco.» Il ragazzo sbattè velocemente le palpebre, senza avere una risposta pronta. Non lo sapeva nemmeno lui, a dire il vero. Le loro tradizioni soprannaturali erano strane e contorte, fondate principalmente sulla loro religione politeista, ma lui non era mai stato un tipo propenso a credere in ciò che non vedeva. Si definiva ateo.

«Vuoi la teoria scientifica o quella religiosa?» Eloise fece tintinnare le unghie lunghe sul tavolo, ed alla fine gli chiese di raccontarle entrambe. «La storia, raccontata sotto un punto di vista storico, scientifico e razionale, dice che a causa di un batterio nato all'incirca verso il seicento, che colpì principalmente animali selvatici ed insetti, venne poi trasmesso tramite contatto tra ferite aperte e sangue infetto, saliva, rapporti sessuali e dal morso dell'animale malato.»

«L'umano infetto, a seconda dell'animale che gli aveva trasmesso la malattia, iniziò pian piano a subire mutazioni genetiche simili a quelli dell'infetto principale.» Kael si sentiva stanco, provato, ma anche divertito e stimolato. Non aveva mai avuto una conversazione simile con un umano. Si sentiva un professore o un maestro d'asilo intento a spiegare l'alfabeto ai più piccoli. Gli occhi di Eloise si allargarono per lo stupore, incuriositi ma anche timorosi. Le parve un destino crudele, il trasformarsi in qualcosa o qualcuno senza il proprio volere. Si trattava comunque di una malattia.

WOLF'S HOWL | In RevisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora