Mentre Gerard camminava, il paesaggio circostante sbiadiva lentamente nel bianco. Lui lo notò a malapena. Le colline scomparivano, disintegrandosi in granelli di sabbia che fluttuavano verso l'alto e svanivano in una sottile foschia. Il sentiero che stava percorrendo venne sostituito da una superficie neutra che si estendeva a perdita d'occhio in ogni direzione. Una luce bianca lampeggiò, accecandolo quando raggiunse l'apice.
La luce si attenuò e cominciarono a formarsi delle particelle di colore. Rotearono intorno alla testa di Gerard e si depositarono per terra, creando il mondo che la sua prossima missione, la sua prossima anima, avrebbe ben presto lasciato. Sotto i suoi piedi si formò una striscia d'asfalto nera e lucente di pioggia. Su entrambi i lati, degli edifici spuntarono dalla terra. Finestre illuminate, giardini maltenuti, ornati di erbacce rigogliose e steccati rotti. Le macchine parcheggiate a bordo strada erano vecchie e arrugginite. Dalle porte aperte delle case uscivano musica rumorosa e risate rauche. Tutto l'ambiente aveva un'aria di povertà e trascuratezza. Era un quadro deprimente.
Gerard non avvertì alcuna eccitazione alla prospettiva di raccogliere la prossima anima. Ma non provava nemmeno il disprezzo e l'indifferenza che gli erano diventati abituali negli ultimi anni. Sentiva soltanto l'angoscioso dolore della perdita.
Si fermò davanti alla penultima casa della strada. In mezzo alle altre, trasandate e cadenti, quella era sorprendentemente ben tenuta. C'era un prato curato circondato da fiori. Una serie di pietre decorate con incisioni di uccelli formavano un invitante vialetto che conduceva fino alla porta d'ingresso, recentemente dipinta di rosso. C'era una sola finestra illuminata, in una stanza del secondo piano. Gerard sapeva che l'anima successiva era lì, quasi sul punto di separarsi dal corpo. Non entrò in casa, ma rimase ad aspettare fuori.
Diversi passanti guardarono lo sconosciuto che indugiava davanti al numero ventiquattro. Erano sicuri che non fosse del quartiere. Tuttavia, quello non era il genere di posto in cui, fissandola, sfidavi una faccia estranea, perciò continuarono per la loro strada, senza commentare. Gerard, con lo sguardo perso nel vuoto, non notava le occhiate interrogative; non si accorgeva che loro potevano vederlo. Era cieco alla loro curiosità e sordo ai loro borbottii sommessi.
Sapeva già tutto il necessario sulla persona che aveva vissuto lì. La donna viveva da sola da dieci anni e usciva poco, a parte andare al lavoro e a trovare sua madre, che viveva dall'altra parte della città, una volta alla settimana. Non aveva contatti con nessuno dei residenti del quartiere e loro la consideravano snob e sostenuta, quando in realtà lei aveva soltanto paura. Era stata appena pugnalata a morte da un ladro che si aspettava di trovare più oggetti preziosi di quanti lei ne possedesse, e l'aveva uccisa per rabbia. Ben presto si sarebbe svegliata e alzata, continuando, come al solito, la sua routine quotidiana. Quando fosse uscita, avrebbe trovato Gerard ad accoglierla e, in un modo o nell'altro, lo avrebbe seguito.
Tutte quelle informazioni erano state ormai assimilate dalla mente di Gerard. Fatti e storie si intrecciavano per mettere insieme le conoscenze necessarie a fargli eseguire il suo lavoro. Gerard lo sapeva, ma non ci pensava. Il viaggio di quell'anima sarebbe stato portato a termine, perché quello era il suo ruolo. Non avrebbe provato alcuna compassione per quella sfortunata creatura. Non le avrebbe offerto simpatia, né conforto. L'avrebbe guidata, niente di più.
La luna era proprio sopra di lui, una luce bianca e cruda che scacciava le ombre. Gerard si sentiva esposto, come se ogni emozione e pensiero fossero a nudo per essere letti da chiunque. Sapeva che avrebbe potuto aspettare per delle ore, prima che l'anima uscisse. Si chiese per quanto tempo sarebbe potuto andare avanti. Ogni fibra del suo corpo gli diceva di fuggire e nascondersi, abbandonarsi al dolore e al rammarico. Il cervello diceva ai piedi di muoversi, di lasciare il posto di guardia e continuare a camminare finché non si fosse lasciato il dispiacere alle spalle.
Non poteva.
Per la seconda volta, nei suoi penetranti occhi verdi spuntarono le lacrime. Ovviamente non gli sarebbe stato consentito darsi alla macchia. C'era un ordine superiore, uno schema delle cose più grande. E il suo dolore, la sua disperazione, il suo desiderio di rinunciare a quella responsabilità, non significavano niente. Lui non poteva controllare il suo destino. Non poteva nemmeno controllare i suoi piedi.
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Eᴛᴇʀɴᴀʟ Lᴏᴠᴇ
FantasíaLa vita di Frank subisce un drastico cambiamento: il treno su cui viaggia ha un terribile incidente. Lui sembrerebbe essere l'unico sopravvissuto tra i passeggeri e, una volta uscito, si ritrova in aperta campagna, in mezzo alle colline. Intorno non...