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«Dimmi qualcosa». La voce di Frank era leggermente roca dal lungo, rilassato silenzio.
«Che cosa vuoi sapere?» gli chiese lui, uscendo dalle proprie fantasticherie.
«Non lo so» fece una pausa e rifletté. «Raccontami dell'anima più interessante che hai mai accompagnato».
Gerard rise. «Tu».
Frank gli diede un colpetto nelle costole. «Sii serio».
Lo sono, pensò il ragazzo, ma si concentrò per trovare una storia divertente con cui distrarlo. Sapeva fin troppo bene quanto potessero essere lunghe le notti senza il conforto del sonno.
«Okay, ce l'ho. Una volta dovetti accompagnare un soldato tedesco caduto durante la seconda guerra mondiale. Era stato ucciso da un suo superiore per aver disobbedito a un ordine».
«Perché?» domandò Frank. Non riusciva a immaginare come accompagnare un soldato tedesco potesse essere un'esperienza interessante.
«Lavorava in un campo di concentramento in Austria. Non era un elemento importante, o roba del genere, era soltanto un soldato semplice. Aveva appena diciotto anni. Fu un tale spreco».
«Cosa?» Frank non riusciva a credere alle proprie orecchie, Gerard era davvero dispiaciuto per quel tipo, «Come hai potuto accompagnarlo, pur sapendo quello che aveva fatto?».
«Tu stai giudicando. Quando sei un traghettatore, non puoi limitarti a stereotipi del genere. Ogni anima è unica e ha i suoi meriti e le sue colpe». Frank sembrava scettico, perciò Gerard andò avanti. «Era entrato nell'esercito perché suo padre gli disse che se non avesse combattuto per la gloria della nazione avrebbe disonorato la famiglia. Venne assegnato a un campo di concentramento dove vide gli ebrei venire picchiati, affamati, violentati. Un giorno il suo superiore gli ordinò di sparare a un uomo anziano che aveva inciampato e che involontariamente aveva toccato l'ufficiale. Il soldato si rifiutò. Così l'ufficiale uccise personalmente l'anziano e il soldato insieme».
Frank adesso lo fissava senza batter ciglio. Aveva gli occhi spalancati e la fronte corrugata. Il suo disprezzo si era dissolto in tristezza.
«L'ho incontrato fuori dai cancelli del campo. Era sinceramente sollevato di esserne fuori, di poter fuggire. Non riusciva a pensare ad altro se non alle cose che non aveva potuto fermare. Era distrutto dal senso di colpa. Avrebbe voluto opporsi a suo padre e rifiutare di arruolarsi, avrebbe voluto proteggere altre persone innocenti. A volte, avrebbe voluto non essere mai nato. Non avevo mai visto un'anima così disperata per motivi tanto altruisti. Soldato nazista o no, la sua è stata l'anima più nobile e ammirevole in cui mi sia mai imbattuto».
La fine della storia venne accolta dal silenzio. Frank era ancora sorpreso, la testa un turbinio di immagini, pensieri ed emozioni.
«Raccontamene un'altra» lo implorò, e così la notte trascorse in quel modo. Gerard lo intrattenne con le storie delle migliaia di anime che aveva accompagnato, scelte per farlo ridere, o sorridere, o stupire – mentre tenne per sé quelle che ancora gli straziavano il cuore. La luce si avvicinò di soppiatto, ma il sole sfavillante era magnifico e catturò lo sguardo di Gerard, provocandogli un sorriso beffardo.
«Altra camminata» bofonchiò Frank, quando lui scese dal letto e lo tirò con sé.
«Sì». Sorrise. «Ma oggi non ci saranno salite».
«Mh?»
«Avremo solo una collinetta, poco più di un dosso, poi tutta la strada sarà piatta. Bagnata, però». Arricciò il naso.
«Altre paludi?» chiese Frank. Odiava il fango che faceva rallentare il passo.
«Naah, niente fango... acqua».
«Ah. E quindi dovremo nuotare..?» Frank fece una risata quasi isterica, andando verso il camino fumante per controllare i suoi vestiti. Sebbene non particolarmente puliti, erano asciutti e ancora abbastanza caldi.
Si girò verso Gerard e indicò la porta, con un sorriso.
Lui alzò gli occhi al cielo, ma chinò diligentemente la testa e uscì, così Frank si ricambiò nei suoi vestiti.
Il calore del fuoco li aveva irrigiditi, ma fu piacevole avere addosso abiti appena lavati. Lo faceva sentire di nuovo quasi umano. O almeno morto da poco, rise con se stesso.
Non appena fu pronto, si lavò viso e collo nel lavabo. A un certo punto, mentre prendeva altra acqua, la trattenne nelle mani e la guardò. Cosa sarebbe accaduto se l'avesse bevuta? Diede uno sguardo alla porta, che era ancora chiusa. Poteva chiedere a Gerard, ma lui probabilmente si sarebbe fatto una risata. Guardò di nuovo l'acqua. Anche se non aveva sete, ricordava la sensazione del bere, del gusto rinfrescante, del gelo dell'acqua che scendeva giù nell'esofago, poi dentro uno stomaco vuoto, facendolo rabbrividire. Chinandosi in avanti, aprì le labbra, pronta a prenderne un sorso.
«Io non lo farei».
La voce di Gerard lo fece sobbalzare e l'acqua gli finì addosso, inzuppandogli la felpa.
«Cavolo, Gerard! Per poco non mi hai fatto venire un infarto!». Si calmò, riprendendo fiato. «Perché non dovrei berla?».
Lui alzò le spalle. «Ti farebbe vomitare. È tossica. Viene da un pozzo che affonda parecchio nella terra e la terra è il regno degli spettri. Loro la avvelenano».
«Oh». Frank chiuse il rubinetto, senza dire altro.
Il sorriso di Gerard era affettuoso e sincero e, per un istante, gli fermò il cuore. Ma, quasi altrettanto rapidamente, parve congelarsi sul suo viso, dopodiché lui si voltò e uscì. Confuso, Frank lo seguì fuori dal cottage, restando in silenzio.
Anche se il sole era forte, una brezza fredda risalì alle sue spalle e gli arruffò lentamente i capelli. Frank lanciò un'occhiata al cielo e notò le nuvole veloci che, in un lampo, coprirono il sole.
Si concentrò sullo stare al passo di Gerard, che aveva assunto una vivace andatura per attraversare un prato d'erba bassa.
Ben presto il ragazzo si fermò e, indicandola, disse: «Bene, ci siamo. La tua ultima collina».
Seguendo con lo sguardo il suo dito, aprì la bocca indignato. «Poco più di un dosso?» lo scimmiottò. «Sei un bugiardo, è enorme!».
La collina somigliava più a una montagna. Non c'era un pendio da risalire, ma una vera e propria facciata costituita da grosse formazioni rocciose.
«Non potremmo aggirarla?» chiese, con un'occhiata ottimista a Gerard.
«No» rispose lui, sorridendogli.
Frank sbuffò, iniziando poi a camminare.
Malgrado le ferite, Gerard camminava senza ombra di incertezza mentre attraversava il prato e Frank aveva notato poco prima che anche il suo viso stava guarendo in fretta. In effetti, il gonfiore intorno all'occhio adesso si era ridotto soltanto a una sfumatura violacea sullo zigomo. La mascella non presentava più un arcobaleno di colori, ma soltanto una sbiadita tinta gialla, man mano che il livido si attenuava.
Trotterellò dietro di lui e, in poco tempo, raggiunsero le pendici della collina. La pendenza era talmente poco invitante che anche l'erba si era arresa dopo qualche metro in salita. Da lì in poi c'erano soltanto terra, ghiaia e rocce. Qualche pianta sporadica spuntava contorta da sotto i macigni, ma per il resto la zona era brulla e inospitale.
A circa metà cammino, l'angolazione si fece più acuta e furono costretti ad arrampicarsi. Gerard insistette nel farlo andare per prima. Disse che era per prenderlo, nel caso fosse caduto, ma lui aveva lo strisciante sospetto che fosse per il puro divertimento di vederlo faticare.
«Ci siamo quasi» gli gridò da un metro più in basso. «Credimi, quando arriverai in cima, capirai che ne valeva la pena».
«Un cavolo» borbottò Frank, a bassa voce. Aveva gambe e braccia doloranti e le dita scorticate e incrostate di terra. Si issò ancora per qualche metro su una piccola sporgenza, poi si fermò per prendere fiato. Scioccamente, guardò in basso e sussultò. Il terreno sotto di lui precipitava giù in maniera vertiginosa e il prato sembrava lontano chilometri. Frank ondeggiò, in preda a un capogiro, e gemette mentre lo stomaco gli si attorcigliava.
«Non guardare giù» gli gridò bruscamente Gerard dal basso, vedendolo diventare pallido. Se avesse vomitato, lui sarebbe stato esattamente sulla sua linea di fuoco. Ma non era tutto: se fosse caduto lì, sarebbe precipitato dallo strapiombo, e sarebbe finita. Frank sarebbe morto. E questa volta per sempre.
«Forza, continua a salire! Ti giuro che sei quasi arrivato».
Frank era scettico, ma si rigirò verso la parete di roccia e continuò a salire. Ancora un po' d'arrampicata e si ritrovò in cima. Lì si accasciò e si sdraiò ansimante su un punto sicuro.
Gerard lo raggiunse alcuni istanti dopo e rimase in piedi, senza neanche avere il fiatone. Frank gli diede un'occhiata infastidita, che lui ignorò. Gli indicò con un cenno l'orizzonte.
«Vedi? Te l'avevo detto che meritava la scalata».
Frank si appoggiò sui gomiti e scrutò in lontananza. Il paesaggio dall'altra parte stava luccicando, la vista era meravigliosa. Strinse gli occhi, tentando di dare un senso a ciò che vedeva. Sembrava che la superficie lucente fosse ondulata. Il suo cervello scombussolato tentò di applicare la logica a quello che vedevano gli occhi. Era un lago – un lago gigantesco che si estendeva a perdita d'occhio dalle pendici della collina. La distesa piatta dell'acqua era enorme, si allungava per chilometri sia a est che a ovest. Non c'era alcun modo di aggirarlo, ci sarebbe voluta un'eternità.
«E come dovremmo oltrepassarlo?» farfugliò Frank.
«Non a nuoto, non preoccuparti». Un sorriso astuto gli spuntò sulle labbra, «Forza, è ora di andare».
«Ugh» gemette Frank tirandosi su, nonostante il parere contrario dei suoi muscoli stanchi. Si alzò in piedi a fatica e lanciò un'occhiataccia alla discesa. Sembrava più invitante della salita, ma non di molto. Su quel lato più riparato, macchie d'erba e piccoli cespugli punteggiavano tutto il pendio, inframezzati da rivoli di ghiaia.
Era evidente che una breve sosta non facesse parte dei progetti di Gerard, dato il passo spedito, sicuro e deciso con cui scendeva verso il lago, senza nemmeno un'occhiata a dove metteva i piedi. Dietro di lui, Frank scivolava e slittava, facendo un verso quando all'improvviso rischiò di cadere. Gerard non si girò nemmeno, ma scosse la testa per la sua goffaggine.
In fondo alla collina, davanti ai loro occhi si aprì la distesa d'acqua. Era imponente, con piccole onde che, sotto la brezza, ne increspavano la superficie. Si estendeva fino all'orizzonte e a Frank parve quasi che respirasse. Come una cosa viva, la sponda si muoveva e sussurrava, con l'acqua che lambiva con calma una stretta spiaggia di lucenti ciottoli neri. Al largo, l'acqua era silenziosa. Inspiegabilmente priva di rumore. Il vento aveva smesso di soffiarle nelle orecchie e, proprio per questo, all'improvviso Frank si accorse della totale assenza di animali selvatici. Non c'erano gabbiani che si tuffavano a pelo dell'acqua, lanciando strida mentre cercavano cibo, o papere che sguazzavano vicino alla riva. Sebbene splendido, il lago sembrava vuoto e Frank ne fu un po' intimorito.
Proprio sul limitare dei ciottoli, Gerard girò a sinistra e andò dritto verso una piccola costruzione in legno. Frank non fece alcuna domanda, e seguì doverosamente la sua guida. Era un capanno privo di finestre, con il tetto a punta. Gerard lo raggiunse prima di Frank e spalancò due grosse porte, rivelando ciò che vi era nascosto all'interno..
Era una piccola barca – se si poteva chiamare così – fatta di legni tagliati in modo grossolano. Un tempo era stata dipinta di bianco con una decorazione rossa e blu, ma ormai era sbiadita da parecchio. Poggiava su un piccolo carrello a ruote cui era fissata una logora corda arrotolata. Gerard l'afferrò con entrambe le mani e tirò. La barca strisciò un po' in avanti, accompagnata da un sonoro lamento delle ruote arrugginite del traino. Il ragazzo si girò e si issò la corda in spalla, tirando in avanti. Lentamente, la barca uscì dal capanno. Alla luce del giorno appariva persino meno adatta all'acqua di quanto non sembrasse nella penombra della rimessa. Il legno era marcio in più punti e alcune assi erano spaccate per tutta la lunghezza.
«Questa cosa non reggerà!» protestò Frank.
«Lo farà» fu la secca e – come notò Frank con piacere – leggermente affannata risposta.
Gerard trascinò il carrello sui ciottoli fino al bordo dell'acqua. Poi gli tese un braccio. «Salta dentro».
«È ancora attaccata al carrello».
Lui alzò gli occhi al cielo. «Tanto non torneremo da questa parte. Voglio soltanto spingerlo dentro finché la barca non comincerà a galleggiare e se ne andrà per conto suo. Ma se vuoi, puoi aspettare che l'acqua ci arrivi alla vita, prima di entrarci».
Frank lo fulminò con lo sguardo e si morse le labbra, ma si avvicinò al bordo dell'acqua. Adesso che era vicino, notava qualcosa di strano nel lago. L'acqua era nera – non quel nero che di solito si associa all'acqua vista di notte, o sotto uno spesso strato di nuvole, ma come se fosse composta da catrame –solo molto più fluida. Voleva immergervi le dita e scoprire che sensazione dava, ma non osò. Eppure, Gerard stava pensando di entrarvi camminando, quindi non poteva essere niente di troppo velenoso. Quell'idea gli fu di conforto, mentre si preparava a galleggiare su quello strano lago.
Mettendo un piede sulla ruota del carrello, Frank si tenne alla parte posteriore della barca e ne scavalcò il bordo con l'altra gamba. Si sedette sulla panca. Non aveva idea di come Gerard avrebbe guidato la barca. O, cosa ancora più importante, come pensasse di farla muovere.
Non appena vide che Frank era dritto e in equilibrio, Gerard cominciò a spingere l'imbarcazione nell'acqua. Con lui sedutodentro era più pesante e dovette fare forza sui muscoli. L'acqua nera era ghiacciata e qualcosa di invisibile gli impigliava le caviglie, appesantendo ogni passo, e anche stare in piedi diventava una fatica notevole. Alla fine, sentì la barca staccarsi dal traino e galleggiare sull'acqua. Sfruttando il carrello, Gerard saltò agilmente dentro l'imbarcazione, ma il movimento la fece oscillare violentemente, e la sua gamba spruzzò Frank di gocce gelide.
Il corvino strizzò gli occhi girando il viso per proteggersi dalla doccia improvvisa.
«Sta' attento!»
«Mi dispiace» rispose Gerard, con un sorriso tutt'altro che dispiaciuto. Poi si sedette sulla panchetta di fronte a quella su cui era seduto Frank.
Si fissarono l'un l'altro per un istante; un viso irritato, l'altro divertito. L'imbarcazione ondeggiava dolcemente sulle piccole onde che la lambivano e il vento era calmo. Sarebbe stato estremamente piacevole, con il sole che irradiava calore dall'alto, se non fosse stato per l'acqua nera sotto di loro.

Eᴛᴇʀɴᴀʟ LᴏᴠᴇDove le storie prendono vita. Scoprilo ora