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«Beh, carino qui» disse Frank in tono sarcastico, per spezzare il silenzio e dare una scossa a Gerard.
«Già». Lui sospirò, guardando il lago.
Forse una domanda diretta avrebbe ottenuto un risultato migliore, pensò il corvino. «Gerard, in che modo dovremmo raggiungere l'altra sponda?».
«Remando» gli rispose semplicemente. Allungò un braccio sotto la panca di Frank, che spostò di scatto le gambe, e ne tirò fuori due remi malridotti.
Stavolta Frank ne era certo: quando era salito sulla barca, quelli non c'erano.
Da dove diavolo erano arrivati?
Gerard infilò ogni remo nell'apposito scalmo e li abbassò per fendere le onde scure. Prima usò un remo soltanto per direzionare la barca, poi cominciò a remare vigorosamente con entrambe le braccia. Si fermò un istante per togliersi la felpa e Frank si ritrovò a osservare i suoi muscoli tendersi mentre lui si dava da fare, facendo aderire con quei movimenti la maglietta dal cotone sottile al petto. Gestiva l'imbarcazione con destrezza, le mani strette a pugno sui manici, la presa ferma e potente.
Frank sentì le guance bruciargli, e una strana urgenza di muoversi gli rendeva difficile stare seduto tranquillo. Deglutì, poi alzò gli occhi per notare che Gerard lo stava osservando. Mortificato per essere stato colto sul fatto, si concentrò sul modo in cui i remi tagliavano la superficie increspata dell'acqua.
Osservando il fluido movimento circolare della pala, Frank ebbe un pensiero. «Stai aspettando che io ti dia il cambio..?».
Gerard scoppiò a ridere. «No, mi piacerebbe arrivare prima della fine dei tempi, se non ti dispiace».
Frank roteò gli occhi ma, dal momento che era ciò che voleva, non ribatté. Si guardò intorno, invece. La collina da cui erano scesi sembrava essere il centro di una catena di cime a ferro di cavallo che circondavano metà del lago. Lo racchiudevano, fornendo anche una certa protezione dalle intemperie. Forse per questo l'acqua era così calma, con onde che a malapena cullavano la minuscola barca. Il paesaggio davanti a loro, però, era vuoto. Era come se il mondo finisse e basta.
Anche se Gerard stava remando piuttosto lentamente, i suoi colpi erano forti e li stavano facendo avanzare rapidamente, e Frank, ormai, riusciva a vedere a stento la riva che avevano lasciato. Quella opposta ancora non era in vista e Frank provò un istante di ansia. E se quella zattera malconcia avesse cominciato a imbarcare acqua?.
Un altro pensiero fu quello di doversi tuffare dentro quell'acqua. Sotto la superficie nera non si vedeva niente. Non c'era modo di sapere quanto fosse profonda o cosa potesse esservi in agguato. Sporse un braccio oltre il bordo e immerse la punta delle dita. Nel giro di qualche secondo, le sentì formicolare a causa dell'acqua gelida. La temperatura dell'aria era deliziosa - l'acqua non avrebbe potuto essere più fredda. Non era normale. Oltretutto era strana, un po' più densa dell'acqua. Non proprio con la stessa consistenza dell'olio, ma una via di mezzo fra l'uno e l'altra. Sì, una barca che affondava sarebbe stata indiscutibilmente una pessima cosa.
«Non lo farei, se fossi in te». Gerard lo strappò alle sue riflessioni.
«Cosa?».
Lui indicò con un cenno la mano che ancora increspava la superficie del lago. «Quello».
Frank la tirò via all'istante e la esaminò da vicino, aspettandosi di vederla annerita qualcosa del genere. Invece era normale.
«Perché no?».
Gerard lo guardò con fermezza. «Non si può mai sapere che cosa si nasconda là sotto».
Frank annuì comprensivo, portando le mani in grembo, ma si sporse appena per guardare sotto di loro, ipnotizzato dal fluttuare dell'acqua. L'unico suono era il dolce e ritmico tonfo dei remi.
Gerard lo guardò mentre Frank studiava le onde. Aveva gli occhi spalancati che catturavano la luce scintillante sulla superficie liquida, ma non vedevano niente. Il viso appariva sereno, con la fronte distesa e un leggero sorriso che gli aleggiava sulle labbra. Adesso aveva le mani strette fra le ginocchia e quella posa lo fece sorridere, sebbene per poco, quando ne ricordò la causa. Faceva bene ad ascoltarlo; appostate là sotto c'erano cose che appartenevano solo ai suoi incubi. Creature delle profondità. Eppure, il suo umore era calmo e altrettanto lo erano le condizioni atmosferiche al quale si accordavano di conseguenza. Di quel passo avrebbero attraversato il lago e sarebbero stati fuori pericolo prima di sera. Nella casa sicura. Non riusciva a pensare a nient'altro, oltre quello.
«Quanto tempo manca?» mormorò.
Gerard lo fissò, confuso.
«Per arrivare» chiarì Frank.
«Alla prossima casa sicura?». Ti prego, fa' che sia questa la domanda, pensò.
«Alla fine del viaggio». A questo punto Frank alzò lo sguardo e i suoi occhi lo trapassarono da parte a parte.
Gerard sapeva che non poteva mentirgli. «Domani», rispose con voce roca.
Domani. Così presto. Ancora una notte, poi avrebbe dovuto lasciare andare Frank e non rivederlo mai più. Quel pensiero gli strinse la gola. Di solito la traversata del lago era la parte migliore del viaggio. Di solito non vedeva l'ora di liberarsi del carico di qualsiasi anima lo appesantisse, ansioso di fuggire da piagnistei, lamenti e autocommiserazione. Non questa volta. Sarebbe stato straziante vederlo andare dove Frank meritava, ma dove lui non avrebbe mai potuto seguirlo. Vide gli occhi di Frank spalancarsi, mentre comprendeva le sue parole. Parvero luccicare leggermente e Gerard si chiese, per un breve, euforico ma doloroso istante, se non contenessero lacrime. Distolse lo sguardo, concentrandosi sulla meta da raggiungere. Non sopportava di vedere ancora il suo viso. Gli tremavano appena le dita, perciò strinse la presa sui remi che li stavano portando sempre più vicino all'ora di dirsi addio.
La mente di Frank era un turbinio di pensieri. Era spaventato all'idea di uscire dalla terra perduta. Gerard non poteva dargli alcuna anticipazione su ciò che avrebbe potuto trovare ad aspettarlo.
Avrebbe potuto imbattersi in qualsiasi cosa... paradiso, inferno, o magari solo un'eternità fatta di niente. Pensò Frank.
Le piccole onde del lago cominciarono a ingrossarsi, spintonando la barca. Gerard si accigliò e intensificò il ritmo della vogata.
Frank era troppo immerso nei propri pensieri per notarlo. A spaventarlo non era semplicemente il fatto che avrebbe dovuto proseguire senza un aiuto. era dover lasciare Gerard. Quel pensiero gli provocò un dolore nel petto e le lacrime salirono, rendendogli gli occhi lucidi, e fu abbastanza difficile trattenerle. Gerard era diventato il suo protettore, il suo conforto, il suo amico. Ma c'era dell'altro, il desiderio di stargli vicino. Si sentiva sempre estremamente consapevole della sua presenza. Bastava una sua parola per fargli battere il cuore in modi irregolari, oppure per sprofondarlo in una palude di sfiducia e tristezza. Sotto sotto si chiedeva se non fosse esattamente questo il suo intento, se Gerard non stesse giocando con i suoi sentimenti per tenerlo sotto controllo e facilitarsi la vita. Ma il suo intuito gli diceva che era sincero, e voleva crederci con tutte le sue forze.
Ormai non riusciva a immaginarsi senza Gerard. Era come se fossero stati insieme per molto più tempo, non soltanto qualche giorno. Lo guardò, impregnandosi dell'immagine del suo viso, tentando di memorizzare ogni dettaglio. La disperazione che stava crescendo in lui facendogli aggrovigliare lo stomaco gli annebbiò i pensieri, e il cielo parve scurirsi all'istante. Si alzò un vento aggressivo che gli scompigliò i capelli e strattonò la felpa. Frank non lo notò, era perso. Gerard, però, scrutò nervosamente il cielo e remò ancora più forte. Voleva attraversare il lago senza incidenti, pensava che Frank era innervosito dall'acqua. Ma le sue emozioni si stavano ritorcendo contro di lui. La barca oscillò mentre il vento sollevava onde alte, orlate di schiuma bianca.
«Frank! Frank, guardami!».
Lui sussultò leggermente e mise a fuoco il ragazzo.
«Devi calmarti, Frank. Guarda il tempo». Ormai stava quasi urlando per sovrastare il vento. Frank annuì, ma lui non era sicuro che avesse davvero capito le sue parole.
No, infatti. Lo stava guardando, ma tutto quello che vedeva davanti agli occhi era lui che se ne andava. Dentro, urlava il suo nome, lo implorava di tornare, ma lui si limitava a chinare la testa e allontanarsi. Domani lui se ne sarebbe andato. Non importava nient'altro.
I remi nelle mani di Gerard erano inutili. Il lago adesso era talmente agitato che lui non riusciva più a remare. Alti spruzzi si innalzarono ricoprendo i due ragazzi di una doccia ghiacciata. Sotto la superficie sembrava che l'acqua si contorcesse, se per il maltempo o per il risveglio di cose sconosciute era impossibile dirlo con certezza.
«Frank, aggrappati al bordo!» ordinò Gerard.
La piccola imbarcazione veniva sballottata con violenza e Gerard ne stava afferrando i bordi di legno con entrambe le mani. Frank sedeva immobile, in qualche modo indifferente alla tempesta, come se si fosse completamente distaccato da quel mondo.
Una forte raffica si abbatté su di loro, spingendo la barca di lato. Gerard strinse ancora più forte, ma il legno marcio si sbriciolò. Il pezzo che stava afferrando si staccò completamente e gli rimase nella mano. Perdere la presa gli fece perdere anche l'equilibrio e il ragazzo andò a sbattere con forza contro l'altro lato della barca, infrangendone il delicato equilibrio. D'un tratto provò la sensazione di non avere peso ma, nonostante l'orrore, gli fu impossibile impedire alla barca di ribaltarsi e le onde nere si precipitarono ad accogliere lui e Frank.
Gerard si lanciò dalla barca, preoccupato che potesse capovolgersi su di loro, e si tuffò in acqua. Era ghiacciata e scura. Persino appena sotto la superficie non riusciva a vedere il cielo. La corrente lo rigirò e lo strattonò, facendogli perdere l'orientamento. Scalciò alla cieca verso quello che sperava fosse il pelo dell'acqua e, qualche secondo dopo, riemerse. Restò lì a galleggiare per un istante, con la barca rovesciata che fluttuava accanto a lui, poi girò la testa di scatto a destra e sinistra, cercandolo. Girò intorno alla barca, mentre dentro di lui il panico montava sempre di più. Non poteva perderlo. Non lì, non nelle acque vorticose del lago.
«Frank!» urlò.
Non vi fu risposta, nessun segno di lui.
Annaspando, Gerard cercò di scrutare sotto di sé, ma era impossibile. Non aveva altra scelta se non immergersi di nuovo.

Frank era smarrito. L'impatto con l'acqua l'aveva scosso dalla sua momentanea paralisi, ma non era assolutamente preparato all'immersione e il freddo gli aveva tolto il fiato. L'acqua nera gli aveva riempito subito bocca e naso. L'istinto gli aveva detto di chiudere la gola prima che l'acqua potesse arrivargli nei polmoni e soffocarlo. Sputò e strinse le labbra, ma i polmoni stavano già bruciando, alla disperata ricerca d'aria. Frank tentò di dire a se stesso che il suo corpo non era reale, che non aveva bisogno di respirare. Non fece alcuna differenza, i suoi polmoni continuarono a urlare. Aprì gli occhi, ma non riuscì a vedere niente, l'acqua li pungeva, eppure si sforzò di tenerli aperti sperando di vedere il cielo o il viso di Gerard di fronte a sé.
Le correnti tempestose lo sbalzavano in ogni direzione. Non aveva idea di dove fosse la superficie, quindi nuotò alla cieca sott'acqua, sperando di trovarla presto. Ogni bracciata e calcio erano uno sforzo sovrumano. Il peso dei vestiti lo trascinava giù e le membra gli facevano male.
Qualcosa, sotto la sua pancia, lo sfiorò. Tirò in dentro lo stomaco, espellendo così aria preziosa. La cosa gli scivolò lungo il braccio, lo avvolse come se lo stesse assaggiando per capire cosa fosse. Un'altra cosa le nuotò vicino al viso, ne sentì la ruvidezza grattarle la guancia. Frank, in preda al panico, si dimenò sott'acqua, menando colpi ciechi a cose invisibili. All'improvviso l'acqua era animata da creature che si contorcevano.
Il terrore si impossessò di lui.
Ecco fatto, pensò. La fine.
Il bisogno di respirare stava aumentando, ma cercava di combattere contro quelle creature, qualunque cosa esse fossero. Teneva le labbra sigillate più che poteva, ma ogni suo nervo gli chiedeva di inspirare.
Qualcosa lo afferrò per i capelli, tirandoli, e lo strattone gli fece dimenticare per un attimo di non respirare. Aprì la bocca, e i suoi polmoni, riconoscenti, inspirarono. L'acqua tossica li inondò. I polmoni si contrassero, tentarono di inalare aria e fecero tossire Frank, lo soffocarono. Altro liquido nauseante gli invase la gola e i suoi occhi si spalancarono per il terrore. Le orecchie esplosero, protestando per la profondità dell'acqua. Il panico venne sostituito da un ronzio penetrante. Un ultimo urlo muto comparve sul suo viso mentre perdeva i sensi. L'ultima cosa di cui ebbe coscienza fu una delle creature che gli afferrava una gamba e la tirava giù, sempre più giù, in fondo al lago.

Eᴛᴇʀɴᴀʟ LᴏᴠᴇDove le storie prendono vita. Scoprilo ora