Frank non seppe per quanto tempo fosse rimasto sdraiato sul pavimento. Non riusciva a staccare gli occhi dalla soglia. Da un momento all'altro, Gerard sarebbe entrato, disfatto, senza fiato, ma salvo. Doveva farlo. Frank sentiva il cuore spezzarsi nel petto, i muscoli sembravano pietra. Completamente debilitato dallo sforzo, il suo corpo si mise a tremare.
Dopo quelli che potevano essere stati pochi minuti, ma sembrarono un'eternità, il freddo filtrò dal pavimento e gli penetrò fin dentro le ossa. Le sue membra tremanti cominciarono a bloccarsi e Frank capì che doveva muoverle.
Gemette mentre si metteva seduto, senza osare staccare gli occhi dalla soglia. Fino a che Gerard non sarebbe arrivato, sarebbe rimasto a guardare. Da qualche parte, in fondo alla mente, una voce gli diceva che era ridicolo, ma lui continuava, perché quella fiducia era l'unica cosa che impediva al panico di risalirgli in gola ed esplodere in un urlo.
Il corvino riuscì a mettere le gambe tremanti sotto di sé e, sostenendosi allo stipite della porta, si alzò in piedi. Mantenne una presa salda sul legno marcio e rimase, ondeggiando, sulla soglia. Da fuori provenivano urla e mormorii, sebbene la casa sicura attutisse il rumore. Tenendo i piedi ben saldi dietro la porta, Frank sporse la testa per scrutare la notte, sperando di intravedere un paio d'occhi verdi o un ciuffo di capelli bianco innaturale. I suoi occhi non trovarono niente, però le sue orecchie furono assalite da una raffica di strilli indignati quando i demoni tentarono di aggredirlo, ma i loro sforzi si infransero contro i confini della casa sicura. Frank tirò subito indietro la testa e il rumore si smorzò.
Si allontanò lentamente dalla porta. I suoi piedi inciamparono in qualcosa sul pavimento e lui rischiò di cadere. Per una frazione di secondo dovette staccare lo sguardo dalla soglia, ma dentro era buio pesto e lui non riuscì a capire su cosa avesse inciampato.
Fuoco. C'era sempre un camino in quei cottage. Ma doveva per forza girare le spalle alla porta e questo significava fare i conti con il fatto che Gerard potesse essere scomparso. No, disse a se stesso. Sarebbe venuto. Lui doveva soltanto approntare il fuoco per quando fosse arrivato. Si spostò a tentoni e, come previsto, all'altro capo del cottage c'era il camino di pietra. In ginocchio, tastò lo spazio con le dita. Sfiorò cenere e pezzi di legno sulla griglia. A sinistra trovò alcuni ciocchi asciutti, ma nessun fiammifero.
«Ti prego» mormorò, consapevole che stava implorando un oggetto inanimato affinché funzionasse, ma incapace di smettere. «Ti prego, ne ho bisogno». Sull'ultima parola il suo equilibrio si infranse. Una serie di singhiozzi strozzati gli scombussolarono il petto e le sue palpebre si serrarono, mentre le prime lacrime le scendevano sulle guance.
Un improvviso scricchiolio lo spaventò e gli fece riaprire gli occhi, ma quello che vide lo fece sussultare per la sorpresa. Nel camino c'erano delle fiamme. Erano piccole e tremolavano nel filo d'aria proveniente dalla porta aperta, ma rifiutavano di farsi spegnere. Frank allungò le mani e prese un paio di ciocchi. Li mise delicatamente sul fuoco e intanto trattenne il respiro, in caso i suoi movimenti goffi disturbassero le fiammelle appena createsi.
Resistettero, ma continuarono a guizzare a causa della brezza. Frank si girò e guardò la porta. Chiuderla sarebbe stato come chiudere la porta sulla sua speranza – su Gerard. Ma non poteva perdere il fuoco. Con l'impressione di muoversi al rallentatore, il corvino si alzò in piedi e si avvicinò alla porta. Si fermò lì, combattendo il desiderio di correre fuori, nella notte, per cercarlo. Ma questo avrebbe significato consegnarsi ai demoni e Geeard non l'avrebbe voluto. Frank chiuse la porta con angoscia.
Quando il chiavistello, chiudendosi, scattò, qualcosa dentro di lui si spezzò. Le lacrime lo accecarono, si trascinò alla cieca per la stanza finché non incontrò quello che somigliava a un letto. Vi si gettò sopra e crollò. Il panico lo travolse. Lottò contro un folle desiderio di correre, gridare e fracassare oggetti.
Che cosa avrebbe fatto, adesso? Senza Gerard non aveva idea di dove dovesse andare. Si sarebbe perso, avrebbe vagato fino al calare del buio e allora sarebbe diventato una facile preda per i demoni. Oppure doveva rimanere lì e aspettare?
Dato che non aveva bisogno di mangiare o bere, avrebbe forse aspettato lì in eterno, sperando che un qualcuno andasse a salvarlo?
La solitudine e la paura fecero affiorare sentimenti che, prima dell'incidente, non avrebbero mai avuto l'opportunità di mostrarsi. Davanti agli occhi gli comparve Lydia. C'era già stato un funerale? La immaginò mentre riceveva la telefonata in ospedale, vide l'espressione devastata sul suo viso, l'arco perfetto delle sopracciglia crollare, la mano che saliva alla bocca per coprirla, come se potesse rifiutare la verità. Frank ripensò a tutte le discussioni che avevano avuto, a tutte le cattiverie che le aveva detto e che non pensava, a tutte le cose che avrebbe voluto dirle senza mai riuscirvi. L'ultima conversazione decente era stata una discussione a proposito dell'incontrare o meno suo padre. Ricordava ancora quando le aveva detto che voleva andare a trovarlo, ricordava l'espressione su viso di lei. Lydia l'aveva guardato come se l'avesse tradita.
A quel pensiero se ne intrecciò un altro. Suo padre. Come aveva reagito? Chi lo aveva informato? Aveva pianto per il figlio che non aveva mai conosciuto davvero?
Tutto a un tratto, la situazione, la sua morte, colpirono nel segno. Non era giusto. Il suo futuro, la sua famiglia, i suoi amici. tutto era finito. E adesso anche il suo traghettatore? No, non solo il suo traghettatore. Gerard. Rubato, proprio come tutto il resto. Frank non pensava che le fossero rimaste lacrime da piangere, ma quando l'immagine di lui le affiorò alla mente, altre ne spuntarono e colarono, calde e salate, sulle sue guance.
Fu la notte più lunga che avesse mai trascorso. Ogni volta che chiudeva gli occhi, immagini assillanti gli balenavano nella testa: Lydia, Gerard, una figura paterna priva di volto, brandelli dell'incubo vissuto sul treno. Finché con lentezza, pigramente, alla fine passò. Il fuoco si ridusse a un bagliore aranciato e le tenebre all'esterno si dissolsero in una luce tenue che filtrava dalle finestre, ma che Frank non notò. Lui continuò a fissare i ciocchi, finché le tinte soffuse del calore non si spensero nel grigio della cenere e i pezzi di legno consumati non poterono far altro che produrre fumo. Gli parve che il suo corpo si fosse trasformato in pietra. La sua mente traumatizzata trovò rifugio nel torpore.
Dovette arrivare a metà mattina per rendersi conto che la luce significava per lui la libertà di fuggire da quel rifugio che era, in un certo senso, anche la sua prigione. Poteva andare a cercare Gerard.
E se fosse rimasto da qualche parte nella valle, ferito e sanguinante? Se stava aspettando che lui lo trovasse?
Guardò la porta, ancora chiusa per difendersi dai terrori della terra perduta. Gerard era là fuori, ma c'erano anche gli spettri.
Le ombre della valle erano forse abbastanza scure e fitte da permettere loro di attaccarlo?
E la luce del mattino sarebbe stata abbastanza forte da tenerlo al sicuro?
Quando pensava a uscire allo scoperto nella terra perduta, tutto il suo essere rifiutava l'idea.
Ma Gerard era là fuori.
Non essere patetico, alzati. Si disse.
Trascinò il suo corpo stanco fuori dal e andò alla porta. Si fermò, con la mano sulla maniglia, prese un respiro profondo, poi un altro, e tentò di costringersi ad afferrare il pomello, girarlo e aprire. Le sue dita si rifiutarono di obbedire.
«Falla finita» borbottò.
Gerard aveva bisogno di lui.
Con quel pensiero impresso nella mente, Frank spalancò la porta.
E rimase paralizzato, mentre l'aria gli rimaneva incastrata nei polmoni. Il cuore smise di battere, poi cominciò a martellare mentre i suoi occhi faticavano a guardare la scena che aveva davanti.
La terra perduta, che nei giorni precedenti era diventata quasi accogliente, era scomparsa.
Il mondo si era trasformato in un impressionante caleidoscopio di sfumature di rosso. Le due colline c'erano ancora, ma adesso erano ricoperte di terra bordeaux. Non c'era più alcuna vegetazione, ma i fianchi scoscesi erano trafitti da rocce aguzze e frastagliate che sbucavano dal terreno in formazioni isolate. Il sentiero di ghiaia era stato sostituito da un viale nero lucido. Sembrava gorgogliare costantemente, come se fosse vivo. Il cielo era rosso sangue e macchiato da nuvole nere che, più che essere sospinte dal vento, correvano verso ovest. Il sole brillava di un rosso incandescente.
Ma non erano questi gli elementi più spaventosi. Su tutto il terreno, sui fianchi delle colline, sul sentiero, vagavano centinaia e centinaia di cose che sembravano -beh, Frank non riusciva nemmeno a trovare la parola adatta. Erano umani, eppure sembravano privi di forma, avevano soltanto dei tratti accennati che ne identificavano età e genere. Frank osservò meglio quelli più vicini a lui. Sembrava che non lo vedessero e che non si accorgessero neanche di essere davvero lì. Erano concentrati su un'unica cosa: seguire la sfera luminosa che brillava di fronte a ognuno di loro.
Tutte le figure erano ombreggiate da un'armata di spettri neri che aleggiava intorno alle loro teste e gli volteggiava davanti, in cerchi. Frank sussultò mentre le guardava, spaventato per ognuna di loro ma, sebbene gli spettri agitassero l'aria che le circondava, mantenevano le distanze. Era per le sfere, si rese conto, d'un tratto. Gli spettri non si avvicinavano ai globi di luce pulsante anche se Frank notò che, là dove le ombre erano più fitte, le sfere brillavano meno intensamente e i demoni osavano andare più vicino. Mentre li osservava, alcuni meccanismi in fondo al suo cervello si attivarono.
Lui era una di quelle cose. Quella era la vera terra perduta. E Gerard era la sua sfera. Senza di essa, poteva osare mettere un piede fuori ed essere al sicuro? Se avesse lasciato adesso la casa sicura, i demoni avrebbero potuto attaccarlo anche se era giorno? L'unico modo per saperlo era uscire. Poteva farlo? Mentre ci pensava, ondeggiò leggermente sulla soglia. No. Sporgendo la testa, colse i sibili e i lamenti degli spettri. Fu abbastanza spaventato, che arretrò e sbatté la porta. Vi appoggiò la schiena, come se così potesse tenere a bada gli spettri. Ma la sua resistenza durò appena pochi secondi prima che si lasciasse scivolare sul pavimento, dove si abbracciò le gambe e mise la testa sulle ginocchia.
«Gerard, ho bisogno di te» mormorò. «Ho bisogno di te!». La voce gli si incrinò e spezzò mentre le lacrime cadevano giù. «Dove sei?».
Era in trappola. Non solo non sapeva dove dovesse andare, e cosa sarebbe successo se fosse uscito. L'unico luogo sicuro era quello, ma fino a quando poteva aspettare Gerard?
I minuti trascorsero lenti. Dopo un po', Frank cominciò a riprendersi. Si alzò e trascinò una sedia vicino alla finestra. Si sedette, mise le braccia incrociate sul davanzale e vi appoggiò sopra la testa. La vista era la stessa che si aveva dalla porta. Un deserto cremisi punteggiato di anime alla deriva che seguivano ciecamente e venivano seguite. Era una scena ipnotica. Vedere i demoni gli faceva ancora stringere lo stomaco, al ricordo dei tagli provocati dai loro artigli.
Era ancora possibile che Gerard fosse là fuori e stesse tentando di tornare da lui. Doveva aggrapparsi a quella speranza. Poteva aspettare almeno un altro giorno.
Dopo un tramonto dalle sfumature arancioni e rosse, il cielo si fece nero. Con il buio, intorno al cottage arrivarono anche le urla. Frank accese il fuoco – questa volta con dei fiammiferi che aveva trovato sulla mensola del camino. Era stato un procedimento molto più lungo rispetto alla sera precedente ma, alla fine, aveva convinto le fiamme a bruciare e a divorare la legna. Adesso i ciocchi grandi avevano preso: crepitavano e scoppiettavano, fornendo calore e luce confortanti. Frank aveva abbandonato la postazione alla finestra. L'oscurità lo spaventava, non poteva sapere chi fosse là fuori, a guardarlo. Si sdraiò sul letto e rimase a osservare le fiamme finché gli occhi non si chiusero e lui non scivolò nel dormiveglia.Quando si risvegliò, ore dopo, fuori era ancora buio pesto. Alzò lo sguardo al soffitto e, soltanto per alcuni istanti, sarebbe potuto essere ovunque. Nella stanzetta angusta della sua casa, circondata da poster e strumenti, o in una camera estranea, mentre si preparava per un'altra giornata di chiacchiere con suo padre. Ma non era in nessuno di questi luoghi. Era in una casa sicura. Ed era morto. Una fascia d'acciaio gli si strinse intorno alle costole. Non riusciva a respirare.
Il cottage era caldo. Il fuoco che aveva acceso con tanta cura bruciava ancora nel camino e spandeva ombre che si increspavano sulle pareti, ma non era stato questo a tirarlo fuori dal sonno. Quando si girò sul fianco per osservare le fiamme, vide anche il vero motivo del suo risveglio. Una figura si stagliava, immobile, contro la luce delle fiamme. Frank fu invaso dalla paura e rimase paralizzato ma, quando i suoi occhi si abituarono, la figura cominciò a prendere forma, una forma familiare. La forma che aveva temuto di non rivedere mai più.
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Eᴛᴇʀɴᴀʟ Lᴏᴠᴇ
FantasyLa vita di Frank subisce un drastico cambiamento: il treno su cui viaggia ha un terribile incidente. Lui sembrerebbe essere l'unico sopravvissuto tra i passeggeri e, una volta uscito, si ritrova in aperta campagna, in mezzo alle colline. Intorno non...