CAPITOLO 19

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Si staccarono solo quando non trovarono più il fiato per continuare, con il respiro tremolante, i visi rossi e le labbra gonfie. Si guardarono per un po', lui con gli occhi accesi, spiritati, tanto da farle intravedere qualche pagliuzza dorata nell'iride, e lei con malinconia, con senso di colpa. Aveva appena baciato una delle tante persone che avrebbe dovuto tradire, e tutto per essersi trasferita. E, diamine, il fatto che quello fosse stato il bacio più bello che avesse mai dato a qualcuno la confondeva e la irritava, perché se Kael fosse stato semplicemente un ragazzo con il quale aveva appena pomiciato sul divano sarebbe stato tutto meno complicato, meno brutto.

Se non le fosse piaciuto, non si sarebbe trovata a borbottare tra se e se, nella sua testa, cose incomprensibili.

«Portami a casa.» Dimenticandosi il "per favore" ed una cautela che sembrava aver perso, la sua frase risuonò come un ordine alle orecchie del Segugio.

«Come?» Con ancora il sorriso sulle labbra, ora più sbiadito, Kael inarcò la schiena per averla più vicina, per sentirla meglio. Aveva creduto di esserselo solo immaginato, il movimento affrettato e tagliente delle sue labbra mentre parlavano. E sarebbe stato normale, più accettabile, se fosse stato così: chi mai gli avrebbe chiesto un passaggio a casa a quell'ora inoltrata? Specie se la persona ad averglielo chiesto era Eloise. Eloise, che l'aveva appena baciato, stretto, quasi graffiato per tenerselo incollato contro di se.

«Mi hai sentita, Kael.» Questa volta fu lei ad addolcire il proprio tono di voce e a distanziarsi un po' di più. Poggiò i palmi delle mani sui sedili del divano e quasi si sdraiò, pur di allontanarsi. «Voglio tornare a casa.»

«No. Tu non vuoi andare a casa.» Scuotendo più volte la testa, il Mannaro Si passò una mano fra i capelli e poi sul viso, andandosi a chiudere gli occhi coi polpastrelli. Per quanto si stesse sforzando di capirla non ci riusciva, e più lei continuava ad usare quel tono da maestrina, quell'espressione colpevole, più lui si incazzava. L'italiana tirò via le gambe da quelle di lui e barcollante si alzò in piedi. Il sonno sembrava essere completamente sparito, così come la sua voglia di rimanere ancora in quella casa.

Se si fossero trovati in altre circostanze, se lei non avesse dovuto rendere conto di ogni cosa che faceva all'uomo che teneva con se sua madre, avrebbe fatto diversamente.

«Per favore, Kael.» Il ragazzo si mise seduto meglio, con il volto che ora ardeva di rabbia e di cattiveria. Poche volte, nella sua vita, si era sentito ferito o frustrato, ed ancor meno volte era stato per colpa di una donna.

«Che cazzo ho fatto di sbagliato?» Eloise trasalì, intimorita dal gorgoglio basso che sembrava lottare per uscire dalle labbra del ragazzo. Fu quasi spaventoso vederlo stringere i denti e gli occhi, come a volersi trattenere del tutto. Un brivido di freddo le corse lungo la schiena, e fu allora che, come se le si fosse formata una lampadina sulla testa, rispose con una delle scuse più banali che esistevano:

«N – non hai fatto niente di male.» L'italiana fece un altro passo indietro, seguita dallo sbuffo seccato del Mannaro. Si sarebbe voluto alzare per andarle incontro, ma non lo fece. «È che siamo così diversi, Kael. Troppo.» La risata che esplose nella stanza fu priva di divertimento e servì solo a metterle la pelle d'oca.

«Adesso mi dirai anche che il problema sei tu, e non io? Andiamo Eachtrach, ti sei rincretinita tutto d'un botto?» Punta sul viso, Eloise scosse la testa e recuperò dal pavimento la borsa di iuta che quel pomeriggio si era portata dietro al mercato. Se ne sarebbe tornata a casa da sola, in un modo o nell'altro. Avrebbe potuto utilizzare Google Maps, o semplicemente chiedere informazioni.

«Sai cosa? A quanto pare il problema, qua, sei tu. Continui ad urlarmi contro, ad insultare e a straparlare, solo perché non accetti che una straniera possa rifiutare l'idea di...di stare con uno come te! Sai cosa? Fattene una ragione, perché non tutti sono disposti a cadere ai tuoi piedi per un cazzo di bacio.» E con quell'ultimo urlo infilò le scarpe senza nemmeno provare ad allacciarsele, ed uscì dalla casa del Mannaro come se improvvisamente avesse preso fuoco.

WOLF'S HOWL | In RevisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora